Wikibooks itwikibooks https://it.wikibooks.org/wiki/Pagina_principale MediaWiki 1.39.0-wmf.23 first-letter Media Speciale Discussione Utente Discussioni utente Wikibooks Discussioni Wikibooks File Discussioni file MediaWiki Discussioni MediaWiki Template Discussioni template Aiuto Discussioni aiuto Categoria Discussioni categoria Progetto Discussioni progetto Ripiano Discussioni ripiano TimedText TimedText talk Modulo Discussioni modulo Accessorio Discussioni accessorio Definizione accessorio Discussioni definizione accessorio Wikibooks:Wikibookiano/Novità 4 22772 431511 431248 2022-08-12T21:57:01Z Monozigote 19063 nuovo tl wikitext text/x-wiki <!-- nuovi libri, nuovi tl, tutte le novità degne di nota per un contributore. --> *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Filosofia del Cosmo |materia=[[Ripiano:Umanistica|Filosofia]]|pubblico=int|data=agosto 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Saeculum Mirabilis|materia=[[Ripiano:Storia|Storia]]|pubblico=int|data=agosto 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Rivelazione e impegno esistenziale|materia=[[Ripiano:Umanistica|Filosofia]]|pubblico=int|data=luglio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Ebrei a Caluso - Progetto "Salva una storia"|materia=[[Ripiano:Storia|Storia]]|pubblico=princ|data=giugno 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Nahmanide teologo|materia=[[Ripiano:Umanistica|Religione]]|pubblico=int|data=giugno 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Storia e memoria|materia=[[Ripiano:Storia|Storia]]|pubblico=int|data=maggio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Israele – La scelta di un popolo|materia=[[Ripiano:Scienze sociali|Sociologia]]|pubblico=int|data=maggio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Sorpresa|materia=[[Ripiano:Storia|Storia]]|pubblico=princ|data=aprile 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Ascoltare l'anima|materia=[[Ripiano:Umanistica|Psicologia]]|pubblico=int|data=marzo 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Emozione e immaginazione|materia=[[Ripiano:Umanistica|Psicologia]]|pubblico=int|data=gennaio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Esistenzialismo shakespeariano|materia=[[Ripiano:Letteratura|Letteratura inglese]]|pubblico=int|data=gennaio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Il significato della vita|materia=[[Ripiano:Umanistica|Filosofia]]|pubblico=princ|data=gennaio 2022}} *{{Libro nuovo|mod= compatto|titolo=Interpretazione della realtà|materia=[[Ripiano:Umanistica|Filosofia]]|pubblico=int|data=gennaio 2022}} <div style="text-align: right; font-size: x-small;">[[Wikibooks:Wikibookiano/Novità|vedi]] &middot; [{{fullurl:Wikibooks:Wikibookiano/Novità|action=edit}} modifica]</div> esu7668hmb3jo7251r8vnpc4fwax71r Disposizioni foniche di organi a canne 0 34638 431473 431408 2022-08-12T12:52:21Z PietroC2001 47397 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Le disposizioni foniche attualmente presenti in questo libro sono '''3823'''. == Per il lettore == Ciascun organo a canne è uno strumento a sé, con una propria dignità indissolubilmente legata alla sua unicità. Non troveremo mai un organo uguale ad un altro, neppure nei rarissimi casi di strumenti costruiti in serie: avranno sempre qualcosa che li distinguerà fra di loro. Come poter, dunque, descrivere uno strumento unico, in maniera tale che, senza suonarlo o ascoltarlo, sia possibile capire come è fatto? Grazie alla sua disposizione fonica: essa è l'elenco dei registri che compongono lo strumento, riportati in base alla loro appartenenza alle varie "divisioni" (manuale/i ed eventualmente pedale). Pertanto si tratta di un elemento fondamentale, l'unica vera grande ed esaustiva descrizione dello strumento, dal momento che un organo si differenzia da un altro fondamentalmente per i registri che ha. Questo wikilibro si prefigge il compito di racchiudere al suo interno le disposizioni foniche di organi del presente e del passato, raggruppate in base alla loro collocazione all'interno di edifici che, per sviluppi culturali ed esigenze liturgiche, sono per la maggior parte destinati al culto. La presente opera si rivolge, dunque, non solo allo studioso di organaria ed organologia, ma anche al curioso che vuol sapere come è fatto l'organo della chiesa tot, all'appassionato, all'organista che ha l'esigenza di conoscere le caratteristiche di un tal organo, a chiunque, in poche parole, sia interessato all'argomento. == Per il contributore == Chiunque voglia contribuire all'edificazione del presente wikilibro, è il benvenuto, ed è pregato di seguire, per amor di uniformità, lo schema che può vedere nelle pagine già presenti. Sono tuttavia doverose alcune raccomandazioni tecniche. Una volta inserite una o più disposizioni foniche, il contributore è pregato di aggiornare il numero all'inizio di questa pagina. === Dei titoli === I titoli delle singole pagine seguono sempre questo schema: Continente/Stato/Regione (o altra divisione amministrativa analoga)/Provincia (o altra divisione amministrativa analoga)/Comune/Località (che può essere anche il comune stesso, comunque si ripete) - Edificio Ad esempio: Europa/Italia/Lombardia/Città metropolitana di Milano/Milano/Milano - Cattedrale di Santa Maria Nascente Nei nomi delle chiese, si scrive solo: ''Chiesa di...'', oppure ''Santuario di...'', oppure ''Basilica di...'', ''Cattedrale di...'' o ''Cattedrale metropolitana di...'', non ''Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana Santuario Protoecclesia di...''. Se in un edificio ci sono più organi, vanno tutti nella stessa pagina. Le singole pagine non sono per organo, ma per edificio. === Delle tabelle riassuntive === Le tabelle riassuntive a inizio pagina, seguono questo schema: * '''Costruttore:''' [nome e] cognome del costruttore/ditta costruttrice con, in caso, tra parentesi e in corsivo, il numero d'opera * '''Anno:''' anno di costruzione (in caso, in nota, data dell'inaugurazione) * '''Restauri/modifiche:''' elenco: nome di chi ha fatto il restauro e, tra parentesi, anno e tipologia di intervento * '''Registri:''' numero dei registri (in caso di registri spezzati, ciascuno vale 1 e non 1/2) * '''Canne:''' numero di canne * '''Trasmissione:''' meccanica/pneumatico-tubolare/elettrica/elettronica/ecc. nel caso di mista, si scrive mista e poi si specifica tra parentesi * '''Consolle:''' tipologia della consolle (a finestra, mobile/fissa indipendente, appoggiata, rivolta, ecc.) e posizione (al centro del coro, al centro della parete anteriore della cassa, su apposita cantoria, ecc.) * '''Tastiere:''' n° di tastiere e di note ed estensione tra parentesi * '''Pedaliera:''' tipologia di pedaliera (a leggio, dritta, concava, concavo-radiale), n° di note ed estensione tra parentesi * '''Collocazione:''' n° dei corpi, posizione dei corpi. Esempio: * '''Costruttore:''' Pinco Pallino (''Opus 100'') * '''Anno:''' 2019-2020 * '''Restauri/modifiche:''' Tizio Caio (2102, restauro conservativo), Sempronio (2156, modifiche e ampliamento) * '''Registri:''' 36 * '''Canne:''' 3.562 * '''Trasmissione:''' mista (meccanica per i manuali e il pedale, elettronica per i registri) * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parete anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 3 di 56 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>5</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 30 note (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in due corpi contrapposti, sulla cantoria in controfacciata Nel caso di ottave scavezze: * '''Tastiera:''' 1 di 50 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Fa<small>5</small>'', Bassi/Soprani ''Do#<small>3</small>''/''Re<small>3</small>'') * '''Pedaliera:''' a leggio di 18 note con prima ottava scavezza (''Do<small>1</small>''-''Sol#<small>2</small>''), priva di registri propri e costantemente unita al manuale === Delle disposizioni foniche === * I nomi delle divisioni vengono scritti nel seguente modo: '''I - ''Grand'Organo'''''; quello del pedale così: '''Pedale'''; * il nome della seconda o terza tastiera si riporta semplicemente, dopo il numero ordinale romano, come '''''Espressivo''''' e non come Recitativo, essendo un'impropria italianizzazione del francese ''Récit''; * nel caso di aggettivi dopo il nome del manuale, essi sono riportati con la prima lettera minuscola (ad esempio: '''VI - ''Organo antico aperto'''''); * qualora i registri, sulla consolle, siano raggruppati per Concerto e Ripieno (ad esempio come avviene per la maggior parte degli organi ottocenteschi italiani), si segua questo schema ([[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Toscana/Provincia di Siena/Montalcino/Montisi - Chiesa delle Sante Flora e Lucilla|qui un esempio]]) e, nel caso di più manuali, si premetta sempre il numero e il nome (ad esempio: '''I - Organo eco ''Concerto'''''); * all'interno di ogni divisione vi sono due colonne, divise da doppia stanghetta verticale (<code><nowiki>||</nowiki></code>), che rispettivamente, da sinistra a destra, sono: 1) nome del registro con eventualmente indicato il numero di file, 2) altezza del registro in piedi con eventualmente specificata l'appartenenza ai soli Bassi o ai soli Soprani (esempio: <code><nowiki>Ripieno 5 file || 2' Soprani</nowiki></code>); * tutti i nomi registri sono scritti con la prima lettera maiuscola, mentre le parole seguenti devono iniziare con la minuscola (ad esempio: ''Ripieno acuto 5 file'' e '''non''' ''Ripieno Acuto 5 File''), ad eccezione delle disposizioni in tedesco o nelle lingue che richiedono la maiuscola anche per tutti i sostantivi - nel caso non sia possibile reperire l'altezza in piedi delle mutazioni composte, si sposta il numero di file nel campo dell'altezza in piedi (esempio: <code><nowiki>Ripieno || 5 file</nowiki></code>); * le mutazioni sono scritte con il numero intero separato da quello frazionario tramite un punto, così: ''5.1/3<nowiki>'</nowiki>''; qualora l'altezza sia solo frazionaria, si omette lo ''0.'' iniziale, così: ''1/4<nowiki>'</nowiki>'' e '''non''' ''0.1/4<nowiki>'</nowiki>''; * nel caso di mutazioni composte, l'altezza in piedi è riportata solo relativamente alla prima fila, ad eccezione di quelle a due file (per non occupare troppo spazio) - qualora le altezze delle file successive presentino delle anomalie, si inseriscono in nota. * i registri ad ancia sono scritti in rosso quando sono riportati così sulla consolle; * non si inserisce il numero ordinale davanti a ciascun registro; * non si riportano le unioni e gli accoppiamenti, né gli annullatori; * il Tremolo si riporta all'interno di ciascuna divisione; * gli accessori (ad esempio: Uccelliera, Zampogna ecc.) si riportano nel seguente modo prima della disposizione fonica: '''Accessori''': ''Uccelliera''; ''Zampogna''. Quindi, in poche parole, questa disposizione '''non''' va bene (mettiamo che sulla consolle i registri ad ancia siano scritti '''in nero'''): {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Prima tastiera - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno Acuto 3 File || 0.1/2' |- |Flauto a Camino || 8' |- |Sesquialtera 2 File || 2.2/3'-1.3/5' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' bassi</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8' soprani</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Seconda tastiera - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di Gamba || 8' |- |Flauto a Cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.1/3' |- |Pienino 3 File || 1'-0.2/3'-0.1/2' |- |Voce Celeste 2 File || 8' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Armonica</span> ||<span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba Bassa</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |} |} Questa, invece, va bene: {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Ottava || 4' |- |XV || 2' |- |XIX || 1.1/3' |- |XXII || 1' |- |Ripieno acuto 3 file || 1/2' |- |Flauto a camino || 8' |- |Sesquialtera 2 file || 2.2/3'-1.3/5' |- |Tromba || 8' Bassi |- |Tromba || 8' Soprani |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Bordone || 8' |- |Viola di gamba || 8' |- |Flauto a cuspide || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Ottavino || 2' |- |Decimino || 1.3/5' |- |Pienino 3 file || 1' |- |Voce celeste 2 file || 8' |- |Tromba armonica || 8' |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Contrabbasso || 16' |- |Bordone || 16' |- |Basso || 8' |- |Ottava || 4' |- |Trombone || 16' |- |Tromba bassa || 8' |- |} |} == Libri correlati == * {{libro|Organo a canne}} == Altri progetti == {{interprogetto|commons=Category:Stoplists|preposizione=sulle|etichetta=disposizioni foniche di organi a canne}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] [[Categoria:Musica]] [[Categoria:Dewey 786]] {{alfabetico|D}} {{Avanzamento|0%|9 giugno 2020}} oi9arim6cl74u3wmmpi9q9o8ai0y620 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese 0 36394 431465 414694 2022-08-12T12:22:44Z PietroC2001 47397 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} Disposizioni foniche della [[w:Provincia di Varese|provincia di Varese]] raggruppate per comune: * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Varese|Varese]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Angera|Angera]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Azzio|Azzio]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Bodio Lomnago|Bodio Lomnago]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Busto Arsizio|Busto Arsizio]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Cassano Magnago|Cassano Magnago]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Castellanza|Castellanza]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Castiglione Olona|Castiglione Olona]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Caravate|Caravate]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Leggiuno|Leggiuno]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Saronno|Saronno]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Solbiate Arno|Solbiate Arno]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Solbiate Olona|Solbiate Olona]] * [[Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Somma Lombardo|Somma Lombardo]] {{Avanzamento|0%|20 marzo 2021}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] 85fnq0ud7dqqq1amndm23bu48z6a7kw Utente:Monozigote/sandbox5 2 43950 431499 431182 2022-08-12T20:44:04Z Monozigote 19063 test1 wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''FILOSOFIA DEL COSMO'''</span> <span style="font-size: 1.2em;">''UNIVERSO E MENTE INFINITA''</span> <br/> ''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 17 della Serie delle interpretazioni]]'' <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2022'''</span> <br/> [[File:4U 0142+61 paint.jpg|center|650px|Artist’s concept of a fallback disk around pulsar 4U 0142+61]] </div> ==Indice== [[File:OrionTwinkle.gif|right|330px|Orion]] '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Copertina|Copertina}}''' : ● — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Prefazione|Prefazione}} : 1. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 1|Pensiero infinito}} : 2. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 2|Menti umane, artificiali, divine}} : 3. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 3|Tempo e immortalità}} : 4. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 4|Panteismo e determinismo}} : 5. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 5|Esistenza divina necessaria}} : 6. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 6|La prova}} '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Bibliografia|Bibliografia}}''' <div class="usermessage" style="background-color:yellow; height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;"> '''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/> [[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]] </div> {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <nowiki>[[Categoria:Filosofia del Cosmo| ]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Psicologia]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 150]] [[Categoria:Dewey 184]] [[Categoria:Dewey 188]] {{alfabetico|F}} {{Avanzamento|25%|12 agosto 2022}}</nowiki> bvrqrc3vqvkefgpgryj86g6atbr4ty8 431505 431499 2022-08-12T21:07:57Z Monozigote 19063 wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''FILOSOFIA DEL COSMO'''</span> <span style="font-size: 1.2em;">''UNIVERSO E MENTE INFINITA''</span> <br/> ''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 17 della Serie delle interpretazioni]]'' <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2022'''</span> <br/> [[File:4U 0142+61 paint.jpg|center|650px|Artist’s concept of a fallback disk around pulsar 4U 0142+61]] </div> ==Indice== [[File:OrionTwinkle.gif|right|330px|Orion]] '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Copertina|Copertina}}''' : ● — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Prefazione|Prefazione}} : 1. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 1|Pensiero infinito}} : 2. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 2|Menti umane, artificiali, divine}} : 3. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 3|Tempo e immortalità}} : 4. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 4|Panteismo e determinismo}} : 5. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 5|Esistenza divina necessaria}} : 6. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 6|La prova}} '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Bibliografia|Bibliografia}}''' <div class="usermessage" style="background-color:yellow; height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;"> '''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/> [[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]] </div> {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <nowiki>[[Categoria:Filosofia del Cosmo| ]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Psicologia]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 150]] [[Categoria:Dewey 184]] [[Categoria:Dewey 188]] {{alfabetico|F}} {{Avanzamento|25%|12 agosto 2022}}</nowiki> [[File:Zoom out Campo ultra profundo.gif|640px|center|Zoom out Hubble Ultra Deep Field 3D]] 560wb3cemzpkrm7tpzr9e3pzt7r4wdz 431512 431505 2022-08-12T22:19:38Z Monozigote 19063 testLevinas wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''LA COSCIENZA DI LEVINAS'''</span> <span style="font-size: 1.3em;">''La filosofia di Emmanuel Levinas''</span> <br/> ''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 16 della Serie delle interpretazioni]]'' <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2022'''</span> <br/> [[File:Emmanuel Levinas.jpg|center|500px|Emmanuel Levinas]] </div> ==Indice== [[File:Plaque Place Emmanuel Levinas - Paris V (FR75) - 2021-07-27 - 1.jpg|250px|right|Place Emmanuel Levinas - Paris V]] '''{{Modulo|La Coscienza di Levinas/Copertina|Copertina}}''' *PARTE I – VITA, CONTESTO, INFLUENZE # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 1|Capitolo 1}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 2|Capitolo 2}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 3|Capitolo 3}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 4|Capitolo 4}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 5|Capitolo 5}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 6|Capitolo 6}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 7|Capitolo 7}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 8|Capitolo 8}} # {{Modulo|La Coscienza di Levinas/Capitolo 9|Capitolo 9}} *PARTE II – PRINCIPALI TEMI FILOSOFICI # ... # ... *PARTE III – RELIGIONE E DIMENSIONE RELIGIOSA # ... # ... *PARTE IV – ETICA AL DI LÀ DELLA FILOSOFIA # ... # ... *PARTE V – VALUTAZIONI CRITICHE # ... # ... <div class="usermessage" style="background-color:yellow; height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;"> '''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/> [[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]] </div> {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} <nowiki>[[Categoria:La Coscienza di Levinas| ]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Psicologia]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 150]] [[Categoria:Dewey 184]] [[Categoria:Dewey 188]] {{alfabetico|L}} {{Avanzamento|25%|12 agosto 2022}}</nowiki> rln4yuxo53etb2ldhyj2atljydh33ni Utente:Monozigote/sandbox6 2 44373 431485 431351 2022-08-12T17:57:38Z Monozigote 19063 /* WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE */ nuovi tl futuri wikitext text/x-wiki <div class="usermessage" style="background-color:aqua; height: 120px; text-align:center; font-size: large; line-height: 35px;"><font size=6>'''SCRIVO LIBRI CHE MI AIUTANO A PENSARE'''</font><br/> [[File:Wikimedia-logo.svg|50px|left]][[File:Wikibooks-logo.svg|50px|right]]'''''COGITO ERGO SCRIBO, SCRIBO ERGO COGITO'''''<br/> <font size=5>'''I WRITE BOOKS IN ORDER TO EXPRESS THOUGHT'''</font> </div> == WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE == <small><div style="color:#990000;">''('''Wikibooks completed and in progress''')''</div></small> {| class="wikitable" |- ! Numero d'ordine !![[File:Wikibooks-logo.svg|20px]] '''MIEI WIKIBOOKS''' [[File:Wikibooks-logo.svg|20px]]!! Stage |- | 1 || [[Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2015|breve}} |- | 2 || [[Guida maimonidea]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2014|breve}} |- | 3<br/><small>''(supplemento al nr. 2)''</small> || [[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2019|breve}} |- | 4 || [[Antologia ebraica]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2021|breve}} |- | 5 || [[Biografie cristologiche]] ''(Nr. 1 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}} |- | 6 || [[L'invenzione della scienza|L'invenzione della scienza (ovvero "La laguna aristotelica")]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}} |- | 7 || [[Torah per sempre]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2019|breve}} |- | 8 || [[Noli me tangere]] ''(Nr. 2 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 9 || [[Non c'è alcun altro]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 10 || [[Leonardo da Vinci|Leonardo da Vinci - L'espressione del genio]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 11 || [[Un fico secco|Un fico secco - La maledizione e il giudizio]] ''(Nr. 3 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 12 || [[Infinità e generi|Infinità e generi - L'esistenza dei generi letterari]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 13 || [[Virtù e legge naturale|Virtù e legge naturale - Connessioni morali ed epistemologiche nell'ebraismo]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 14 || [[Noia e attività solitarie]] — ''(Nr.4 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 15 || [[Valore della storia|Il valore della Storia - Formati storici e modelli alternativi]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 16 || [[Iconografia intellettuale|Iconografia intellettuale - Filosofi antichi e moderni nelle immagini]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 17 || [[Filosofia dell'amore]] — ''(Nr.1 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 18 || [[Essenza trascendente della santità|Santità - L'essenza trascendente della santità]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 19 || [[Pensare Maimonide]] — Raccolta di saggi ''(Nr. 8 della [[Serie maimonidea]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 20 || [[Ecco l'uomo]] — Gesù da una prospettiva ebraica ''(Nr. 4 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}} |- | 21 || [[Ragionamento sull'assurdo]] — L'assurdità della vita e il Mito di Sisifo ''(Nr.5 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}} |- | 22 || [[Emozioni e percezioni]] — Consapevolezza, memoria, sentimenti e flussi di coscienza ''(Nr.2 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 23 || [[Bellezza naturale]] — La semplice verità: la bellezza della natura migliora la vita ''(Nr.3 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 24 || [[Filosofia dell'amicizia]] — ''(Nr.6 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 25 || [[Thomas Bernhard]] — Monografia poliedrica sullo scrittore austriaco | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2020|breve}} |- | 26 || [[Ebrei e Gentili]] — Ebrei e non ebrei secondo Maimonide | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2020|breve}} |- | 27 || [[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto]] — Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2020|breve}} |- | 28<br/><small>''(supplemento al nr. 25)''</small> || [[La prosa ultima di Thomas Bernhard]] — Comunicazione e speranza di felicità | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 29 || [[Eli Eli Lama Sabachthani]]? — Ester e Gesù invocano Dio con lo stesso Salmo ''(Nr. 5 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 30 || [[Franz Kafka e la metamorfosi ebraica]] — Kafka e crisi d'identità: ''Metamorfosi'' come reazione all'antisemitismo europeo di fine secolo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 31 || [[Le strutture basilari del pensiero ebraico]] — Maimonide, Nieto, Luzzatto e i cinque criteri del ricostruzionismo sociale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 32 || [[L'Impressionismo di Ernest Hemingway]] — Impressionismo come indicatore critico nella valutazione dello stile letterario hemingueiano | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 33 || [[Embricazione del trauma in Hemingway]] — Studio della progressione narrativa di Ernest Hemingway in ''Across the River and into the Trees'': testimonianza di un trauma post-bellico | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 34 || [[Chaim Potok e lo scontro culturale]] — Figli d'Israele: la figura di Giacobbe come tema nei romanzi di Chaim Potok | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 35 || [[Leonard Cohen e la Cabala ebraica]] — Canzoni e poemi di Leonard Cohen in chiave cabalistica | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 36 || [[Ebraicità del Cristo incarnato]] — Incarnazione divina nell'antichità ebraica: punti di contatto col cristianesimo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}} |- | 37 || [[Boris Pasternak e gli scrittori israeliani]] — ''Il dottor Živago'', la letteratura russo-ebraica e gli intellettuali israeliani (1958-1960) | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2020|breve}} |- | 38 || [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo]] — Possibili immagini del Gesù ebraico: rivelazioni, riflessioni, reazioni | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}} |- | 39 || [[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]] — Trasformazione nella società romana del III secolo e.v. | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2021|breve}} |- | 40 || [[Interpretare Gesù in contesto]] — Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2020|breve}} |- | 41 || [[Missione a Israele]] — La chiamata di Gesù e l'annuncio del regno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 42 || [[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]] — Divinità contendenti: religione e globalizzazione | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 43 || [[Messianismo Chabad e la redenzione del mondo]] — Il messaggio messianico di un movimento ebraico moderno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 44 || [[Introduzione allo Zohar]] — Gli aspetti profondi del misticismo ebraico nel ''Libro dello Splendore'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2021|breve}} |- | 45 || [[Isaac Luria e la preghiera]] — Innovazioni lurianiche nella preghiera ''Shema Yisrael'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2021|breve}} |- | 46 || [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo]] — Il Nome santo nelle tradizioni mistiche ebraiche | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2021|breve}} |- | 47 || [[Rivelazione e Cabala]] — Crisi della tradizione mistica nella Cabala | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}} |- | 48 || [[Storia intellettuale degli ebrei italiani]] — Ebraismo italiano nella prima età moderna | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}} |- | 49 || [[Abulafia e i segreti della Torah]] — Esoterismo, Cabalismo e Profezia in Abramo Abulafia | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}} |- | 50 || [[Immagini interpretative del Gesù storico]] — Un ebreo carismatico in Galilea ''(Nr. 10 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}} |- | 51 || [[La Filigrana Zen di Henry Miller]] — Il lungo percorso interiore di uno scrittore inquieto | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}} |- | 52 || [[Shoah e identità ebraica]] — L'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2021|breve}} |- | 53 || [[Gesù e il problema di una vita]] — ''E voi, chi dite che io sia?'' (Nr. 11 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}} |- | 54 || [[Indagine Post Mortem]] — Accertamento sulla Risurrezione di Gesù (Nr. 12 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}} |- | 55 || [[La Conoscenza del Che]] — Alfred Adler e la psicobiografia di Ernesto "Che" Guevara | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}} |- | 56 || [[Taumaturgia messianica]] — I Miracoli di Gesù e la Redenzione (Nr. 13 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}} |- | 57 || [[Yeshua e i Goyim]] — Gesù e il futuro escatologico dei Gentili (Nr. 14 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}} |- | 58 || L'[[Interpretazione della realtà]] — Percezioni e consapevolezza individuale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 59 || [[Il significato della vita]] — Eudaimonia e lo stato mentale della felicità | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 60 || [[Esistenzialismo shakespeariano]] — William Shakespeare e la filosofia esistenziale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 61 || [[Emozione e immaginazione]] — La forza dell'immaginazione nell'intelletto moderno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}} |- | 62 || [[Ascoltare l'anima]] — Emozione oltre la ragione: l'espressione emotiva nelle arti | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}} |- | 63 || [[Sorpresa]]! — Israele e la Guerra dello Yom Kippur | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}} |- | 64 || [[Israele – La scelta di un popolo]] — Elezione e Consacrazione nell'Ebraismo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}} |- | 65 || [[Storia e memoria]] — Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}} |- | 66 || [[Nahmanide teologo]] — La teologia di Moshe ben Nachman, il Ramban | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}} |- | 67 || [[Rivelazione e impegno esistenziale]] — Il testo sacro come guida di vita | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2022|breve}} |- | 68 || [[Saeculum Mirabilis]] — Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo | style="text-align: center;" | {{Stage|25%|agosto 2022|breve}} |- | 69 || [[La Coscienza di Levinas]] — La filosofia di Emmanuel Levinas | style="text-align: center;" | {{Stage|0%|agosto 2022|breve}} |- | 70 || [[Filosofia del Cosmo]] — Universo e Mente Infinita | style="text-align: center;" | {{Stage|0%|agosto 2022|breve}} |} == SERIE & COLLANE == * '''''[[Serie cristologica]]''''' * '''''[[Serie letteratura moderna]]''''' * '''''[[Serie dei sentimenti]]''''' * '''''[[Serie misticismo ebraico]]''''' * '''''[[Serie maimonidea]]''''' * '''''[[Serie delle interpretazioni]]''''' <small>''(nella serie su Maimonide in Wikibooks)''</small> [[File:Maimonides teaching.jpeg|right|160px|Traduzione in ebraico della "Guida dei perplessi" (scritta originalmente in arabo), datata ca. 1347: Miniatura di Maimonide che insegna "la misura dell'uomo"]] {|class="itwiki_template_babel" style="background:#f2f2ff;border-color:#99B3FF; align:right" |class="sigla" style="background:transparent;"|[[File:Maimonides stamp 1953.jpg|70px]] |'''[[Utente:Monozigote/sandbox4|Libri nella Serie maimonidea]]''':<small><br/>1. ''[[Guida maimonidea]]''<br/>2. ''[[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]]''<br/>3. ''[[Antologia ebraica]]''<br/>4. ''[[Torah per sempre]]''<br/>5. ''[[Non c'è alcun altro]]''<br/>6. ''[[Virtù e legge naturale]]''<br/>7. ''[[Essenza trascendente della santità]]''<br/>8. ''[[Pensare Maimonide]]''<br/>9. ''[[Ebrei e Gentili]]''<br/>10. ''[[Le strutture basilari del pensiero ebraico]]''<br/>11. ''[[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]]''</small> |} {{-}} {{Serie maimonidea}} {{Serie dei sentimenti}} {{Serie misticismo ebraico}} m3ugn249ojtoyrspos4dkc5gdlvh60y 431498 431485 2022-08-12T19:47:09Z Monozigote 19063 /* WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE */ wikitext text/x-wiki <div class="usermessage" style="background-color:aqua; height: 120px; text-align:center; font-size: large; line-height: 35px;"><font size=6>'''SCRIVO LIBRI CHE MI AIUTANO A PENSARE'''</font><br/> [[File:Wikimedia-logo.svg|50px|left]][[File:Wikibooks-logo.svg|50px|right]]'''''COGITO ERGO SCRIBO, SCRIBO ERGO COGITO'''''<br/> <font size=5>'''I WRITE BOOKS IN ORDER TO EXPRESS THOUGHT'''</font> </div> == WIKIBOOKS COMPLETATI E IN CANTIERE == <small><div style="color:#990000;">''('''Wikibooks completed and in progress''')''</div></small> {| class="wikitable" |- ! Numero d'ordine !![[File:Wikibooks-logo.svg|20px]] '''MIEI WIKIBOOKS''' [[File:Wikibooks-logo.svg|20px]]!! Stage |- | 1 || [[Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2015|breve}} |- | 2 || [[Guida maimonidea]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2014|breve}} |- | 3<br/><small>''(supplemento al nr. 2)''</small> || [[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2019|breve}} |- | 4 || [[Antologia ebraica]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2021|breve}} |- | 5 || [[Biografie cristologiche]] ''(Nr. 1 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}} |- | 6 || [[L'invenzione della scienza|L'invenzione della scienza (ovvero "La laguna aristotelica")]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2015|breve}} |- | 7 || [[Torah per sempre]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2019|breve}} |- | 8 || [[Noli me tangere]] ''(Nr. 2 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 9 || [[Non c'è alcun altro]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 10 || [[Leonardo da Vinci|Leonardo da Vinci - L'espressione del genio]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 11 || [[Un fico secco|Un fico secco - La maledizione e il giudizio]] ''(Nr. 3 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2019|breve}} |- | 12 || [[Infinità e generi|Infinità e generi - L'esistenza dei generi letterari]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 13 || [[Virtù e legge naturale|Virtù e legge naturale - Connessioni morali ed epistemologiche nell'ebraismo]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 14 || [[Noia e attività solitarie]] — ''(Nr.4 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 15 || [[Valore della storia|Il valore della Storia - Formati storici e modelli alternativi]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 16 || [[Iconografia intellettuale|Iconografia intellettuale - Filosofi antichi e moderni nelle immagini]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 17 || [[Filosofia dell'amore]] — ''(Nr.1 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 18 || [[Essenza trascendente della santità|Santità - L'essenza trascendente della santità]] | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2019|breve}} |- | 19 || [[Pensare Maimonide]] — Raccolta di saggi ''(Nr. 8 della [[Serie maimonidea]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 20 || [[Ecco l'uomo]] — Gesù da una prospettiva ebraica ''(Nr. 4 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}} |- | 21 || [[Ragionamento sull'assurdo]] — L'assurdità della vita e il Mito di Sisifo ''(Nr.5 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2019|breve}} |- | 22 || [[Emozioni e percezioni]] — Consapevolezza, memoria, sentimenti e flussi di coscienza ''(Nr.2 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 23 || [[Bellezza naturale]] — La semplice verità: la bellezza della natura migliora la vita ''(Nr.3 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 24 || [[Filosofia dell'amicizia]] — ''(Nr.6 della [[Serie dei sentimenti]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|dicembre 2019|breve}} |- | 25 || [[Thomas Bernhard]] — Monografia poliedrica sullo scrittore austriaco | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2020|breve}} |- | 26 || [[Ebrei e Gentili]] — Ebrei e non ebrei secondo Maimonide | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2020|breve}} |- | 27 || [[Interpretazione e scrittura dell'Olocausto]] — Narrazioni drammatiche e storiche di una catastrofe | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2020|breve}} |- | 28<br/><small>''(supplemento al nr. 25)''</small> || [[La prosa ultima di Thomas Bernhard]] — Comunicazione e speranza di felicità | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 29 || [[Eli Eli Lama Sabachthani]]? — Ester e Gesù invocano Dio con lo stesso Salmo ''(Nr. 5 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 30 || [[Franz Kafka e la metamorfosi ebraica]] — Kafka e crisi d'identità: ''Metamorfosi'' come reazione all'antisemitismo europeo di fine secolo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 31 || [[Le strutture basilari del pensiero ebraico]] — Maimonide, Nieto, Luzzatto e i cinque criteri del ricostruzionismo sociale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 32 || [[L'Impressionismo di Ernest Hemingway]] — Impressionismo come indicatore critico nella valutazione dello stile letterario hemingueiano | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2020|breve}} |- | 33 || [[Embricazione del trauma in Hemingway]] — Studio della progressione narrativa di Ernest Hemingway in ''Across the River and into the Trees'': testimonianza di un trauma post-bellico | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 34 || [[Chaim Potok e lo scontro culturale]] — Figli d'Israele: la figura di Giacobbe come tema nei romanzi di Chaim Potok | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 35 || [[Leonard Cohen e la Cabala ebraica]] — Canzoni e poemi di Leonard Cohen in chiave cabalistica | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2020|breve}} |- | 36 || [[Ebraicità del Cristo incarnato]] — Incarnazione divina nell'antichità ebraica: punti di contatto col cristianesimo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}} |- | 37 || [[Boris Pasternak e gli scrittori israeliani]] — ''Il dottor Živago'', la letteratura russo-ebraica e gli intellettuali israeliani (1958-1960) | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2020|breve}} |- | 38 || [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo]] — Possibili immagini del Gesù ebraico: rivelazioni, riflessioni, reazioni | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2020|breve}} |- | 39 || [[Cambiamento e transizione nell'Impero Romano]] — Trasformazione nella società romana del III secolo e.v. | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|giugno 2021|breve}} |- | 40 || [[Interpretare Gesù in contesto]] — Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|settembre 2020|breve}} |- | 41 || [[Missione a Israele]] — La chiamata di Gesù e l'annuncio del regno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 42 || [[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]] — Divinità contendenti: religione e globalizzazione | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 43 || [[Messianismo Chabad e la redenzione del mondo]] — Il messaggio messianico di un movimento ebraico moderno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2021|breve}} |- | 44 || [[Introduzione allo Zohar]] — Gli aspetti profondi del misticismo ebraico nel ''Libro dello Splendore'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|febbraio 2021|breve}} |- | 45 || [[Isaac Luria e la preghiera]] — Innovazioni lurianiche nella preghiera ''Shema Yisrael'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2021|breve}} |- | 46 || [[Il Nome di Dio nell'Ebraismo]] — Il Nome santo nelle tradizioni mistiche ebraiche | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2021|breve}} |- | 47 || [[Rivelazione e Cabala]] — Crisi della tradizione mistica nella Cabala | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}} |- | 48 || [[Storia intellettuale degli ebrei italiani]] — Ebraismo italiano nella prima età moderna | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}} |- | 49 || [[Abulafia e i segreti della Torah]] — Esoterismo, Cabalismo e Profezia in Abramo Abulafia | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}} |- | 50 || [[Immagini interpretative del Gesù storico]] — Un ebreo carismatico in Galilea ''(Nr. 10 della [[Serie cristologica]])'' | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2021|breve}} |- | 51 || [[La Filigrana Zen di Henry Miller]] — Il lungo percorso interiore di uno scrittore inquieto | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2021|breve}} |- | 52 || [[Shoah e identità ebraica]] — L'Olocausto nella letteratura di Primo Levi e Elie Wiesel | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2021|breve}} |- | 53 || [[Gesù e il problema di una vita]] — ''E voi, chi dite che io sia?'' (Nr. 11 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}} |- | 54 || [[Indagine Post Mortem]] — Accertamento sulla Risurrezione di Gesù (Nr. 12 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}} |- | 55 || [[La Conoscenza del Che]] — Alfred Adler e la psicobiografia di Ernesto "Che" Guevara | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|ottobre 2021|breve}} |- | 56 || [[Taumaturgia messianica]] — I Miracoli di Gesù e la Redenzione (Nr. 13 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|novembre 2021|breve}} |- | 57 || [[Yeshua e i Goyim]] — Gesù e il futuro escatologico dei Gentili (Nr. 14 della ''[[Serie cristologica]]'') | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}} |- | 58 || L'[[Interpretazione della realtà]] — Percezioni e consapevolezza individuale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 59 || [[Il significato della vita]] — Eudaimonia e lo stato mentale della felicità | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 60 || [[Esistenzialismo shakespeariano]] — William Shakespeare e la filosofia esistenziale | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|gennaio 2022|breve}} |- | 61 || [[Emozione e immaginazione]] — La forza dell'immaginazione nell'intelletto moderno | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|marzo 2022|breve}} |- | 62 || [[Ascoltare l'anima]] — Emozione oltre la ragione: l'espressione emotiva nelle arti | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}} |- | 63 || [[Sorpresa]]! — Israele e la Guerra dello Yom Kippur | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|aprile 2022|breve}} |- | 64 || [[Israele – La scelta di un popolo]] — Elezione e Consacrazione nell'Ebraismo | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|maggio 2022|breve}} |- | 65 || [[Storia e memoria]] — Il ruolo del passato nella costruzione dell'identità ebraica | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}} |- | 66 || [[Nahmanide teologo]] — La teologia di Moshe ben Nachman, il Ramban | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|luglio 2022|breve}} |- | 67 || [[Rivelazione e impegno esistenziale]] — Il testo sacro come guida di vita | style="text-align: center;" | {{Stage|100%|agosto 2022|breve}} |- | 68 || [[Saeculum Mirabilis]] — Albert Einstein e l'internazionalismo liberale del XX secolo | style="text-align: center;" | {{Stage|25%|agosto 2022|breve}} |- | 69 || [[La Coscienza di Levinas]] — La filosofia di Emmanuel Levinas | style="text-align: center;" | ?{{Stage|0%|agosto 2022|breve}} |- | 70 || [[Filosofia del Cosmo]] — Universo e Mente Infinita | style="text-align: center;" | ?{{Stage|0%|agosto 2022|breve}} |} == SERIE & COLLANE == * '''''[[Serie cristologica]]''''' * '''''[[Serie letteratura moderna]]''''' * '''''[[Serie dei sentimenti]]''''' * '''''[[Serie misticismo ebraico]]''''' * '''''[[Serie maimonidea]]''''' * '''''[[Serie delle interpretazioni]]''''' <small>''(nella serie su Maimonide in Wikibooks)''</small> [[File:Maimonides teaching.jpeg|right|160px|Traduzione in ebraico della "Guida dei perplessi" (scritta originalmente in arabo), datata ca. 1347: Miniatura di Maimonide che insegna "la misura dell'uomo"]] {|class="itwiki_template_babel" style="background:#f2f2ff;border-color:#99B3FF; align:right" |class="sigla" style="background:transparent;"|[[File:Maimonides stamp 1953.jpg|70px]] |'''[[Utente:Monozigote/sandbox4|Libri nella Serie maimonidea]]''':<small><br/>1. ''[[Guida maimonidea]]''<br/>2. ''[[La dimensione artistica e cosmologica della Mishneh Torah]]''<br/>3. ''[[Antologia ebraica]]''<br/>4. ''[[Torah per sempre]]''<br/>5. ''[[Non c'è alcun altro]]''<br/>6. ''[[Virtù e legge naturale]]''<br/>7. ''[[Essenza trascendente della santità]]''<br/>8. ''[[Pensare Maimonide]]''<br/>9. ''[[Ebrei e Gentili]]''<br/>10. ''[[Le strutture basilari del pensiero ebraico]]''<br/>11. ''[[Pluralismo religioso in prospettiva ebraica]]''</small> |} {{-}} {{Serie maimonidea}} {{Serie dei sentimenti}} {{Serie misticismo ebraico}} maq3iemyql43tbeq4xxnxk1n0577ajx Interpretare Gesù in contesto 0 46614 431486 430682 2022-08-12T19:19:10Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.7em;">'''''INTERPRETARE GESÙ IN CONTESTO'''''</span> <span style="font-size: 1.25em;">''Ebraismo rabbinico e Nuovo Testamento''</span> <br/> (Nr. 8 della ''[[Serie cristologica]]'')<br/> <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''Monozigote 2020'''</span><br/> [[File:Leonardo da Vinci, Salvator Mundi, c.1500, oil on walnut, 45.4 × 65.6 cm.jpg|center|450px|Leonardo da Vinci: "Salvator Mundi", ca. 1500]] </div> ==Indice== [[File:Inscribe Them On The Doorposts Of Your House (4858065397).jpg|left|43px|Mezuzah]] '''{{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Copertina|Copertina}}''' : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Introduzione|Introduzione: trovare un contesto per Gesù}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Gesù altrove|Gesù altrove: interpretare Gesù in un contesto giudaico}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Confronti|Contesti di confronto: Vangeli e parabole rabbiniche}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Vangeli e Halakhah|Vangeli e Halakhah: ricostruzioni}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Gesù e Giacomo|Gesù, Giacomo e questioni di santità}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Conclusione|Conclusione: Gesù nell'ebraismo}} : — ♦ {{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Appendice|Appendice: date importanti}} '''{{Modulo|Interpretare Gesù in contesto/Bibliografia|Bibliografia}}''' {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Riflessioni su Yeshua l'Ebreo}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto| ]] [[Categoria:Serie cristologica]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Religione]] [[Categoria:Storia]] [[Categoria:Dewey 180]] [[Categoria:Dewey 232]] [[Categoria:Dewey 296]] {{alfabetico|I}} {{Avanzamento|100%|15 settembre 2020}} ah5mjtfcsh67k6xq1ij1h048eqz51qc Interpretare Gesù in contesto/Bibliografia 0 46621 431493 389949 2022-08-12T19:31:09Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Rembrandt - Head of Christ - DIA.jpg|550px|''"Testa di Cristo"'', olio di [[w:Rembrandt|Rembrandt]], ca. 1648-1654}} = Bibliografia = ♦ [[Biografie cristologiche/Bibliografia|Bibliografia specialistica]], dal libro ''[[Biografie cristologiche]]'' (Wikibooks)<br/> ♦ [[Ebraicità del Cristo incarnato/Bibliografia|Bibliografia specialistica]], dal libro ''[[Ebraicità del Cristo incarnato]]'' (Wikibooks) == Abbreviazioni bibliografiche == <div style="font-size: smaller;">{{Div col}} * AB — ''Anchor Bible'' (Commentario) * ABD — D. N. Freedman & G. A. Herion (curr.), ''The Anchor Bible Dictionary'' * ABRL — ''Anchor Bible Reference Library'' * AGJU — ''Arbeiten zur Geschichte des antiken Judentums und des Urchristentums'' * AGSJU — ''Arbeiten zur Geschichte des Spätjudentums und Urchristentums'' * AnBib — ''Analecta biblica'' * Ant. — ''Antiquities of the Jews'' e in {{it}} = ''[[w:Antichità giudaiche|Antichità giudaiche]]'' * ArBib — ''The Aramaic Bible'' * BARev — ''Biblical Archaeology Review'' * BBR — ''Bulletin for Biblical Research'' * BETL — ''Bibliotheca ephemeridum theologicarum lovaniensium'' * Bib — ''Biblica'' * BibOr — ''Biblica et orientalia'' * BibSem — ''The Biblical Seminar'' * BIS — ''Biblical Interpretation Series'' * BJS — ''Brown Judaic Studies'' * BTB — ''Biblical Theology Bulletin'' * BZ — ''Biblische Zeitschrift'' * CBQ — ''Catholic Biblical Quarterly'' * e.v. — [[w:Era volgare|Era volgare]] (= dC) * CRINT — ''Compendia rerum iudaicarum ad Novum Testamentum'' * ErFor — ''Erträge der Forschung'' * ET — ''English translation'' (= traduzione inglese) * EvQ — ''Evangelical Quarterly'' * FT — ''French translation'' * GNS — ''Good News Studies'' * HTKNT — ''Herders theologischer Kommentar zum Neuen Testament'' * HTR — ''Harvard Theological Review'' * HUCA — ''Hebrew Union College Annual'' * ICC — ''International Critical Commentary'' * IDB — G. A. Buttrick (curd.), ''The Interpreter’s Bible Dictionary'' * JAAR — ''Journal of the American Academy of Religion'' * JBL — ''Journal of Biblical Literature'' * JES — ''Journal of Ecumenical Studies'' * JHC — ''Journal of Higher Criticism'' * JJS — ''Journal of Jewish Studies'' * JQR — ''Jewish Quarterly Review'' * JR — ''Journal of Religion'' * JSJ — ''Journal for the Study of Judaism in the Persian, Hellenistic and Roman Period'' * JSNT — ''Journal for the Study of the New Testament'' * JSNTSup — ''Journal for the Study of the New Testament, Supplements'' * JSOT — ''Journal for the Study of the Old Testament'' * JSOTSup — ''Journal for the Study of the Old Testament, Supplements'' * JSS — ''Journal of Semitic Studies'' * JTS — ''Journal of Theological Studies'' * J.W. — ''Jewish War'' e in {{it}} = ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'' * KEKNT — ''Kritisch-exegetischer Kommentar über das Neue Testament'' * LCL — Loeb Classical Library * NovT — ''Novum Testamentum'' * NovTSup — ''Novum Testamentum, Supplements'' * NTS — ''New Testament Studies'' * NTTS — ''New Testament Tools and Studies'' * OGIS — W. Dittenberger (cur.), ''Orientis graeci inscriptiones selectae I–II'' * p.e.v. — Prima dell'[[w:era volgare|era volgare]] (= aC) * PRS — ''Perspectives in Religious Studies'' * Q — Fonte usata da Matteo e Luca, dal {{de}} ''Quelle'', "fonte" * RHPR — ''Revue d’histoire et de philosophie religieuses'' * SBLSP — ''Society of Biblical Literature Seminar Papers'' * SBT — ''Studies in Biblical Theology'' * SJLA — ''Studies in Judaism in Late Antiquity'' * SJT — ''Scottish Journal of Theology'' * SNTU — ''Studien zum Neuen Testament und seiner Umwelt'' * SSEJC — ''Studies in Scripture in Early Judaism and Christianity'' * TB/TG — ''[[w:Talmud babilonese|Talmud babilonese (Bavli)]]/[[w:Talmud di Gerusalemme|Talmud Gerosolimitano]]'' * Th — ''Theology'' * TS — ''Theological Studies'' * TToday — ''Theology Today'' * TynBul — ''Tyndale Bulletin'' * USQR — ''Union Seminary Quarterly Review'' * VT — ''Vetus Testamentum'' * WUNT — ''Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament'' * YJS — ''Yale Judaica Series'' * ZNW — ''Zeitschrift für die neutestamentliche Wissenschaft'' * ZTK — ''Zeitschrift für Theologie und Kirche'' {{Div col end}}</div> == Fonti secondarie == * Basser, Herbert W. 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Элеонора Мандалян.jpg|550px|''Gesù Cristo'', maiolica di Eleonora Mandalian}} = Alcune date significative nella storia dell'ebraismo e del cristianesimo = == Ere rabbiniche == <div align="center"> {{#tag:timeline| ImageSize = width:590 height:120 PlotArea = width:570 height:25 left:5 bottom:60 TimeAxis = orientation:horizontal DateFormat = yyyy Period = from:-250 till:{{CURRENTYEAR}} AlignBars = early ScaleMajor = unit:year increment:200 start:-200 ScaleMinor = unit:year increment:50 start:-200 Colors = id:turkiz value:rgb(0,0.76,0.76) id:treaty value:rgb(0.6,0.8,0.6) id:lightgrey value:rgb(0.6,0.8,0.4) id:darkgrey value:rgb(0.6,0.8,0) id:Celadon value:rgb(0.67,1,0.68) id:TeaGreen value:rgb(0.81,0.94,0.75) Define $hx = 15 # shift text to right side of bar PlotData = bar:Leaders color:blue width:20 align:left fontsize:s from:-250 till:0 color:treaty shift:(-10,$hx) text:[[w:Zugot]] from:0 till:220 color:turkiz shift:(-15,$hx) text:[[w:Tannaim]] from:220 till:500 color:TeaGreen shift:(-20,$hx) text:[[w:Amoraim]] from:500 till:625 color:darkgrey shift:(-20,$hx) text:[[w:Savoraim]] from:625 till:1050 color:turkiz shift:(-15,$hx) text:[[w:Geonim]] from:1050 till:1500 color:TeaGreen shift:(-20,$hx) text:[[w:Rishonim]] from:1500 till:{{CURRENTYEAR}} color:treaty shift:(-20,$hx) text:[[w:Acharonim]] {{#switch: {{{era}}} | Zugot = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:-250 till:0 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_dei_Zugot | Tannaim = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:0 till:218 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_dei_Tannaim | Amoraim = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:220 till:500 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_Amoraim | Savoraim = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:500 till:625 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_dei_Savora'im | Geonim | Gaonim | Gaon = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:625 till:1050 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_dei_Gaonim | Rishonim = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:1050 till:1500 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_dei_Rishonim | Acharonim = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:1500 till:{{CURRENTYEAR}} atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Era_degli_Acharonim | GRA = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:625 till:{{CURRENTYEAR}} atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Ere_dei_Gaonim,_Rishonim,_Acharonim | Chazal= LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:-250 till:625 atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:«Chazal» | #default = LineData = layer:front # all lines in front of bars unless stated otherwise from:-250 till:{{CURRENTYEAR}} atpos:65 color:red width:2 Legend = columns:1 left:125 top:25 columnwidth:200 Colors = id:aaa value:red legend:Ere_rabbiniche }} }} </div> == Date importanti == * '''587''' [[w:e.v.|pev]] — Cattura di [[w:Gerusalemme|Gerusalemme]], distruzione del [[w:Tempio di Salomone|Tempio]] e deportazione di molti ebrei a Babilonia. * '''333–32''' pev — [[w:Alessandro Magno|Alessandro Magno]] invade Israele e conquista il Medio Oriente. * '''324''' pev — Morte di [[w:Aristotele|Aristotele]], tutore di Alessandro. * '''323''' pev — Morte di Alessandro. * '''270''' pev — Morte di [[w:Epicuro|Epicuro]] (fondatore dell'[[w:Epicureismo|Epicureismo]]). * c. '''265''' pev — Morte di [[w:Zenone di Cizio|Zenone]] (fondatore del [[w:Cinismo|Cinismo]]). * c. '''250''' pev — Inizio dell'opera di traduzione che produrrà la ''[[w:Septuaginta|Septuaginta (LXX)]]''. * c. '''180''' pev — [[w:Siracide|Siracide (o Ecclesiastico)]] scritto in [[w:lingua ebraica|ebraico]], tradotto in [w:lingua greca|greco]] circa 50 dopo. * '''167''' pev — Profanazione del Tempio da parte del sovrano seleucide, [[w:Antioco IV|Antioco IV "Epifane"]] (cioè "Manifestazione [Divina]"), al potere negli anni 175–164 pev. [[w:Libro di Daniele|Daniele]] fu scritto poco dopo. Il materiale in [[w:Libro di Enoch|1 Enoch]] iniziò ad essere compilato in tale periodo; la [[w:Libro della Sapienza|Sapienza di Salomone]] forse scritto nel secolo successivo. * '''164''' pev — [[w:Giuda Maccabeo|Giuda Maccabeo]] (il "martello") sconfigge il generale Lisia; Antioco IV muore; Giuda governa la Giudea e inizia ad allargare i confini; fondata la [[w:Asmonei|dinastia asmonea]]; i fratelli [[w:Gionata Maccabeo|Gionata]] e [[w:Simone Maccabeo|Simone]] succedono a Giuda. * '''160''' pev — Morte di Giuda; succssione di Gionata. * '''142''' pev — Morte di Gionata; successione di Simone. * '''134''' pev — Morte di Simone; successione di [[w:Giovanni Ircano I|Giovanni Ircano I]]. * '''104''' pev — Morte di Giovanni Ircano I (figlio di Simone); successione di [[w:Aristobulo I|Aristobulo I]]. * '''103''' pev — Morte di Aristobulo I (figlio di Giovanni Ircano I); successione di [[w:Alessandro Ianneo|Alessandro Ianneo]]. * '''76''' pev — Morte di Alessandro Ianneo (figlio di Giovanni Ircano I). * '''67''' pev — Morte di Alessandra (moglie di Alessandro Ianneo). * '''67–63''' pev — [[w:Aristobulo II|Aristobulo II]] regna brevemente tra i dissensi; il popolo si appella a Roma. * '''63''' pev — [[w:Gneo Pompeo Magno|Pompeo]] entra a Gerusalemme, e inizia così l'era del dominio romano. I [[w:Salmi di Salomone|Salmi di Salomone]] furono composti non molto tempo dopo questo evento. [[w:Giovanni Ircano II|Ircano II]] (figlio di Alessandro Ianneo) viene eletto [[w:Sommo sacerdote|Sommo sacerdote]]. * '''48''' pev — [[w:Giulio Cesare|Giulio Cesare]] ottiene il controllo dell'[[w:Impero Romano|Impero Romano]]. * '''44''' pev — Morte di Giulio Cesare; [[w:Marco Antonio|Marco Antonio]] ed il giovane [[w:Augusto|Ottaviano]] (nipote di Cesare) vendicano l'assassinio di Cesare e fondano il [[w:Secondo triumvirato|Secondo Triumvirato]]. * '''40''' pev — Il [[w:Senato romano|Senato romano]], spinto dal Marco Antonio, dichiara [[w:Erode Antipatro|Erode]] (figlio di Antipatro II) "Re dei Giudei"; i Parti sostengono [[w:Antigono II Asmoneo|Antigono ]] (figlio di Aristobulo II). * '''37''' pev — Erode sconfigge Antigono, ultimo dei sovrani asmonei, e diventa di fatto re di Israele; sposa Mariamne (nipote di Ircano II); durante il suo regno ricostruisce Gerusalemme ed il Tempio; fonda diverse città e fortezze; sposa e divorzia/uccide dieci mogli. * '''31''' pev — Ottaviano sconfigge Marco Antonio e [[w:Cleopatra|Cleopatra]] ad [[w:Azio|Azio]]; diventa imperatore romano; cambia nome in Augusto, perdona Erode per essersi messo dalla parte di Marco Antonio. * '''6''' o '''5''' pev — Nascita di [[Gesù]]. * '''4''' pev — Morte di [[w:Erode il Grande|Erode il Grande]]. * '''6''' — Archelaus (son of Herod the Great) is deposed. * '''6–15''' — [[w:Anna (sommo sacerdote)|Anna (o Anania)]] viene nominato Sommo sacerdote. * '''14''' — Morte di Augusto; successione del figliastro [[w:Tiberio|Tiberio]]. * '''18''' — [[w:Caifa|Giuseppe bar Caiaphas]] (genero di Anna) nominato Sommo sacerdote. * '''19''' — [[w:Ponzio Pilato|Ponzio Pilato]] nominato prefetto di Giudea. * '''30''' o '''33''' — Gesù viene crocifisso. * '''34''' — Morte di [[w:Filippo (tetrarca)|Erode Filippo]] (figlio di Erode il Grande). * '''37''' — Ponzio Pilato e Caifa vengono rimossi dalle rispettive posizioni. * '''37''' — Morte di Tiberio; successione di [[w:Caligola|Gaio Caligola]]; nascita di [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]]. * '''39''' — Caligola esilia [[w:Erode Antipa|Erode Antipa]] (figlio di Erode il Grande) in Gallia. * '''41''' — Morte di Caligola; successione di [[w:Claudio|Claudio]]. * '''44''' — Morte di [[w:Erode Agrippa I|Erode Agrippa I]] (figlio di Aristobulo e Berenice, nipote di Erode il Grande), dopo un breve regno su Israele (41–44); cfr. {{passo biblico2|Atti|12:1-23}}. * '''45''' — Disfatta di [[w:Teuda|Teuda]] e del suo seguito. * c. '''50''' — Morte di [[w:Filone di Alessandria|Filone di Alessandria]]. * '''51–52''' — Insediamento del governatore romano [[w:Lucio Giunio Anneo Gallione|Gallio]] a Corinto. * '''52–60''' — Insediamento del governatore romano [[w:Marco Antonio Felice|Felice]] a Caesarea. * c. '''53''' — [[w:Paolo di Tarso|Paolo]] scrive la [[w:Lettera ai Galati|Lettera alle chiese]] di [[w:Galazia|Galazia]]. * '''54''' — Morte di Claudio; successione di [[w:Nerone|Nerone]]. * c. '''55–56''' — Paolo scrive svariate lettere alla chiesa di Corinto. * '''56''' — Disfatta dell'Ebreo Egiziano e del suo seguito. * c. '''57''' — Paolo scrive la sua [[w:Lettera ai Romani|lettera alla chiesa di Roma]]. * '''60–62''' — Insediamento del governatore romano [[w:Porcio Festo|Festo]] a Cesarea. * '''62''' — [[:en:w:Ananus ben Ananus|Anania]] (figlio di Anna) dicenta Sommo sacerdote; senza approvazione romana fa giustiziare [[w:Giacomo il Giusto|Giacomo]] fratello di Gesù; [[:en:w:Lucceius Albinus|Albino]] rimuove Anania dalla sua posizione. * '''62–64''' — Insediamento del governatore romano Albino a Cesarea. * '''64–66''' — Insediamento del governatore romano [[:en:w:Gessius Florus|Gessio Floro]] a Cesarea. * '''65''' — Morte di [[w:Lucio Anneo Seneca|Seneca]]. * '''66''' — Inizia la [[w:Prima guerra giudaica|rivolta giudaica]]; assassinato il governatore Floro (?). * c. '''67''' — Morte di Paolo. * '''68''' — Morte di Nerone; successione di [[w:Galba|Galba]]. * '''68–69''' — Breve regno di Galba, [[w:Otone|Otone]] e [[w:Vitellio|Vitellio]]. * '''69''' — Il Generale [[w:Vespasiano|Vespasiano]], commandante delle forze romane contro gli ebrei, viene proclamato imperatore. * c. '''69''' — [[w:Vangelo secondo Marco|Vangelo di Marco]] pubblicato. * '''70''' — Gerusalemme catturata da [[w:Tito (imperatore romano)|Tito]] (figlio di Vespasiano); il Tempio viene gravemente danneggiato dal fuoco; è in seguito demolito. * '''73''' — Il generale [[w:Lucio Flavio Silva|Silva]] cattura [[w:Masada|Masada]]. * c. '''78''' — Flavio Giuseppe pubblica ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]''. * '''79''' — Morte di Vespasiano; successione di Tito. * '''81''' — Morte di Tito; successione di [[w:Domiziano|Domiziano]] (fratello di Tito). * c. '''85''' — I cristiani vengono esclusi dalle sinagoghe. * c. '''93''' — Morte di Agrippa II (figlio di Agrippa I), dopo aver governato porzioni di Israele dal 49 (cfr. {{passo biblico2|Atti|25:13-26:32}}); Berenice era sua sorella. * '''96''' — Morte di Domiziano; successione di [[w:Nerva|Nerva]]. * '''98''' — Morte di Nerva; successione di [[w:Traiano|Traiano]]; morte di Flavio Giuseppe (?). * c. '''112''' — Morte di [[w:Ignazio di Antiochia|Ignazio]]. * '''115''' — [[w:Seconda guerra giudaica|Rivolta giudaica]] in Nord Africa. * '''117''' — Morte di Traiano; successione di [[w:Adriano|Adriano]]. * c. '''120''' — [[w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]] pubblica gli ''[[w:Annales (Tacito)|Annali]]''. * '''132–135''' — [[w:Terza guerra giudaica|Grande rivolta giudaica]] capeggiata da [[w:Simon Bar Kokheba|Simon Bar Kokheba, detto "Bar Kokhba"]]. * c. '''135''' — Morte di [[w:Papia di Ierapoli|Papia]], autore della ''Spiegazione dei detti del Signore''. * '''138''' — Morte di Adriano; successione di [[w:Antonino Pio|Antonino Pio]]. * c. '''159''' — Morte di [[w:Marcione|Marcione]], il cui "canone" escludeva le parti ebraiche del NT (anche ''Vangelo di Marcione''). * c. '''160''' — Pubblicazione di una prima edizione del [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Appendice|Vangelo di Tommaso]]. * c. '''165''' — Morte di [[w:Giustino (filosofo)|Giustino martire]], autore di [[w:Giustino_(filosofo)#La Prima apologia dei cristiani|1 Apologia]]. * c. '''170''' — Morte dello [[w:Gnosticismo|gnostico]] [[w:Valentino (filosofo)|Valentino]]. * c. '''200''' — Redazione finale e pubblicazione della [[w:Mishnah|Mishnah]]. * '''217''' — Pubblicazione della [[w:Lucio Flavio Filostrato|''Vita di Apollonio di Tiana'', di Filostrato]]. * c. '''253''' — Morte di [[w:Origene|Origene]], redattore della ''[[w:Exapla|Exapla (Ἑξαπλά)]]'' e di numerosi commentari. * '''325''' — [[w:Concilio di Nicea I|Concilio di Nicea]], con la formulazione dell'"ortodossia" cristiana. * '''337''' — Morte di [[w:Costantino I|Constantino]], primo imperatore cristiano. * '''339''' — Morte di [[w:Eusebio di Cesarea|Eusebio]], autore della ''[[w:Storia ecclesiastica (Eusebio di Cesarea)|Storia ecclesiastica]]''. * c. '''360''' — Produzione della [[w:Codici di Nag Hammadi|Biblioteca gnostica copta]], in seguito rinvenuta a [[w:Nag Hammadi|Nag Hammadi]]. * '''373''' — Morte di [[w:Atanasio di Alessandria|Atanasio]], la cui ''Lettera circolare'' del 367 segna un momento importante per l'accettazione del canone del Nuovo Testamento. * '''420''' — Morte di [[w:San Girolamo|Girolamo]], redattore principale della traduzione latina della Bibbia, in seguito chiamata ''[[w:Vulgata|Vulgata]]''. * '''430''' — Morte di [[w:Agostino d'Ippona|Agostino]], autore de ''[[w:La città di Dio|La Città di Dio]]''. * c. '''500''' — Compilazione e pubblicazione del [[w:Talmud|Talmud]]. <div style="color: teal; text-align: center; font-size: 1.4em;">~ • ~</div> {{Immagine grande|Jesus reconstruction test phases from Turin Shroud.jpg|650px|Volto di Gesù: ricostruzione artistica in otto fasi, dalla [[w:Sindone di Torino|Sindone di Torino]]}} {{Avanzamento|100%|5 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Appendice]] ohnl9wh6zwixt3206i1d57rryy64ayt Interpretare Gesù in contesto/Introduzione 0 46642 431487 382653 2022-08-12T19:21:03Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Jan Styka - Chrystus w koronie cierniowej.jpg|550px|"Cristo con corona di spine", olio di [[w:Jan Styka|Jan Styka]], ca. 1925}} = Introduzione: trovare un contesto per Gesù = Il problema del presente volume, e che ho affrontato in miei precedenti, riguarda l'eterna difficoltà nel trovare il Gesù storico. Questa difficoltà si manifesta nella sconcertante diversità dei ritratti. Sentiamo parlare di Gesù il profeta, il rabbino, lo sciamano, l'esorcista, il Messia, il re, il rivoluzionario, il mago e, più recentemente, il cinico. Come si spiega questa diversità? Gran parte del problema ha a che fare con il contesto, poiché il contesto influenza l'interpretazione della tradizione di Gesù (vale a dire che si trova principalmente nei Vangeli del Nuovo Testamento) più di qualsiasi altro fattore. '''È con il <u>contesto</u> che i capitoli del presente volume si confrontano'''. Per conoscere il Gesù storico è necessario conoscere molto del mondo in cui Gesù visse. Questo mondo era ebreo, palestinese e galileo. Sebbene non isolato dalle influenze ellenistiche, era fondamentalmente ebraico e fondamentalmente opposto al fascino sincretistico dei suoi mediatori di potere greco-romani. Quando leggiamo i Vangeli incontriamo usanze strane ed epiteti stranieri. Abbiamo sentito parlare di Farisei, Sadducei, erodiani e sacerdoti al potere. Chi erano? Cosa credevano? Perché criticarono e si opposero a Gesù? Sospettiamo che la loro opposizione a Gesù avesse qualcosa a che fare con la sua proclamazione del regno di Dio e con i modi singolari in cui ne visse le implicazioni. I saggi che ho riunito in questo ''wikilibro'' sonderanno alcune di tali caratteristiche. Lo scopo della presente introduzione è destinato ai lettori che hanno una conoscenza limitata del mondo di Gesù, una conoscenza che i capitoli che seguono danno per scontato. Pertanto, i prossimi paragrafi introdurranno gli "inesperti" ad alcuni dei gruppi, delle istituzioni e degli eventi basilari, alla luce dei quali il Gesù della storia deve essere studiato — per non rimanere disperso. == Partiti politico-religiosi == La Palestina del I secolo era popolata da ebrei, Samaritani e gentili. Greco, ebraico, aramaico, latino e (a est) nabateo erano le lingue parlate in questo angolo diversificato dell'Impero Romano. Stretta tra la Giudea a sud e la Galilea ebraica a nord c'era la Samaria. Come sanno tutti gli studiosi della Bibbia, i rapporti samaritani-giudaici non erano cordiali. Le tensioni possono essere fatte risalire al IX secolo [[:w:p.e.v.|p.e.v.]], quando le tribù del nord si ribellarono alla monarchia di Gerusalemme e alla fine divennero note come il [[w:Regno di Israele|Regno di Samaria]]. Dopo l'esilio, i giudei consideravano i [[w:Samaritani|Samaritani]] nella migliore delle ipotesi solo parzialmente ebrei. Poiché si credeva che fossero [[Ebrei e Gentili|gentili]] di [[w:Kutha|Cuthea]], parte dell'antico impero assiro, furono chiamati [[:en:w:Cuthites|Cutiti]] (da [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]], lo storico ebreo del I secolo) o Kutim (dai rabbini). I Samaritani, tuttavia, si consideravano in modo molto diverso, credendo di essere veri discendenti delle tribù settentrionali e che la loro versione della Legge di Mosè (il cosiddetto [[w:Pentateuco samaritano|Pentateuco samaritano]]) costituisse la vera Scrittura. Le ostilità samaritano-giudaiche aumentarono quando nel 128 p.e.v. [[w:Giovanni Ircano I|Ircano I]], uno dei governanti asmonei, distrusse il tempio samaritano sul [[w:Garizim|Monte Garizim]] (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|4:20}}: "I nostri padri hanno adorato su questo monte"). Flavio Giuseppe ci parla di successivi atti di violenza e punizione (per esempio, i Samaritani che profanano il Tempio ebraico con ossa umane, i Samaritani che attaccano una carovana di galilei in pellegrinaggio festivo e le feroci rappresaglie contro i Samaritani). L'odio era tale che essere chiamato Samaritano era un grave insulto. Incontriamo un esempio di ciò quando gli oppositori di Gesù lo accusano di essere "un Samaritano e di avere un demone" ({{passo biblico2|Giovanni|8:48}}: "Non diciamo con ragione noi che sei un Samaritano e hai un demonio?"). In seguito, alcuni rabbini dissero che mangiare il pane dei Samaritani significava mangiare carne di maiale, o sposare una Samaritana significava giacere con una bestia. La dinastia degli [[w:Asmonei|Asmonei]] inizialmente godette del sostegno dei [[w:Chassidismo|Hasidim]] (cioè, "pii", che sono probabilmente i precursori dei Farisei). Questa alleanza alla fine si interruppe, con gli Asmonei schierati coi [[w:Sadducei|Sadducei]]. Un altro gruppo che emerse durante questo periodo fu quello degli [[w:Esseni|Esseni]]. Flavio Giuseppe descrive questi gruppi a lungo, sostenendo di aver studiato con gli Esseni, ma alla fine di aver seguito l'insegnamento dei [[w:Farisei|Farisei]]. Ciò che Flavio Giuseppe ci dice di questi gruppi è in parte confermato dai Vangeli del Nuovo Testamento, dal libro degli Atti e dall'apostolo [[w:Paolo di Tarso|Paolo]]. Le origini di questi gruppi politico-religiosi sono oscure. Anche le loro convinzioni e la relazione reciproca non sono del tutto chiare, ma è importante sapere cosa si può conoscere di loro se vogliamo apprezzare il contesto in cui Gesù ha svolto il suo ministero. Ci è stato detto che i [[w:Sadducei|Sadducei]] erano un piccolo gruppo, le cui opinioni più conservatrici erano diventate influenti presso i sacerdoti al potere. Accettavano l'autorità della Legge scritta, ma rifiutavano le tradizioni orali care ai Farisei (Flavio G., ''Ant.'' 13.10.6 §297),<ref>Per tutte le abbreviazioni bibliografiche si veda la rispettiva sezione in "[[Interpretare Gesù in contesto/Bibliografia#Abbreviazioni bibliografiche|Bibliografia]]".</ref> loro principali rivali politici e religiosi. I Sadducei rifiutavano la risurrezione (cfr. {{passo biblico2|Marco|12:18}}; {{passo biblico2|Atti|23:8}}; ''Ant.'' 18.1.4 §16: "l'anima perisce con il corpo") e l'esistenza degli angeli ({{passo biblico2|Atti|23:8}}). Credevano nel libero arbitrio ("l'uomo ha la libera scelta del bene o del male") e nella lontananza di Dio dall'ordine creato (''Ant.'' 13.5.9 §173; ''J.W.'' 2.8.14 §164-165). Si potrebbe dire che i Sadducei erano i [[w:Deismo|deisti]] e gli [[w:Arminianesimo|arminiani]] dei loro tempi. Sebbene fossero inclini a essere severi nei loro giudizi e a disprezzare gli altri, a causa della pressione pubblica di solito seguivano le politiche dei più tolleranti Farisei. Sebbene i Sadducei fossero influenti tra i ricchi (''Ant.'' 13.10.6 §298) e gli aristocratici sacerdoti dominanti, non si deve presumere che la maggior parte dei Sadducei fossero sacerdoti, o che la maggior parte dei sacerdoti al potere fossero Sadducei. I Sadducei accettarono lo ''status quo'' politico. In effetti, si diedero duramente da fare per preservarlo. La loro ricchezza e il loro peso politico erano tali che non desideravano alcun cambiamento. Loro e i sacerdoti al potere collaborarono con Roma nella gestione della Giudea. In cambio della loro collaborazione, che consisteva principalmente nel mantenere la legge e l'ordine e nel riscuotere il tributo che Roma si aspettava, ricevettero un trattamento privilegiato e furono aiutati a mantenere la loro posizione di potere. Secondo Flavio Giuseppe, i Farisei erano un gruppo più numeroso e popolare. L'impressione generale che si riceve dal Nuovo Testamento lo conferma. I Farisei accettarono e ampliarono le tradizioni orali. A causa del loro zelo per il codice della santità (come si riscontra specialmente nel [[w:Levitico|Levitico]]), enfatizzarono la purezza e la separazione da coloro che non osservavano le loro pratiche. Come Gesù e il suo seguito, i Farisei credevano nella risurrezione e negli angeli. Si presume spesso che i Farisei fossero i precursori dei [[w:Rabbino|rabbini]], ma questo è tutt'altro che certo. Potrebbe solo essere che i Farisei mantenessero molte tradizioni che i primi rabbini poi promossero e che i rabbini successivi espansero ulteriormente. Alcuni dei primi rabbini potrebbero benissimo essere stati membri del gruppo dei Farisei, ma probabilmente non dovremmo presumere che tutti i Farisei fossero rabbini (cioè insegnanti o saggi) o che tutti i rabbini fossero Farisei. A differenza dei Sadducei, i Farisei non erano collaboratori volenterosi di Roma. Infatti, rifiutavano di prestare giuramento di fedeltà "a Cesare e al governo del re" (''Ant.'' 17.2.4 §42). Flavio Giuseppe ci dice che avevano profetizzato che un giorno il trono sarebbe stato tolto a Erode il Grande. È probabile che dietro questa profezia si celasse la speranza messianica. Quando Erode lo seppe, fece mettere a morte diversi Farisei (''Ant.'' 17.2.4 §43–44). L'esuberante comportamento antigovernativo dei Farisei può essere fatto risalire ai giorni della dinastia Asmonea. In un'occasione, convinti che il re sacerdote [[w:Alessandro Ianneo|Alessandro Ianneo]] non fosse qualificato ad offrire sacrifici, i Farisei incitarono la folla a colpire il loro sovrano coi limoni che erano stati raccolti per la festività (''Ant.'' 13.13.5 §372–373). Similmente, ai giorni di Erode due insegnanti convinsero diversi giovani ad arrampicarsi su una delle porte all'interno del recinto del Tempio e abbattere un'aquila reale che il re aveva montato in onore dei suoi padroni romani. Flavio Giuseppe ci dice che Erode s'infuriò e fece bruciare vivi insegnanti e giovani (''J.W.'' 1.33.2–4 §648–655; ''Ant.'' 17.6.2–4 §149–167). Grazie alla scoperta dei [[w:Manoscritti del Mar Morto|Rotoli del Mar Morto]], gli Esseni sono diventati i più discussi e controversi dei partiti citati da Flavio Giuseppe. In essi leggiamo che gli Esseni formavano le loro proprie comunità, a volte nel deserto, condividevano i loro possedimenti, osservavano interpretazioni molto rigide della Legge, erano per lo più celibi e avevano un orientamento sacerdotale. Questo gruppo era così severo che sputare, parlare fuori turno o ridere ad alta voce veniva punito con una riduzione dell'indennità di cibo. La maggior parte degli studiosi presume che i Rotoli del Mar Morto rappresentino una biblioteca essena, con molti dei Rotoli effettivamente prodotti dagli Esseni. I Rotoli ci rivelano una comunità molto preoccupata per la Fine dei tempi, in cui sarà rivendicata e assumerà la guida del Tempio. Dei tre partiti ebraici appena esaminati, il cristianesimo primitivo sembra aver avuto più in comune con gli Esseni. Curiosamente, tuttavia, gli Esseni non sono mai menzionati nel Nuovo Testamento.<ref>Forse proprio perché veniva dato per scontato.</ref> Nei Rotoli è raffigurata una grande guerra finale tra i "figli della luce" (cioè gli Esseni e i pii ebrei che si uniscono a loro) e i "figli delle tenebre" (cioè i Romani e gli ebrei infedeli che collaborano con loro). Un Rotolo sembra effettivamente descrivere un confronto tra il Messia e l'imperatore romano, in cui il primo uccide il secondo, portando così il conflitto a una gioiosa conclusione (4Q285). Flavio Giuseppe ci parla anche di una "quarta filosofia". Il nostro amico scrittore probabilmente è, come dire, ironico o ingannevole. Non descrive un altro partito o setta, come i Sadducei o i Farisei (che chiama anche "filosofie"); descrive una tattica sociale e politica adottata da alcuni (inclusi i Farisei) per cui veniva usata violenza contro i collaboratori di Roma. Chiamandoli una ''quarta'' filosofia, Flavio Giuseppe potrebbe cercare di separare queste persone dalle altre, per timore che sulla scia della [[w:Prima guerra giudaica|grande guerra]] (dopo la quale scrive Flavio Giuseppe) Roma possa pensare che la religione ebraica stessa favorisca la ribellione. Alcuni studiosi hanno identificato gli [[w:Zelota|zeloti]] con la quarta filosofia, ma gli zeloti erano una coalizione di vari gruppi ribelli che si formarono durante la grande rivolta contro Roma nel 66-70 e.v. Coloro che abbracciarono la tattica della quarta filosofia includevano i ''[[w:Sicarii|Sicarii]]'', o "uomini del pugnale". Questi assassini spesso attaccavano in pieno giorno, tra grandi folle. Dopo aver pugnalato, si mettevano a gridare con indignazione e chiedevano assistenza mentre la loro vittima cadeva. Con questo sotterfugio non venivano spesso scoperti e arrestati (''J.W.'' 2.13.3 §254–257). A Paolo stesso fu chiesto se fosse un membro di questo gruppo ({{passo biblico2|Atti|21:38}}). In un'occasione i ''Sicarii'' rapirono il segretario di uno dei sacerdoti in carica, chiedendo in riscatto che dieci dei loro compagni fossero scarcerati (''Ant.'' 20.9.3 §208-210). Infine, bisogna menzionare gli "Erodiani", che fanno solo due apparizioni nei Vangeli ({{passo biblico2|Marco|3:6;12:13}} = {{passo biblico2|Matteo|22:16}}) e non sono mai citati altrove. Al di là del probabile fatto che fossero sostenitori di Erode Antipa, non sappiamo nulla di loro. La loro identificazione coi Sadducei o gli Esseni è sconsigliata. Per molti ebrei, probabilmente la maggior parte, il problema più grande era la dominazione romana. Alcuni gruppi, come i Sadducei e gli Erodiani, non lo consideravano un problema. Si accontentavano di conviverci. Ma la maggior parte degli altri desiderava il cambiamento. I Farisei credevano che la liberazione sarebbe arrivata tramite la scrupolosa osservanza della Legge, comprese le loro tradizioni orali, il loro "recinto" interpretativo eretto attorno alla Legge (''[[w:Halakhah|Halakhah]]''). Molti furono probabilmente passivi nella loro critica agli Erodiani e ai romani, ma come abbiamo visto, alcuni adottarono tattiche violente. Anche gli Esseni speravano nella rivoluzione, ma guardavano al cielo in attesa di un momento drammatico e finale in cui le profezie si sarebbero adempiute. Alcuni individui decisero di inaugurare l'attesa nuova era, liberando materialmente e spirtualmente la popolazione. == Liberatori politico-religiosi == Dopo la morte di Erode il Grande, diversi uomini tentarono di porre sulle proprie teste la corona. Una o due di queste figure pensarono forse di essere figure simili a Davide, forse anche in termini messianici. Si cita a volte [[:en:w:Simon of Peraea|Simone di Perea]] che saccheggiò e incendiò il palazzo reale di Gerico (''Ant.'' 17.10.6 §273–276). Un altro, [[:en:w:Athronges|Athronges (gr. Αθρογγαίος, ''Athrongaíos''), pastore della Giudea, fu "notevole per la sua grande statura e le sue esibizioni di forzuto".Governò parti della Giudea per più di due anni prima di essere finalmente sottomesso dai Romani (''Ant.'' 17.10.7 §278-284). Una generazione dopo sorsero due figure profetiche particolarmente interessanti. Il primo è [[w:Teuda|Teuda]] che, secondo Flavio Giuseppe, persuase molti a prendere i loro beni e unirsi a lui nel deserto. Al suo comando, aveva promesso, il fiume Giordano si sarebbe separato e lui e i suoi seguaci lo avrebbero attraversato facilmente. Questo atto "alla [[w:Giosuè (condottiero biblico)|Giosuè]]" era probabilmente inteso come un segno di conferma, non solo del vero ''status'' profetico di Teuda, ma dell'inizio di una nuova conquista della terra promessa, per cui i poveri e gli emarginati di Israele avrebbero riguadagnato il loro patrimonio perduto. Il governatore romano inviò la cavalleria, che in breve spazzò via Teuda e seguaci. Molti furono uccisi; e la testa del profeta montata su un palo venne esposta ad una delle porte di Gerusalemme (''Ant''. 20.5.1 §97–98; cfr. {{passo biblico2|Atti|5:36}}). Un decennio dopo un ebreo dell'Egitto, "che dichiarava di essere un profeta", convinse molti a unirsi a lui in cima al [[w:Monte degli Ulivi|Monte degli Ulivi]], da dove, al suo comando, le mura di Gerusalemme sarebbero crollate fornendogli il successivo ingresso e possesso della città santa. I soldati romani attaccarono ancora una volta quello che sembrava essere un altro tentativo di ricostruire una storia dal [[w:Libro di Giosuè|Libro di Giosuè]]. Sebbene 400 furono uccisi e 200 fatti prigionieri, in qualche modo l'ebreo egiziano riuscì a scappare (''Ant.'' 20.8.6 §169-170). A Paolo stesso fu chiesto se egli fosse tale fuggitivo ({{passo biblico2|Atti|21:38}}). Durante la prima ribellione contro Roma, i leader zeloti [[:en:w:Menahem ben Judah|Menahem ben Judah]] e [[w:Simone bar Giora|Simone bar Giora]] radunarono molti intorno a loro. È possibile che entrambi fossero riconosciuti in termini messianici. Menahem divenne un tiranno intollerante e all'inizio della guerra fu assassinato dal suo stesso seguito. Quando Gerusalemme fu catturata e il Tempio fu distrutto, Simone fece un'apparizione drammatica e si arrese ai romani che in seguito lo giustiziarono. Flavio Giuseppe afferma che ciò che più di ogni altra cosa spingeva i suoi connazionali alla ribellione era un "oracolo ambiguo". I suoi correligionari credevano erroneamente che questo oracolo avesse promesso un liberatore ebreo, quando in realtà prometteva solo che un liberatore del mondo sarebbe stato incoronato sul suolo ebraico. Flavio Giuseppe credeva che l'adempimento di questo oracolo fosse l'acclamazione reale di Vespasiano, mentre era in Giudea a combattere i ribelli ebrei. Ancora una volta, Flavio Giuseppe faceva il furbo. L'oracolo a cui si riferisce è {{passo biblico2|Numeri|24:17}} ("una stella sorgerà da Giacobbe...") ed egli sa perfettamente bene che ciò era ampiamente inteso come oracolo messianico (nel [[w:Targum|Targum]] è parafrasato, "un re sorgerà da Giacobbe, il Messia..."; cfr. anche {{passo biblico2|Matteo|2:2}}). Applicarlo al nuovo imperatore, tuttavia, fu politicamente accorto, non solo ingraziandogli il favore della nuova dinastia romana, ma oscurando le speranze messianiche che molti ebrei nutrivano, oscuramento necessario, riteneva Flavio Giuseppe, se il popolo ebraico doveva sopravvivere nell'Impero Romano all'indomani della terribile guerra. == Gesù in contesto == Il partito con cui Gesù ha più contatti, e con la quale sembra più arrabbiato, sono i Farisei. Come i Farisei (ma a differenza dei Sadducei), Gesù crede nella risurrezione e negli angeli. L'anticipazione da parte di Gesù del regno di Dio e la restaurazione di Israele era probabilmente in sostanziale accordo con le speranze farisaiche, ma la sua interpretazione della purezza e la sua accettazione dei peccatori sulla base del pentimento lo mise contro i Farisei. Guarire di [[w:Shabbat|Sabbath]], raccogliere e mangiare grano di Sabbath, mangiare con le mani "non lavate" e frequentare [[w:pubblicano|pubblicani]] e "peccatori" sono causa di critiche e persino complotti mortali. A queste critiche Gesù replicò aspramente: "Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini" ({{passo biblico2|Matteo|23:13}}). "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà" ({{passo biblico2|Matteo|23:23}}). Più grave, tuttavia, fu la critica di Gesù ai sacerdoti al potere. Nella sua azione dentro ilrecinto del Tempio ({{passo biblico2|Marco|11:15-18}}), egli rimprovera la struttura templare di non essere all'altezza della grande visione di {{passo biblico2|Isaia|56:1-8}} ("il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli") e la critica come un "un covo di ladroni" ({{passo biblico2|Geremia|7:11}}), implicando che il giudizio divino è imminente (cfr. tutto {{passo biblico2|Geremia|7}}). I sacerdoti sono infuriati e chiedono di sapere con quale autorità fa queste cose ({{passo biblico2|Marco|11:27-33}}), poiché le critiche di Gesù erano viste come oltraggiose. Gesù si rifiuta di rispondere direttamente, ma nella sua ''Parabola dei malvagi vignaioli'' ({{passo biblico2|Marco|12:1-12}}) fornisce implicitamente la risposta: egli non è altro che il figlio ed emissario di Dio; respingendolo, i sacerdoti dovranno affrontare un giudizio certo. La polemica si intensifica con gli avvertimenti sull'avarizia degli scribi ({{passo biblico|Marco|12:38-44}}) e sul destino del Tempio ({{passo biblico2|Marco|13:1-2}}; cfr. {{passo biblico2|Marco|14:58}}). Le azioni di Gesù assomigliano a dimostrazioni e dichiarazioni simili avvenute nel recinto del Tempio, condotte da insegnanti ebrei (prima del tempo di Gesù e dopo). Le minacce contro i sacerdoti e i discorsi sui discepoli seduti su dodici troni che giudicano le dodici tribù di Israele ({{passo biblico2|Matteo|19:28}} = {{passo biblico2|Luca|22:28-30}}) implicavano chiaramente un cambiamento nell'amministrazione, qualcosa che non sarebbe stato tollerato nemmeno dai sacerdoti o dai loro padroni romani. La domanda sulle tasse, posta a Gesù dagli Erodiani ({{passo biblico2|Marco|12:13-17}}: "È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?"), era naturale alla luce delle sfumature dell'insegnamento e delle azioni di Gesù a Gerusalemme. Dopo tutto, quando Gesù entrò in città, la gente aveva gridato: "Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide!" ({{passo biblico2|Marco|11:10}}). La restaurazione di un regno davidico implicava sicuramente che le tasse non sarebbero più state pagate a Cesare. Dato che le tasse destinate a Roma venivano effettivamente depositate nel Tempio, ha perfettamente senso porre questa delicata domanda a Gesù mentre insegnava nei sacri recinti. Ci sono accenni di sentimento anti-romano nel ministero di Gesù. Quando mandò la "Legione" demoniaca nel branco di porci ({{passo biblico2|Marco|5:1-20}}), dobbiamo pensare alla legione romana. In effetti, una di queste legioni, la cui mascotte era il cinghiale, occupò Gerusalemme dopo la grande guerra. L'invio della legione demoniaca nell'abisso, alla sua distruzione, avrebbe trasmesso un potente significato simbolico ai popoli oppressi dell'Impero Romano. L'insegnamento e le attività di Gesù in molti punti sono paralleli a quelli dei suoi contemporanei. Le sue parabole casarecce sono simili a quelle dei primi rabbini. I suoi proverbi, il suo stile di argomentazione e la sua pietà trovano molti paralleli. Ma la sua definizione del regno di Dio – come la potente presenza di Dio – e la sua visione della salvezza di Israele e dell'umanità come prima di tutto spirituale, piuttosto che politica, mette in luce elementi importanti e distintivi. La dizione di Gesù riflette chiaramente la parafrasi [[w:lingua aramaica|aramaica]] più tardi chiamata ''[[w:Targum|Targum]]'', ma la sua dichiarazione che la Scrittura è "adempiuta" e che il "regno di Dio è giunto" presenta caratteristiche distintive. Tuttavia, anche queste caratteristiche distintive non possono essere pienamente e adeguatamente comprese se non studiate nel contesto. I capitoli che seguono tentano di fare proprio questo. == Note == {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Ecco l'uomo}} <references/> {{Avanzamento|100%|6 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Introduzione]] or3ub1ntx4380a1x6s5q29pkmmhp7vm Interpretare Gesù in contesto/Gesù altrove 0 46644 431488 428584 2022-08-12T19:24:10Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Christ seen in half-length, holding a globe surmounted by a cross, after Reni MET DP837918.jpg|540px|''"Gesù Cristo"'', incisione secondo [[w:Guido Reni|Guido Reni]], ca. 1680}} = Gesù altrove: interpretare Gesù in un contesto giudaico = Nonostante una grande quantità di dibattiti e discussioni, il Gesù della storia sembra essere stato smarrito.<ref>Il tema del presente ''wikilibro'' è in effetti "il Gesù scomparso". Le cose spesso scompaiono perché sono state messe fuori posto. Ciò che manca in molte presentazioni di Gesù è la sua ebraicità. Questo elemento essenziale, ma mancante, è spesso sia la causa che il risultato del mancato posizionamento di Gesù nel contesto appropriato. Ho affrontato questo problema anche nel libro ''[[Ebraicità del Cristo incarnato]]''.</ref> Negli ultimi anni il pubblico e la comunità accademica sono stati presentati con una varietà di Gesù storici, alcuni plausibili, altri non tanto. Il difetto principale dei ritratti implausibili, specialmente quelli emanati dal ''[[w:Jesus Seminar|Jesus Seminar]]'' nordamericano e dai suoi simpatizzanti, è il contestuale posizionamento errato di Gesù. Gesù è stato sollevato via dal suo contesto giudaico e ricollocato in quello che dovrebbe essere un ambiente ellenistico più adatto. A mio avviso, ciò che spesso ci rimane non è realmente il Gesù storico, ma il Gesù politicamente corretto della fine del ventesimo secolo. La collocazione di Gesù in un quadro [[w:cinismo|cinico]], ad esempio, è per certi versi probabilmente il risultato più curioso, per non dire dubbio, della ricerca neotestamentaria fino ad oggi. L'ipotesi cinica col tempo sarà sicuramente consegnata alla pattumiera di ipotesi mal concepite, ma sarà comunque utile ricorrere ad essa come nostro punto di partenza. La riluttanza del cristianesimo a consentire a Gesù di risiedere nel suo contesto giudaico è di per sé un elemento di interesse, con una storia che risale alla stesura dei Vangeli del Nuovo Testamento, in particolare il quarto. La tendenza a collocare Gesù al di sopra dell'ebraismo è in una certa misura comprensibile, dato lo sviluppo della [[Serie cristologica|cristologia]], in cui Gesù è visto come salvatore universale (e non semplicemente il Messia di Israele), e data la rapida espansione della chiesa primitiva, in cui i suoi membri diventavano prevalentemente gentili (e quindi in gran parte privi di interesse e di comprensione per l'ebraismo e per il popolo ebraico). Anche negli ultimi due secoli, che consideriamo l'era della ricerca biblica critica, la riluttanza a collocare Gesù nel suo contesto giudaico è evidente.<ref>Su questo punto, si veda B. D. Chilton, "Jesus within Judaism", in J. Neusner (cur.), ''Judaism in Late Antiquity: II. Historical Syntheses'' (Handbuch der Orientalistik 70; Leiden: Brill, 1995) 262–84; rist. in Chilton & C. A. Evans, ''Jesus in Context: Temple, Purity, and Restoration'' (''AGJU'' 39; Leiden: Brill, 1997) 179–201.</ref> Che una piena e corretta comprensione del contesto giudaico non sia diventata un luogo comune negli studi del Nuovo Testamento è in parte a causa di gravi carenze nei campi di studio pertinenti e affini. Il tentativo di [[w:Gustaf Dalman|Gustaf Dalman]] di comprendere la lingua di Gesù in termini di aramaico,<ref>Il tentativo fu certamente lodevole e in un certo modo bilanciava la tendenza della ricerca del XIX secolo a trarre paralleli quasi esclusivamente tra Nuovo Testamento e fonti classiche. In lingua iglese, ciò è evidente nei grandi commentari di J. B. Lightfoot e B. F. Westcott.</ref> da cui [[w:Joachim Jeremias|Joachim Jeremias]] anni dopo cercò di isolare l’''ipsissima verba Jesu'', fu messo in discussione a causa del suo appello a documenti aramaici che postdatano il tempo di Gesù di diversi secoli.<ref>G. H. Dalman, ''Die Worte Jesu mit Berücksichtung des nach kanonischen jüdischen Schrifttums und der aramäischen Sprache erörtert'' (Leipzig: Hinrichs, 1898); ET: ''The Words of Jesus'' (Edinburgh: T. & T. Clark, 1902); J. Jeremias, ''Neutestamentliche Theologie: Erster Teil: Die Verkündigung Jesu'' (Gütersloh: Mohn, 1971); ET: ''New Testament Theology: The Proclamation of Jesus'' (Londra: SCM Press, 1971).</ref> Questo problema vizia anche in larga misura il tentativo di [[:en:w:Matthew Black|Matthew Black]] di affrontare le difficoltà esegetiche e le incertezze testuali nei Vangeli e negli Atti facendo appello all'aramaico.<ref>M. Black, ''An Aramaic Approach to the Gospels and Acts'' (Oxford: Clarendon, 1946; 3rd ed., 1967; rist. con Introduzione di C. A. Evans; Peabody: Hendrickson, 1998). Nonostante i difetti, l'opera di Black rappresenta un grande progresso di controllo critico rispetto a passate opere di C. F. Burney, ''The Poetry of Our Lord: An Examination of the Formal Elements of Hebrew Poetry in the Discourse of Jesus Christ'' (Oxford: Clarendon Press, 1925), e C. C. Torrey, ''The Four Gospels'' (New York: Harper, 1933).</ref> Il raffinamento nello studio dei ''Targum'' aramaici e l'aggiunta di una quantità significativa di materiale aramaico dai tempi di Gesù – grazie soprattutto alla scoperta dei Rotoli del Mar Morto – hanno permesso di compiere progressi più sicuri in questo campo.<ref>M. McNamara, ''The New Testament and the Palestinian Targum to the Pentateuch'' (AnBib 27A; 2nd ed., Roma: Pontifical Biblical Institute, 1978); ''idem'', ''Targum and Testament'' (Grand Rapids: Eerdmans, 1972); B. D. Chilton, ''The Glory of Israel: The Theology and Provenience of the Isaiah Targum'' ( JSOTSup 23; Sheffield: JSOT Press, 1982). Per una raccolta conveniente di materiali aramaici del tempo approssimativa di Gesù, si veda J. A. Fitzmyer & D. J. Harrington, ''A Manual of Palestinian Aramaic Texts'' (Second Century BC–Second Century AD) (BibOr 34; Roma: Pontifical Biblical Institute Press, 1978).</ref> In effetti, aspetti importanti dell'interpretazione da parte di Gesù del regno di Dio sono stati chiariti mediante un uso giudizioso del ''Targum Isaia''.<ref>B. D. Chilton, "Regnum Dei Deus Est", ''SJT'' 31 (1978); ''idem'', ''God in Strength: Jesus’ Announcement of the Kingdom'' (SNTU 1; Freistadt: Plöchl, 1979; rist. BibSem 8; Sheffield: JSOT Press, 1987); ''idem'', ''A Galilean Rabbi and His Bible: Jesus’ Own Interpretation of Isaiah'' (Londra: SPCK, 1984) = ''A Galilean Rabbi and His Bible: Jesus’ Use of the Interpreted Scripture of His Time'' (GNS 8; Wilmington: Glazier, 1984).</ref> Ciononostante, le debolezze percepite nei precedenti tentativi di Dalman e dei suoi successori tendevano a scoraggiare gli studiosi neotestamentari dal prendere un approccio aramaico su Gesù e sui Vangeli. L'incapacità di apprezzare il contesto giudaico di Gesù è anche in parte dovuto alla consapevolezza ormai diffusa delle carenze presenti nella massiccia raccolta di paralleli rabbinici e neotestamentari di [[:en:w:Paul Billerbeck|Paul Billerbeck]] nel suo ''Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch''.<ref>(H. L. Strack) e P. Billerbeck, ''Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch'' (6 voll., VI ediz., Munich: Beck, 1978).</ref> Questo lavoro è stato criticato da molti, soprattutto negli ultimi anni. I problemi più comunemente citati hanno a che fare con l'incapacità di trattare i paralleli nel loro pieno contesto letterario e tradizionale, l'accettazione acritica dell'attribuzione dei detti rabbinici, e l'assunto che la letteratura midrashica e talmudica descriva accuratamente il [[w:Periodo del Secondo Tempio|periodo del Secondo Tempio]].<ref>O, come afferma Jacob Neusner, "il modo in cui stanno le cose veramente". Cfr. C. A. Evans, "Early Rabbinic Sources and Jesus Research", in Eugene H. Lovering, Jr. (cur.), ''Society of Biblical Literature 1995 Seminar Papers'' (SBLSP 34; Atlanta: Scholars Press, 1995) 53–76. In molti punti seguo Neusner. Si veda inoltre P. S. Alexander, "Rabbinic Judaism and the New Testament", ''ZNW'' 74 (1983) 237–46.</ref> Lo studio critico della [[w:letteratura rabbinica|letteratura rabbinica]], che è ancora nelle sue fasi iniziali, lo studio critico dei ''Targum'' e la recente pubblicazione dell'intero ''corpus'' dei [[w:Manoscritti del Mar Morto|Rotoli del Mar Morto]], rendono possibile guardare nuovamente a Gesù nel suo contesto giudaico, questa volta con maggiore precisione. È ironico che in un momento in cui il potenziale per studiare Gesù in un contesto ebraico non è mai stato più propizio, così tanti oggi cerchino di collocarlo in altri contesti. Questo Capitolo parla di tale problema ed è presentato in due parti: ('''1''') il Gesù fuori luogo, smarrito e ('''2''') Gesù nel suo contesto giudaico. La prima parte spera di esporre gli errori e le conseguenze di mettere Gesù nel contesto sbagliato, in questo caso un contesto cinico e relativamente non-ebraico. La seconda parte tenta di mostrare come Gesù, nel suo insegnamento e comportamento, sia a suo agio nel mondo dell'ebraismo palestinese del I secolo e che, se collocato nel suo giusto contesto, il suo insegnamento e il suo comportamento hanno un senso. == Gesù smarrito == [[File:Synoptic problem two source colored (it).png|thumb|Secondo l'[[w:ipotesi delle due fonti|ipotesi delle due fonti]], il ''[[w:Vangelo secondo Matteo|Vangelo di Matteo]]'' e il ''[[w:Vangelo secondo Luca|Vangelo di Luca]]'' furono scritti indipendentemente, ciascuno usando il ''[[w:Vangelo secondo Marco|Vangelo di Marco]]'' come base più un altro documento, detto "Fonte Q", per il materiale comune ai due vangeli ma non presente in ''Marco'' {{legenda|purple|Marco}} {{legenda|blue|Q}} {{legenda|green|Matteo (materiale esclusivo)}} {{legenda|#27B382|Luca (materiale esclusivo)}} ]] [[w:Burton Mack|Burton Mack]] negli anni ’90 pubblicò un libro intitolato ''The Lost Gospel: The Book of Q and Christian Origins''. Come chiarisce il sottotitolo, il libro si occupa dell'ipotetica [[w:Fonte Q|fonte chiamata ''Q'']], che molti studiosi del Vangelo pensano sia stata utilizzata dagli evangelisti Matteo e Luca. Il libro cerca di spiegare le origini della storia di Gesù, in particolare sotto la forma di "Q", che Mack pensa sia stato il primo Vangelo scritto. Egli crede che la prima comunità ''Q'' comprendesse Gesù in termini più simili al cinismo che all'ebraismo. Vale a dire, Gesù era visto come iconoclasta e controculturale, non affermando l'eredità di Israele e le aspirazioni escatologiche. Di conseguenza, Mack dice: "Come ricordato dal popolo di Gesù, Gesù era molto più simile al maestro cinico che a un Cristo-Salvatore o a un messia con un programma di riforma sociale e religiosa ebraica del Secondo Tempio".<ref>B. L. Mack, ''The Lost Gospel: The Book of Q and Christian Origins'' (San Francisco: HarperCollins, 1993), 245. Solo il primo strato di ''Q'', dice Mack, era cinico. Per una prospettiva simile, si veda L. Vaage, "Q and Cynicism: On Comparison and Social Identity", in R. A. Piper (cur.), ''The Gospel behind the Gospels: Current Studies on Q'' (NovTSup 75; Leiden: Brill, 1994) 199–229; ''idem'', ''Galilean Upstarts: Jesus’ First Followers according to Q'' (Valley Forge: Trinity Press International, 1994).</ref> Mack continua a fare appello alle tradizioni premarciane e al [[Vangelo di Tommaso]] per sostenere una visione che ha colpito la maggior parte degli studiosi neotestamentari e degli studiosi di Gesù come implausibile. Lo studio di Mack su ''Q'' è più o meno il continuo del suo precedente studio del Vangelo di Marco, pubblicato a fine anni ’80 e intitolato ''A Myth of Innocence: Mark and Christian Origins''. Discutendo dallo stile del ministero di Gesù e da quella che crede essere stata l'essenza del suo messaggio, Mack conclude che i contemporanei di Gesù avrebbero prontamente riconosciuto il maestro galileo come un cinico. Due citazioni di questo libro riassumono l'essenza della sua prospettiva. Secondo il biblista statunitense: * L'uso di parabole, aforismi e risposte argute da parte di Gesù è molto simile al modo in cui i cinici usano le parole. Molti dei suoi temi sono temi cinici familiari. E il suo stile di critica sociale, diffidente e vago, concorda anche con la tipica posizione cinica. * L'autoconsapevolezza del cinico deve essere presa sul serio come quella che molti del resto avrebbero dovuto aspettarsi da Gesù. Non solo lo stile di critica sociale da parte di Gesù si confronta favorevolmente col cinismo, ma anche i suoi temi e argomenti sono molto più vicini all'idioma cinico che non a quelli caratteristici del pietismo ebraico pubblico. Si cerca invano un impegno diretto di interessi specificamente ebraici. La critica che Gesù fa nei suoi discorsi non viene diretta specificamente alle questioni istituzionali ebraiche, né le sue raccomandazioni attingono a concetti e autorità chiaramente ebraiche... L'analogia cinica riposiziona il Gesù storico lontano da un ambiente settario specificamente ebraico e verso l'ethos ellenistico noto per aver prevalso in Galilea.<ref>B. L. Mack, ''A Myth of Innocence: Mark and Christian Origins'' (Minneapolis: Fortress, 1988) 68, 73.</ref> Le affermazioni negative di Mack qui sono semplicemente mozzafiato. Non meno sorprendenti sono i commenti laudatori sul retro di copertina del suo libro. Ad esempio, Werner Kelber afferma: "''A Myth of Innocence'' is the most penetrating historical work on the origins of Christianity written by an American scholar in this century (= ''A Myth of Innocence'' è l'opera storica più penetrante sulle origini del cristianesimo scritta da uno studioso americano in questo secolo). A questa iperbole [[:en:w:Ron Cameron (biblical scholar)|Ron Cameron]] aggiunge: "''A Myth of Innocence'' is surely one of the most important studies of the origins of Christianity since Schweitzer’s ''Quest'' (= ''A Myth of Innocence'' è sicuramente uno degli studi più importanti sulle origini del cristianesimo dai tempi del ''Quest'' di Schweitzer). Veramente. Recensori e studiosi, tuttavia, non sono stati così euforici.<ref>Per un assaggio, si veda A. Y. Collins, ''JBL'' 108 (1989) 726–29. L'iperbole di Kelber (presa dalla sua recensione su ''CBQ'' 52 [1990] 161–63, qui 162) però si indebolisce quando afferma che Mack è arrivato a "conclusioni alquanto strane" e che non è giusto incolpare Marco "di tutti i mali dell'Occidente, partendo dalle crociate fino all'Olocausto..." (qui 163). Più recentemente, si veda P. R. Eddy, "Jesus as Diogenes? Reflections on the Cynic Jesus Thesis", ''JBL'' 115 (2006) 449–69; e la risposta di F. G. Downing, "Deeper Reflections on the Jewish Cynic Jesus", ''JBL'' 117 (1998) 97–104.</ref> Praticamente ogni disconoscimento che Mack fa nella seconda citazione ''supra'' è falsa. Ma esaminiamole tutte e due a turno. '''''In primo luogo''''', Mack afferma: "Lo stile di critica sociale di Gesù si confronta favorevolmente col cinismo". A questo rispondo, no, in realtà non si confronta proprio per niente. Lo stile di critica sociale di Gesù differisce notevolmente dallo stile cinico in molti punti (di più su questo cfr. sotto). Inoltre, nella prima citazione Mack aggiunge che "anche lo stile di critica sociale di Gesù, diffidente e vago, concorda con la tipica posizione cinica". In che modo la critica sociale di Gesù è "diffidente e vaga"? La sua critica feroce ai farisei, con i quali differiva in materia di ''[[w:halakhah|halakhah]]'' e di interpretazione della missione, e le sue critiche e minacce profetiche dirette contro l'establishment del Tempio sono tutt'altro che diffidenti e vaghe. A dire il vero Gesù, quando vuole e la situazione lo richiede, può essere estremamente astuto e intelligente. Affronta abilmente le domande sulla sua autorità ({{passo biblico2|Marco|11:27-33}}) e se creda o meno che le tasse debbano essere pagate a Roma ({{passo biblico2|Marco|12:13-17}}). Ma le sue risposte ambigue in queste occasioni non esemplificano diffidenza, ma discrezione strategica. [[File:Diogenes looking for a man - attributed to JHW Tischbein.jpg|right|250px|thumb|<small>''"[[w:Diogene di Sinope|Diogene]] cerca l'Uomo"'', olio di [[w:Johann Heinrich Wilhelm Tischbein|Johann Heinrich Wilhelm Tischbein]] (XVIII sec.)</small>]] Impressionato dai parallelismi di Gerald Downing tra i detti di Gesù e quelli che si pensava fossero stati pronunciati dai cinici o fossero rappresentativi del pensiero e del comportamento cinici,<ref>F.G. Downing, ''Christ and the Cynics: Jesus and Other Radical Preachers in First-Century Tradition'' (JSOT Manuals 4; Sheffield: JSOT Press, 1988); ''idem'', ''Cynics and Christian Origins'' (Edinburgh: T. & T. Clark, 1992).</ref> e accettando prontamente le conclusioni raccomandate da Mack, anche [[w:John Dominic Crossan|Dom Crossan]] ha sostenuto che la filosofia e lo stile di vita del cinico fornisce il modello più vicino al quale si dovrebbe guardare Gesù.<ref>J. D. Crossan, ''The Historical Jesus: The Life of a Mediterranean Jewish Peasant'' (San Francisco: HarperCollins, 1991) partic. 421–22. Crossan ha dato a questa tendenza popolare la sua espressione più eloquente. Molti degli studi emanati dal ''Jesus Seminar'' prendono un approccio simile, compresi gli studi sulla Fonte ''"Q"'' alla base di Matteo e Luca. Sebbene sia vero che i ricercatori di ''Q'' sono principalmente interessati alle ideologie delle ipotetiche comunità ''Q'' e non al Gesù storico, le loro descrizioni di queste ideologie hanno avuto la tendenza a rafforzare nella mente pubblica, così come nella mente accademica, l'immagine del Gesù ellenistico che aveva poco interesse per le questioni che riguardavano gli ebrei palestinesi del I secolo. Nel caso di Mack, tuttavia, la sua interpretazione della prima comunità ''Q'' come interpretazione di "Gesù cinico" supporta, secondo lui, la sua visione di Gesù quale cinico.</ref> Il cinico portava tipicamente un mantello (τρίβων), una sacca da mendicante (πήρα), un bastone (βακτηρία), e di solito andava a piedi nudi (vedi [[w:Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], ''Orationes'' 6.201A). Il cinico era "controculturale", spiega Crossan, e "sembrava sufficientemente diverso da ciò che era normale per gli standard sociali contemporanei".<ref>Crossan, ''The Historical Jesus'', 85, 83.</ref> Il cinico si considerava libero sotto Zeus e spesso si considerava il collaboratore della divinità. L'implicazione di queste osservazioni, ritiene Crossan, è che Gesù stesso fosse un cinico ebreo. Ci sono paralleli superficiali, certo. Il ministero itinerante di Gesù, il suo modo modesto di mezzi e abiti, il suo ripudio del potere politico e del materialismo, le sue pratiche egualitarie, il suo celibato e la sua critica dell'establishment religioso sono tutti in linea con la teoria e la pratica tipiche dei cinici del I secolo, almeno per quanto possiamo determinare. Ma poi, alcune di queste caratteristiche sono anche vere per gli Esseni e vari altri individui ebrei (e vere, potrei aggiungere, per i profeti di Israele del periodo classico). Erano anche loro cinici? I sostenitori dell'ipotesi cinica di solito fanno appello al Discorso Missionario: "Comandò loro di non prendere niente per il viaggio; né pane, né sacca (πήρα), né denaro nella cintura, ma soltanto un bastone (ῥάβδον) ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche (χιτὧν)" ({{passo biblico2|Marco|6:8-9}}). Nei paralleli di Matteo e Luca, anche il bastone è escluso ({{passo biblico2|Matteo|10:10}}; {{passo biblico2|Luca|9:3;10:4}}). In contrasto con le istruzioni di Gesù, i cinici presero una borsa e un bastone; in effetti, questi oggetti erano i loro segni caratteristici: "Ciò che rende cinico un cinico è la sua borsa e il suo bastone e la sua grande bocca" ([[w:Epitteto|Epitteto]] 3.22.50; cfr. [[w:Luciano di Samosata|Luciano]], ''De Morte Peregrini'' 15; [[w:Diogene Laerzio|Diogene Laerzio]], ''[[w:Vite e dottrine dei filosofi illustri|Vite e dottrine dei filosofi illustri]]'' 6.13; Ps.-Diogene 30.3).<ref>Si veda Downing, ''Christ and the Cynics'', 47–48.</ref> Tuttavia, l'unico parallelismo con Gesù è nel dare istruzioni su cosa indossare e cosa portare nel proprio viaggio. L'unica concordanza specifica è quella di prendere il bastone (se seguiamo Marco; se non lo facciamo, non c'è concordanza). La verga, tuttavia, è difficilmente distintiva dei cinici. Al contrario, nel contesto ebraico il bastone ha una lunga e distinta associazione coi patriarchi (ad esempio, {{passo biblico2|Genesi|32:10}} [Giacobbe]; {{passo biblico|Genesi|38:18}} [Giuda]), e col grande legislatore e suo fratello (ad esempio, {{passo biblico2|Esodo|4:4}} [Mosè]; {{passo biblico|Esodo|7:9}} [Aronne]). Inoltre, è anche un simbolo d'autorità regale, che figura in testi che in una successiva interpretazione assumono un significato messianico ed escatologico (ad esempio, {{passo biblico2|Genesi|49:10}}; {{passo biblico2|Isaia|11:4}}; {{passo biblico2|Esdra|19:14}}). Il parallelo con gli Esseni è più stretto di quello coi cinici (Flavio Giuseppe, ''J.W.'' 2.8.4 §125–127). Secondo Giuliano, "il fine e lo scopo della filosofia cinica... è la felicità, ma una felicità che consiste nel vivere secondo natura..." (''Orationes'' 6.193D). Ciò non coincide con ciò che si conosce di Gesù, il cui scopo principale era vivere sotto l'autorità di Dio, come attestato nella Scrittura e sperimentato attraverso il Suo Spirito. I cinici, inoltre, erano noti per aver deriso le usanze sociali e l'etichetta, come urinare, defecare e avere rapporti sessuali in pubblico (cfr. Cicero, ''De officiis'' 1.128; Diogene Laerzio, ''Vite e dottrine dei filosofi illustri'' 6.69; Epitteto, ''Discorsi'' 2.20.10 ["Mangia e bevi e copula e defeca e russa"]; Seneca, ''[[w:Epistulae morales ad Lucilium|Epistulae morales]]'' 91.19 ["Che differenza fa per me", chiede, "da quale estremità esce il rumore?"). Niente di tutto questo assomiglia in alcun modo a ciò che si sa di Gesù e dei suoi primi seguaci. '''''In secondo luogo''''', Mack pensa che "i temi e gli argomenti (di Gesù) siano molto più vicini all'idioma cinico che a quelli caratteristici del pietismo ebraico pubblico". Una simile affermazione può essere fatta solo da qualcuno che non conosce a sufficienza la lingua e i temi dei Rotoli del Mar Morto, gli apocrifi e gli pseudepigrafi ebraici e la prima letteratura rabbinica. Un attento esame dei paralleli tra Gesù e le presunte tradizioni ciniche che Downing ha addotto rivela che questi "paralleli" sono di solito abbastanza generali. Inoltre, molti dei paralleli di Downing sono con fonti probabilmente non ciniche, quindi alcuni di questi paralleli riflettono il mondo mediterraneo della tarda antichità più di quanto non facciano i tratti distintivi cinici. Nonostante i suoi difetti, il gran numero di paralleli tra i detti di Gesù e la tradizione rabbinica compilati nel ''Kommentar'' di [[:en:w:Paul Billerbeck|Paul Billerbeck]] (che Mack non cita da nessuna parte nei suoi libri) attesta la stretta correlazione tra il primo linguaggio rabbinico e i temi e gli argomenti di Gesù. Ci sono paralleli impressionanti tra Gesù e i rabbini in parabole, proverbi e preghiere.<ref>Questi vengono riassunti ed esaminati in C. A. Evans, ''Jesus and His Contemporaries: Comparative Studies'' (AGJU 25; Leiden: Brill, 1995) 251–97. Per analisi più dettagliate, si vedano P. Fiebig, ''Die Gleichnisreden Jesu im lichte der rabbinischen Gleichnisse des neutestamentlichen Zeitalters'' (Tübingen: Mohr [Siebeck], 1912); G. Dalman, ''Jesus-Jeshua: Studies in the Gospels'' (Londra: SPCK, 1929); W. O. E. Oesterley, ''The Gospel Parables in the Light of Their Jewish Background'' (Londra: Macmillan, 1936); D. Flusser, "Sanktus und Gloria", in O. Betz, M. Hengel e P. Schmidt (curr.), ''Abraham unser Vater: Juden und Christen im Gespräch über die Bibel'' (O. Michel Festschrift; Leiden: Brill, 1963) 129–52; J. Jeremias, ''The Parables of Jesus'' (Londra: SCM; New York: Scribner’s, 1963); J. J. Petuchowski e M. Brocke (curr.), ''The Lord’s Prayer and Jewish Liturgy'' (New York: Seabury, 1978); D. Flusser, ''Die rabbinischen Gleichnisse und der Gleichniserzähler Jesus'' (Berna: Peter Lang, 1981); B. H. Young, ''Jesus and His Jewish Parables'' (New York: Paulist, 1989); H. K. McArthur e R. M. Johnston, ''They Also Taught in Parables: Rabbinic Parables from the First Centuries of the Christian Era'' (Grand Rapids: Zondervan, 1990).</ref> Sebbene il lavoro di Billerbeck sia stato criticato in molti punti, è ampiamente riconosciuto che la miriade di paralleli assemblati in quest'opera attesta drammaticamente l'ebraicità del contenuto e della forma del discorso e del comportamento di Gesù. '''''In terzo luogo''''', Mack fa la sorprendente e assurda affermazione che "Si cerca invano un impegno diretto di interessi specificamente ebraici". Al contrario, Gesù impegna i suoi contemporanei in questioni relative alla purezza e al Sabbath, i principali segni attraverso i quali le persone della tarda antichità riconoscevano prontamente una persona ebrea. Sebbene Gesù sia spesso criticato per aver mantenuto un'intesa halakhica diversa da quella degli altri maestri, da nessuna parte nelle sue risposte troviamo indicazioni che Gesù denigrasse o rifiutasse i soggetti stessi della Legge. Non ci sono buone ragioni per porre i particolari dell'insegnamento di Gesù al di fuori dei parametri della pratica religiosa ebraica e del dibattito ebraico della tarda antichità. Forse un impegno ancora più pronunciato con gli interessi ebraici si vede nella proclamazione di Gesù del regno di Dio. Un messaggio del genere avrebbe sensibilizzato direttamente le speranze ebraiche di redenzione nazionale. Qui sta una stragrande debolezza nell'approccio "cinico" che Mack e altri hanno adottato. Mack afferma che la frase "regno di Dio" è piuttosto rara nella letteratura ebraica non cristiana.<ref>Si veda B. L. Mack, "The Kingdom Sayings in Mark", ''Forum'' 3 (1987) 3–47. Per un'affermazione ed estensione acritica di questa opinione, si veda J. G. Williams, "Neither Here nor There: Between Wisdom and Apocalyptic in Jesus’ Kingdom Sayings", ''Forum'' 5 (1989) 7–30.</ref> L'implicazione è che questo ''[[:en:w:theologoumenon|theologoumenon]]'' sia più un concetto cristiano e post-Gesù, non qualcosa che deriva direttamente dall'ebraismo. A questo [[w:Bruce Chilton|Bruce Chilton]] ha risposto in termini intransigenti: "Siamo chiari: Mack ha torto, e il suo tentativo di interpretare la predicazione di Gesù esclusivamente sulla base di antecedenti ellenistici riesce solo nella misura in cui testi giudaici come i ''Targum'' a lungo conosciuti e studiati vengono volontariamente ignorati dagli studiosi che dovrebbero saperne di più che impegnarsi in tali speciali profferte."<ref>B. Chilton, "The Kingdom of God in Recent Discussion", in B. Chilton & C. A. Evans (curr.), ''Studying the Historical Jesus: Evaluations of the State of Current Research'' (NTTS 19; Leiden: Brill, 1994) 255–80, qui 269.</ref> Chilton ha ragione. Il concetto del governo di Dio è radicato nella Scrittura stessa. L'espressione "regno di [[w:YHWH|YHWH]]" ricorre in {{passo biblico2|1Cronache|28:5}}; {{passo biblico2|2Cronache|13:8}}. Ci sono anche riferimenti indiretti al regno di Dio, in cui viene usato un pronome (cfr.{{passo biblico2|1Cronache|29:11}}; {{passo biblico2|Salmi|22:28}}; {{passo biblico2|Obadia|21}}; {{passo biblico2|Daniele|4:3,34;7:27}}; {{passo biblico2|Salmi|22:28;103:19;145:11-13}}). Inoltre, nelle Scritture Ebraiche Dio è spesso chiamato "re" (מלד) si dice che "regni" (מלד). Si pensa soprattutto ai Salmi di intronizzazione (ad esempio, {{passo biblico|Salmi|47,93,96-99}}) dove si sente spesso il ritornello "YHWH è diventato re!" A parte i Vangeli e gli scritti del Nuovo Testamento, la frase greca è certamente rara, con ''[[w:Salmi di Salomone|Sal. Sal.]]'' 17: 3 (ή βασιλεία τοῦ θεοῦ ἡμῶν) e ''Sap.'' 10:10 (βασιλείαν θεοῦ) che forniscono esempi. [[w:Filone di Alessandria|Filone]] parla allo stesso modo di Dio come re (''Cherub.'' 29; ''Post. Caini'' 5, 105 [πρῶτος καὶ μόνος τῶν ὅλων βασιλεὺς ὁ θεός ἑστι]; ''Agric.'' 51, 78; ''Conf. Ling.'' 173, parafrasando {{passo biblico2|Deuteronomio|10:17}}; ''Migr. Abr.'' 146; e molti altri). Ma la rarità dell'espressione in greco significa ben poco nella discussione sulla dizione del Gesù di lingua aramaica. Chilton attira la nostra attenzione su diversi esempi importanti delle apparizioni della frase aramaica דאלהא / דיהוה מלכוהא ("regno di Dio/YHWH"), che ricorre dieci volte in otto passaggi (''Tg. Isa.'' 24:23; 31:4; 40:9; 52:7; ''Tg. Ez.'' 7:7, 10; ''Tg. Obad.'' 21; ''Tg. Mic.'' 4:7, 8; ''Tg. Zacc.'' 14:9). Di particolare interesse è il ''Tg. Mic.'' 4:7-8, in cui l'apparizione del regno di Dio è associata alla venuta del Messia.<ref>B. Chilton, ''The Glory of Israel: The Theology and Provenience of the Isaiah Targum'' (JSOTSup 23; Sheffield: JSOT Press, 1982) 77–81; cfr. Evans, ''Jesus and His Contemporaries'', 155–81.</ref> La maggior parte di questi passaggi parlano dell'apparizione o della rivelazione del regno di Dio e quindi la concepiscono in termini escatologici. I Rotoli del Mar Morto contribuiscono alle determinanti prove targumiche di Chilton. Qui si trovano riferimenti al regno di Dio (anche se quasi sempre utilizzando il pronome personale) nelle varie edizioni dell'[[w:Songs of the Sabbath Sacrifice|Inno del Sacrificio del Sabbath]]. Questi riferimenti includono "il suo regno" (4Q403 1 i 32), "il suo regno altissimo" (4Q403 1 i 8; 1 i 14; 4Q405 3 ii 4; MasSS 2:20), "il suo regno glorioso" (4Q403 1 i 25; 4Q405 23 i 3; ii 11-12), "tutto il Suo regno" (4Q403 1 i 32-33), "il tuo regno" (4Q400 1 ii 3; 2 1; 4Q401 14 i 7), "il tuo glorioso regno" (4Q401 14 i 6) e "il glorioso regno del Re di tutti gli d[ei]" (4Q405 24 3).<ref>21 See A. M. Schwemer, "Gott als König und seine Königsherrschaft in den Sabbatlieden aus Qumran", in M. Hengel & A. M. Schwemer (curr.), ''Königsherrschaft Gottes und himmlischer Kult im Judentum, Christentum und in der hellenistischen Welt (WUNT 55; Tübingen: Mohr [Siebeck], 1991) 45–118.</ref> Sebbene non sia così frequentemente attestato, l'idea del regno di Dio si trova anche in molti degli scritti pseudepigrafali. Secondo ''Giub.'' 1:28 Dio è "re" che governa "sul monte Sion nei secoli dei secoli". In previsione della restaurazione di Israele, il patriarca Dan profetizza che "il Santo governerà [βασιλεύων] su di loro" (''T. Dan'' 5:13). L'autore del ''[[w:Testamento di Mosè|Testamento di Mosè]]'' predice l'apparizione del regno di Dio dopo che Israele avrà sopportato un periodo di ira: "Allora il suo regno (di Dio) [''regnum illius''] apparirà... Poiché il Celeste sorgerà dal suo trono regale [''a sede regni sui'']" (''T. Mosè'' 10:1, 3). Sullo sfondo di tale dizione e immagini la proclamazione da parte di Gesù del regno di Dio non solo sarebbe stata intelligibile, ma sarebbe stata prontamente percepita come se parlasse alle speranze e alle aspettative di molti dei suoi contemporanei ebrei. La speranza dell'apparizione del regno di Dio, in cui i torti vengono rimessi, il male è bandito e le persone sono rivivificate spiritualmente e fisicamente, non potrebbe essere più inconsistente con il pensiero e il comportamento cinico. '''''In quarto luogo''''', Mack aggiunge: "Né la critica che Gesù fa nei suoi discorsi non viene diretta specificamente alle questioni istituzionali ebraiche". Questo ''disclaimer'', tuttavia, non è convincente. La dimostrazione di Gesù nel recinto del Tempio, un atto che molti considerano giustamente una tradizione fondamentale, era diretta specificamente verso la politica e la pratica della singola istituzione ebraica più importante. Come Mack possa affermare quello che afferma, è molto difficile da comprendere. La sua affermazione negativa è parte integrante della sua dubbia asserzione che l'esecuzione di Gesù non ebbe nulla a che fare con il suo ministero, ma fu probabilmente lo sfortunato risultato d'essere stato "associato a una dimostrazione". Mack crede che il legame tra le attività pubbliche e gli insegnamenti di Gesù e il suo successivo arresto, interrogatorio ed esecuzione sia stata un'invenzione letteraria e teologica da parte dell'evangelista marciano.<ref>Mack, ''A Myth of Innocence'', 88–89, 282. Mack commenta: "Gesù deve essere andato lì in qualche occasione, molto probabilmente durante un periodo di pellegrinaggio, fu associato a una manifestazione e fu ucciso... Alcuni dei suoi seguaci apparentemente videro una connessione tra l'attività di Gesù in Galilea e il suo destino a Gerusalemme" (pp. 88-89); "Il tema evangelico deve quindi essere una fabbricazione successiva al 70 e.v. Prima di allora lo scenario sarebbe apparso ridicolo" (p. 282). Lo studente di Mack, David Seeley ("Was Jesus like a Philosopher? The Evidence of Martyrological and Wisdom Motifs in Q, Pre-Pauline Traditions, and Mark", in D.J. Lull [cur.], ''Society of Biblical Literature 1989 Seminar Papers'' [SBLSP 28; Atlanta: Scholars Press, 1989] 540–49, qui 548) concorda, aggiungendo che l'evangelista "Marco s'inventò la cospirazione ebraica contro Gesù per sue ragioni redazionali... la morte stessa fu probabilmente solo un errore" (cioè, in quanto Pilato fraintese le intenzioni di Gesù). Qui sì che siamo nel ridicolo!</ref> Anche in questo caso il ragionamento di Mack è difettoso, e la sua interpretazione errata e la trascuratezza delle fonti pertinenti sono eclatanti.<ref>Con una breve nota (''Myth of Innocence'', 225 n. 12) Mack respinge il collegamento di Giovanni al ministero di Gesù e successiva esecuzione, sostenendo che il quarto Vangelo dipende dai Sinottici. In questo modo spazza via il giudizio critico di diversi studiosi giovannei. Inoltre non tiene conto di un collegamento simile tra il ministero pubblico e l'opposizione mortale del Sommo sacerdote attestata in Flavio Giuseppe, ''Ant.'' 18.3.3 §63–64. Nella parte di questo testo abbellito, che praticamente tutti considerano autentico, Flavio Giuseppe descrive Gesù come un insegnante e taumaturgo che fu accusato dagli "uomini dirigenti" (cioè i sacerdoti al potere) davanti al governatore romano. Abbiamo qui un importante punto di accordo tra Marco, Giovanni (che è sicuramente indipendente dai Sinottici) e Flavio Giuseppe: le attività pubbliche di Gesù provocarono i sacerdoti, la cui accusa davanti a Pilato portò all'esecuzione di Gesù. Si veda Evans, ''Jesus and His Contemporaries'', 301–18, 345–52.</ref> Mack crede che il racconto di Marco dell'azione di Gesù nel Tempio sia una finzione, perché non trova prove di un orientamento anti-Tempio da parte di Gesù. Dove Mack va fuori strada è nel pensare che l'azione di Gesù dovrebbe essere intesa in termini anti-tempio. Se avesse considerato paralleli storici, avrebbe potuto pensare meglio. Ad esempio, gli insegnanti che durante una festa religiosa incitarono la folla a tirare limoni ad [[w:Alessandro Ianneo|Alessandro Ianneo]], il sacerdote asmoneo (c. 100 p.e.v.) che si stava preparando a offrire un sacrificio (cfr. Flavio Giuseppe, ''Ant.'' 13.13.5 §372–373), lo fecero non a causa di un pregiudizio anti-Tempio, ma a causa di un'intensa lealtà per la purezza del Tempio e la santità dell'ufficio di Sommo Sacerdote.<ref>Secondo F. Giuseppe, i critici di Alessandro dissero che "egli discendeva da prigionieri e non era idoneo al sacerdozio e al offrire sacrifici".</ref> [[File:Jean-Léon Gérôme - Diogenes - Walters 37131.jpg|right|250px|thumb|<small>''"Diogene il Cinico"'', olio di [[w:Jean-Léon Gérôme|Jean-Léon Gérôme]] (1860)</small>]] Similmente, Gesù fa appello agli oracoli profetici al momento della sua azione nei recinti del Tempio ({{passo biblico2|Marco|11:17}}), oracoli che nel caso di {{passo biblico2|Isaia|56}} attendevano con ansia un'era gloriosa in cui il Tempio di Gerusalemme sarebbe stato apprezzato e onorato dal mondo.<ref>L'oracolo presente in Isaia 56 riecheggia la preghiera di dedicazione diSalomone, in cui viene espressa la speranza che tutti i popoli verranno al Tempio di Gerusalemme e adoreranno Dio; cfr. C. A. Evans, "From ‘House of Prayer’ to ‘Cave of Robbers’: Jesus’ Prophetic Criticism of the Temple Establishment", in C. A. Evans & S. Talmon (curr.), ''The Quest for Context and Meaning: Studies in Biblical Intertextuality in Honor of James A. Sanders'' (BIS 28; Leiden: Brill, 1997) 417–42.</ref> Ma a causa della commercializzazione e della concomitante riduzione dei pragmata del sacrificio,<ref>Per una discussione ed abile difesa di questa linea d'interpretazione, si veda B. Chilton, ''The Temple of Jesus: His Sacrificial Program Within a Cultural History of Sacrifice'' (University Park: Penn State Press, 1992) 91–111.</ref> Gesù si appellò al minaccioso oracolo di {{passo biblico2|Geremia|7}}. Chiamando il Tempio un "covo di ladroni" Gesù non era più anti-Tempio di quanto non lo fosse stato il primo grande profeta templare Geremia. Il disappunto che Gesù espresse nei riguardi dell'istituzione del Tempio per non aver conseguito la funzione esaltata prevista in Isaia 56 sottolinea escluysivamente la lealtà di Gesù al Tempio e la sua fede nella sua importanza duratura. In breve, l'azione di Gesù nei sacri recinti offre la prova della disposizione esattamente opposta di ciò che Mack immagina erroneamente. L'azione di Gesù nel Tempio fornisce una prova convincente e significativa che le questioni istituzionali ebraiche erano al centro del programma di Gesù. '''''In quinto luogo''''', Mack non solo afferma che la critica di Gesù non era diretta specificamente verso le questioni istituzionali ebraiche, ma aggiunge anche che le "raccomandazioni di Gesù (non) attingono a concetti e autorità ovviamente ebraiche". Questa è una strana dichiarazione di non responsabilità in considerazione del frequente appello di Gesù alla Scrittura e al retaggio ebraico. Sebbene non tutte le citazioni o parafrasi della Scrittura attribuite a Gesù derivino necessariamente da Gesù,<ref>Su tale questione, si veda R. T. France, ''Jesus and the Old Testament'' (Londra: Tyndale, 1971).</ref> la tendenza di Mack e di molti partecipanti al ''Jesus Seminar'' di respingere questo materiale è del tutto ingiustificata. È proprio a questo punto che il ''Jesus Seminar'' ha ricevuto alcune delle sue critiche più acute.<ref>Si vedano R. B. Hays, "The Corrected Jesus", ''First Things'' 43 (Maggio, 1994) 43–48; D. E. Timmer, ''Perspectives'' 9 (1994) 18–20; C. J. Schlueter, ''Consensus'' 21 (1995) 141–43; J. Schlosser, ''BZ'' 39 (1995) 269–71; M. L. Soards, ''TToday'' 52 (1995) 270–72; C. M. Tuckett, ''JTS'' 46 (1995) 250–53; Evans, ''Jesus and His Contemporaries'', 1–49. Per una critica di Crossan, ''The Historical Jesus'', si veda N. T. Wright, "Taking the Text with Her Pleasure", ''Th'' 96 (1993) 303–10.</ref> In effetti, Chilton ha plausibilmente sostenuto che Gesù dovrebbe essere visto come un rabbino, sia nel suo modo di comportarsi (nell'insegnare ai discepoli) che nel suo stile di argomentazione scritturale, che in molti punti è coerente con temi, esegesi e dizione della parafrasi aramaica della Scrittura.<ref>Si veda B. Chilton, ''A Galilean Rabbi and His Bible: Jesus’ Use of the Interpreted Scripture of His Time'' (GNS 8; Wilmington: Glazier, 1984); ''idem'' e C. A. Evans, "Jesus and Israel’s Scriptures", in Chilton & Evans (curr.), ''Studying the Historical Jesus: Evaluations of the State of Current Research'' (NTTS 19; Leiden: Brill, 1994) 281–335; Evans, "‘Do This and You Will Live’: Targumic Coherence in Luke 10:25–28", in Chilton & Evans, ''Jesus in Context: Temple, Purity, and Restoration'' (AGJU 39; Leiden: Brill, 1997) 277–93.</ref> Con riferimento al suo comportamento, l'azione di Gesù nel Tempio ricorda le proteste guidate dai maestri in epoca asmonea ed erodiana e anticipa proteste, didattiche o profetiche, negli anni che precedettero la grande guerra nel 66-70 e.v.<ref>Per il periodo asmoneo abbiamo l'incidente che coinvolge Alessandro Ianneo. Nel periodo erodiano abbiamo gli insegnanti che persuasero dei giovani a distruggere l'aquila d'oro nei precinti templari (F. Giuseppe, ''J.W.'' 1.33.2-4 §648–655; ''Ant.'' 17.6.2–4 §149-167) e la risposta all'insegnamento di Hillel in merito alla proprietà di animali dedicati al sacrificio (''t. Hag.'' 2.11; ''y. Hag.'' 2.3; ''y. Besa.'' 2.4; ''b. Besa.'' 20a–b). Negli anni che portano alla grande guerra abbiamo la dimostrazione di Simeon ben Gamaliel che protestò contro le truffe sui prezzi nel Tempio (''m. Ker.'' 1:7) e Gesù ben Ananias che profetizzò la distruzione di Gerusalemme e del Tempio (''J.W.'' 6.5.3 §300–309).</ref> '''''In sesto e ultimo luogo''''', Mack afferma che "l'analogia cinica riposiziona il Gesù storico lontano da un ambiente settario specificamente ebraico e verso l'ethos ellenistico noto per aver prevalso in Galilea". Le prove, tuttavia, proprio non supportano tale conclusione. Le due città più grandi ed ellenizzate della Galilea erano [[w:Zippori|Zippori]] e [[w:Tiberiade|Tiberiade]]. La prima è a circa due ore a piedi da Nazaret, la città di Gesù. Curiosamente, non c'è traccia che Gesù abbia mai visitato nessuna di queste due città durante il suo ministero. Inoltre, nessuna prova è stata ancora addotta, né archeologica né letteraria, a dimostrare che i cinici vivessero in queste città o in qualsiasi altro luogo della Galilea all'inizio del I secolo.<ref>I lavori archeologici in corso a Zippori suggeriscono che prima del 70 e.v. la città fosse in gran parte ebrea. Vasche rituali di immersione (= ''[[w:mikveh|mikvaot]]'') e pentole d'acqua in pietra, come anche l'assenza di ossa di maiale tra i resti faunistici nonché l'assenza di alcuni edifici tipici delle città greco-romane, fanno pensare che non solo Zippori fosse una città molto ebraica, ma che la presenza dei Gentili fosse trascurabile. Per ulteriori informazioni su questo punto, si veda M. Chancey e E. M. Meyers, "How Jewish Was Sepphoris in Jesus’ Time?" ''BARev'' 26.4 (2000) 18–33, 61.</ref> L'"analogia cinica" non riposiziona il Gesù storico lontano da un ambiente ebraico, poiché l'analogia rimane non dimostrata, impropria e altamente improbabile. Mack, inoltre, dice che "l'uso di parabole, aforismi e risposte intelligenti da parte di Gesù è molto simile al modo in cui i cinici usano le parole". Questo è vero, ma solo superficialmente. Ciò che viene trascurato è che l'uso di parabole, aforismi e risposte intelligenti da parte di Gesù è più vicino al modo in cui i rabbini usano le parole. Ancora una volta, si dovrebbe attirare l'attenzione sulla massa di paralleli assemblati da Billerbeck e sull'ampia letteratura accademica che è stata prodotta negli ultimi anni da studiosi che studiano Gesù alla luce dei Rotoli del Mar Morto e dei primi ''[[:en:w:Jewish ceremonial art|Judaica]]''. Mack afferma inoltre che "Molti dei temi (di Gesù) sono familiari temi cinici". Di nuovo, questo è vero solo in un senso molto generale. I temi di Gesù sono infatti familiari temi rabbinici. Ad esempio, circa la metà delle circa 325 parabole [[w:Tannaim|tannaitiche]] raffigurano Dio come un re; allo stesso modo, circa la metà delle parabole di Gesù riguardano il regno di Dio. I parallelismi tematici e strutturali tra le parabole di Gesù e le parabole dei rabbini sono vasti, tanto che un recente interprete delle parabole suggerisce correttamente che Gesù e i rabbini si siano basati su un comune [[w:thesaurus|thesaurus]] di vocabolario e immagini.<ref>B. B. Scott, ''Hear Then the Parable: A Commentary on the Parables of Jesus'' (Minneapolis: Fortress, 1989) 18.</ref> In sintesi, i paralleli di Downing sono per la maggior parte abbastanza generali; i migliori parallelismi che egli adduce frequentemente sono con Giuseppe Flavio, Filone, altra letteratura ebraica antica e letteratura rabbinica. David Aune commenta che mentre "i paralleli isolati sono interessanti da una prospettiva fenomenologica, ''solo le strutture parallele di pensiero e comportamento possono essere considerate come aventi una possibile relazione storica o genetica''. Masse di paralleli isolati dimostrano poco..." (suo corsivo).<ref>D. E. Aune, "Jesus and Cynics in First-Century Palestine: Some Critical Considerations", in J. H. Charlesworth & L. L. Johns (curr.), ''Hillel and Jesus: Comparisons of Two Major Religious Leaders'' (Minneapolis: Fortress, 1997) 176–92, qui 185.</ref> Il punto di vista di Aune è molto giusto e fondato. Quando si tiene conto del contesto e della struttura più completi del pensiero e del comportamento di Gesù, siamo colpiti dal suo rapporto con l'ebraismo della tarda antichità e dalle questioni che preoccupavano molti dei suoi correligionari. I paragoni di Crossan e Mack con i cinici sono utili in quanto ci aiutano a comprendere meglio il contesto sociale in cui Gesù sarebbe stato visto dai suoi contemporanei. Alcuni aspetti del ministero di Gesù sarebbero probabilmente apparsi "cinici", almeno superficialmente, all'aristocrazia ebraica e all'establishment religioso dei suoi giorni. Ma le prove sono ben lungi dal portare alla conclusione che Gesù in realtà pensasse a se stesso come un cinico. Il problema principale con la proposta di Crossan e Mack è che non siamo troppo sicuri di cosa fosse veramente il vero cinico. La maggior parte del nostro materiale primario è stata tramandata dagli [[w:stoicismo|stoici]], i cui ritratti idealizzati forniscono a malapena il realismo necessario per confronti validi (vedi, ad esempio, Epitteto, ''Discorsi'' 3.22). Il cinismo si evolse nel corso di diversi secoli e aveva già circa quattro secoli al tempo di Gesù. Non esiste un corpo di dottrina o una descrizione coerente di prima mano (come nell'epicureismo o nello stoicismo). Tuttavia, Crossan, Mack e altri pensano di poter ricostruire il cinismo attingendo a fonti che abbracciano circa sei secoli. Prendendo e scegliendo, principalmente dal [https://books.google.co.uk/books/about/Christ_and_the_Cynics.html?id=L9XYAAAAMAAJ&redir_esc=y ''Christ and the Cynics'' di Gerald Downing], una raccolta di "paralleli" simile a quella di Strack-Billerbeck, Crossan e compagnia bella trovano diversi punti di contatto che li portano a concludere che Gesù era un cinico ebreo. Mentre è vero che sia i cinici che Gesù erano in un certo senso controculturali, l'opposizione di Gesù alle istituzioni del suo tempo, per quanto ne sappiamo, era abbastanza distintiva dall'opposizione espressa dai cinici. In effetti, probabilmente non è corretto nei confronti dei cinici parlare di "opposizione". I cinici non si opposero alle loro rispettive culture e istituzioni, per quanto li disprezzassero. Non c'era interesse a riformare o restaurare la società, come probabilmente c'era nel caso di Gesù. I cinici riversavano disprezzo sulla società e su ciò che consideravano la sua vanità e futilità. Erano i vandali e gli anarchici della tarda antichità. Ridicolizzarono ciò che la società considerava sacro. Un'analisi più approfondita e più ampia del cinismo rivela che in realtà c'è un ampio divario tra i cinici e Gesù. A questo punto vorrei riassumere quattro dei principali problemi che affliggono l'ipotesi cinica: # Mack, Crossan e altri presumono che i cinici vivessero nella maggior parte delle grandi città al tempo di Gesù. Le prove archeologiche e letterarie suggeriscono che il cinismo fosse in declino all'inizio del I secolo. Una tale ipotesi è quindi del tutto priva di giustificazione. # Mack e soci presumono che i cinici fossero presenti a Zippori, una città vicino a Nazaret, in cui probabilmente operavano Gesù e membri della sua famiglia. Tuttavia, non ci sono prove archeologiche o letterarie della presenza di cinici nella Galilea del I secolo.<ref> Su questo punto generale, si veda R. A. Horsley, ''Archaeology, History, and Society in Galilee: The Social Context of Jesus and the Rabbis'' (Valley Forge: Trinity Press International, 1996). Inoltre si veda il popolare riassunto di Chancey & Meyers, "How Jewish Was Sepphoris in Jesus’ Time?"</ref> Al contrario, ci sono prove sia letterarie che archeologiche della presenza in questa città di sinagoghe, rabbini ed ebrei osservanti della Torah. # Mack e soprattutto Crossan presumono che Gesù sarebbe caduto sotto l'influenza di un cinico o di uno dei cinici incontrati a Zippori. Ma l'annuncio di Gesù del regno di Dio, i suoi dibattiti con gli insegnanti religiosi riguardo al significato e l'applicazione della Scrittura, il suo essere spesso chiamato "rabbì", la coerenza di dizione e tematica del suo insegnamento con le parafrasi aramaiche della Scrittura che emergono nella sinagoga, il suo pellegrinaggio a Gerusalemme per la [[w:Pesach|Pasqua]] e il suo insegnamento nel Tempio, militano tutti contro questo punto di vista. Gesù è meglio compreso come un ebreo religioso impegnato a discutere argomenti di grande interesse per molti ebrei, che vivevano in Giudea e in Galilea. # Le istruzioni di Gesù ai suoi discepoli in realtà sono in tensione con le caratteristiche con cui i cinici sono meglio conosciuti (il bastone, la sacca del mendicante e il mantello consumato). La natura riparatrice del suo messaggio ("Il regno di Dio è giunto") e il suo ministero di guarigione, esorcismo e socializzazione, sono nettamente in tensione con il fatalismo cinico e la propensione all'allontanamento dalla società. Inoltre, non vi è alcuna testimonianza che durante il suo ministero Gesù abbia mai visitato Zippori o Tiberiade, i due più grandi centri urbani della Galilea. Se Gesù fosse stato veramente un cinico, influenzato dai cinici di Zippori, come spieghiamo questa omissione?<ref>Per le critiche recenti e devastanti dell'ipotesi cinica, vedi Aune, "Jesus and Cynics in First-Century Palestine", 176–92; H. D. Betz, "Jesus and the Cynics: Survey and Analysis of a Hypothesis", ''JR'' 74 (1994) 453–75; C. M. Tuckett, "A Cynic Q?", ''Bib'' 70 (1989) 349–76; ''idem'', ''Q and the History of Early Christianity: Studies on Q'' (Edinbugh: T. & T. Clark, 1996) 368–91; B. Witherington, ''Jesus the Sage: The Pilgrimage of Wisdom'' (Minneapolis: Fortress, 1994) 123–43. Witherington trova che l'insegnamento di Gesù sia in pieno accordo con la tradizione sapienziale ebraica della tarda antichità, specialmente come viene esemplificata nella sapienza di [[:en:w:Ben Sira|Yeshua ben Sira]] (cfr. ''[[w:Siracide|Siracide]]''). Le sue scoperte sono generalmente coerenti con l'immagine di Gesù discussa nel presente volume.</ref> No, il modello "cinico" non chiarisce nulla, ma offusca molto. Gesù enfatizzò la Torah, anzi vi fondò la sua teologia e il suo stile di vita. Pensò e insegnò in un quadro di purezza e pietà ebraica (inclusa la saggezza popolare) e cercò la restaurazione di Israele. Questa aspettativa fu elaborata nella sua proclamazione del regno di Dio e delle opere di potenza mediante le quali Gesù e i suoi sostenitori percepirono una prova tangibile della presenza del regno. In numerosi punti gli insegnamenti di Gesù, le sue pratiche ed osservanze sono strettamente paralleli a quelli dei maestri religiosi del suo tempo.<ref>Per un riassunto conciso di numerosi paralleli importanti, si veda A. Finkel, ''The Pharisees and the Teacher of Nazareth'' (AGSJU 4; Leiden: Brill, 1964) partic. 129–75.</ref> Chilton riassume bene le prove generali che consigliano il confronto di Gesù coi rabbini del suo periodo: {{q|Molto di ciò che ci si ricorda Gesù abbia fatto e detto, si adatta bene all'attività rabbinica: la preoccupazione per la purezza e le abluzioni (una preoccupazione che includeva la pratica del battesimo), l'enfasi programmatica sull'insegnamento e la guarigione, lo sviluppo di temi caratteristici nel suo insegnamento (come "il regno di Dio"), il raduno di discepoli per i quali quell'insegnamento era stato presentato in una forma ripetibile o di ''[[w:Mishnah|mishnah]]'' (un sostantivo che deriva dal verbo ''shanah'', "ripetere"). La maggior parte dei passaggi che presentano Gesù in disputa con i contemporanei farisaici, scribali e sacerdotali sono anche in linea con alcuni degli argomenti vigorosi che si incontrano nella letteratura rabbinica. In tutti questi aspetti, l'attività di Gesù sembra sostanzialmente simile a ciò che ci si poteva aspettare da un rabbino.<ref>B. Chilton, ''Pure Kingdom: Jesus’ Vision of God'' (Londra: SPCK; Grand Rapids: Eerdmans) 106–7.</ref>}} Questo non vuol dire che Gesù fosse un rabbino e nient'altro. Ma prima di poter iniziare a valutare il suo insegnamento, i suoi obiettivi e la sua comprensione di sé, bisogna '''metterlo in contesto'''. == Gesù nel suo contesto giudaico == Il posizionamento di Gesù nel suo contesto giudaico appropriato implica lo studio dei paralleli proprio come il posizionamento errato di Gesù in un contesto cinico implica confronti coi paralleli. Ovviamente i paralleli possono essere scivolosi; come le statistiche, i paralleli possono essere usati per provare molte cose.<ref>Si vedano gli utili ''caveat'' offerti da S. Sandmel, "Parallelomania", ''JBL'' 81 (1962) 2–13.</ref> Fatemi illustrare questo punto. La cosiddetta "regola d'oro" di Gesù, che recita: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti" ({{passo biblico2|Matteo|7:12}}), è spesso paragonato a un detto simile attribuito a [[w:Hillel|Hillel]]: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la Torah. Il resto è commento. Va’ e studia" (''b. Shab.'' 31a).<ref>Un altro detto attribuito a Hillel potrebbe essere pertinente: "Sii dei discepoli di Aronne, ama la pace e persegui la pace, ama l'umanità e conducila alla Legge" (''’Abot'' 1:12)</ref> Un simile parallelo offre prove convincenti che collocano Gesù in un contesto giudaico, forsanche rabbinico? La forma positiva della [[w:Etica della reciprocità|Regola d'Oro]] proposta da Gesù non è originale, anche se alcuni commentatori cristiani a volte diano questa impressione. Una forma precedente è attestata nel consiglio di Yeshua ben Sira: "Giudica le esigenze del prossimo dalle tue; e su ogni cosa rifletti" ({{passo biblico2|Siracide|31:15}}). I commentatori hanno talvolta osservato che la forma positiva di Gesù della Regola d'Oro, se non originale, punta a un'etica più elevata, in quanto "richiedeva una dimostrazione assoluta di amore".<ref>Come notato gistamente da D. C. Allison e W. D. Davies, ''A Critical and Exegetical Commentary on the Gospel according to Matthew'', vol. 1 (ICC; Edinburgh: T. & T. Clark, 1988) 687.</ref> In contrasto, la forma negativa della Regola d'Oro, si presume rifletta uno spirito meno generoso. La forma negativa è ampiamente attestata in materiali risalenti al tempo di Gesù e dopo: : E quello che odi, non farlo a nessuno (''Tob.'' 4:15). : Siccome desideri che nessun male ti accada, ma di essere partecipe a tutte le cose buone, così devi agire in base allo stesso principio nei confronti dei tuoi sudditi e trasgressori (''Ep. Arist.'' 207). : Che nessuno faccia ciò che odia sia fatto a lui (Filone, ''Hypothetica, apud'' Eusebius, ''Praep. Ev.'' 8.7.6). : Nessuno dovrebbe fare al suo prossimo ciò che non piace a se stesso (versione ebraica di ''T. Naph.'' 1:6). : Amerai il tuo prossimo, ''in modo che ciò che ti è odioso non lo farai'' (''Tg. Sal.-J. Lev.'' 19:18, la parte in corsivo indica dove l'aramaico si discosta dall'ebraico). Possiamo dedurre da questi esempi che la forma positiva della regola di Gesù rappresentasse un'etica più elevata? No, probabilmente non possiamo. La forma negativa era nota anche ai cristiani, come si vede in Did. 1: 2 ("E tutto ciò che desideri non ti sia fatto, non farlo tu stesso agli altri") e ''[[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Appendice|Tommaso §6]]'' ("Non fate ciò che odiate" = con variaz. in [[w:Papiri di Ossirinco|POxy]] 654,5).<ref>Per una discussione della forma negativa di tale regola in ''[[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Appendice|Tommaso]]'', cfr. B. Chilton, "‘Do not do what you hate’: Where there is not gold, there might be brass. The case of the Thomaean Golden Rule", in Chilton, ''Judaic Approaches to the Gospels'' (USF International Studies in Formative Christianity and Judaism 2; Atlanta: Scholars Press, 1994) 123–49.</ref> Non c'è nessuna prova che gli scrittori patristici, che avevano familiarità con entrambe le forme della regola, pensassero che la forma positiva fosse superiore a quella negativa. Inoltre, la forma positiva della regola è attestata nelle fonti ebraiche: in parte nella succitata ''Epistola di Aristea'' e integralmente nel successivo ''2 Enoc'': "Ed ora, figli miei, custodite i vostri cuori da ogni ingiustizia che il Signore odia. Proprio come un uomo chiede la propria anima a Dio, così lo faccia con ogni anima vivente" (61:1–2). I molti parallelismi con le fonti ebraiche ci obbligano a collocare Gesù in un contesto ebraico? No, non proprio. Si pensi al detto attribuito a Seneca: "Stai attento a non danneggiare gli altri, così gli altri non ti faranno del male" (''[[w:Epistulae morales ad Lucilium|Epistulae morales]]'' 103.3–4). La corrispondenza approssimativa con il detto di Seneca, tuttavia, non implica che la forma della regola di Gesù sia stoica o cinica. In effetti, la forma negativa di Hillel della regola d'oro è più vicina alla forma negativa di Seneca. La forma positiva della regola è attestata anche in altri scrittori non ebrei, come Sesto: "Come desideri che i tuoi vicini ti trattino, trattali parimenti" (''[[w:Sentenze di Sesto|Sentenze]]'' 89), Cassio Dione (51.34.39) e Isocrate (''Ad Nicocleam'' 49). Il legame tra la Regola d'Oro e il comando di amarsi l'un l'altro nella versione aramaica di {{passo biblico2|Levitico|19:18}} è intrigante, dato che Gesù cita questo passaggio come il secondo dei due grandi comandamenti ({{passo biblico2|Marco|12:28-31}}). Ma anche qui non abbiamo una tradizione che sia distintiva di Gesù, perché la tradizione del doppio comandamento è attestata nelle fonti ebraiche (vedi discussione sotto). Quello che probabilmente abbiamo qui è un'ulteriore indicazione che l'etica di Gesù era completamente al passo con le opinioni ampiamente condivise dai suoi contemporanei ebrei. In sintesi, la forma positiva di Gesù della Regola d'Oro è in qualche modo distintiva, in quanto la forma negativa sembra essere stata più comune. Questo fatto può accrescere la sua pretesa di autenticità (in quanto ci si potrebbe aspettare che un ''topos'' non dominicale entrato nel flusso dominicale si conformi al formato comune),<ref>Chilton (''Judaic Approaches to the Gospels'', 142) conclude plausibilmente che "Gesù insegnò la Regola, che era generalmente riconosciuta nella sua cultura, nella sua forma positiva". Ma prosegue suggerendo che originariamente fosse pronunciata in contesti diversi da quelli forniti in Matteo/Luca e in Tommaso.</ref> ma non colloca Gesù in un contesto giudaico più fermamente. Il parallelo è interessante, certo, ma non è determinante. Impariamo poco del programma di Gesù, e nulla che lo distingua dai suoi contemporanei ebrei o finanche dai suoi contemporanei non-ebrei.<ref>Questi risultati sono coerenti con quelli articolati da Chilton.</ref> Ci sono altri paralleli e punti di interesse comuni che ci dicono cose molto più significative su Gesù. Ma ancora una volta, poiché i cristiani hanno avuto la tendenza a enfatizzare la cristologia e ad esagerare l'unicità, che si pensa sia un requisito della cristologia, importanti punti di sovrapposizione con le espressioni dell'ebraismo al tempo di Gesù sono trascurati o trattati solo di sfuggita.<ref>Pare assurdo che si debba comprovare l'ebraicità di un ebreo (Gesù), perché i cristiani non sembrano gradirla e cercano scappatoie (a volte assurde)!</ref> Il resto di questo Capitolo tratta tre esempi dell'interazione di Gesù con la Legge ebraica. Si dovrebbe pensare che il rispetto di Gesù per la Torah sia chiaramente evidente nei Vangeli. Ma ancora una volta, motivati ​​dal desiderio di elevare Gesù al di sopra dell'ebraismo (che non sembra gradito), gli interpreti cristiani hanno fatto nel corso dei secoli alcune strane affermazioni sull'opposizione di Gesù alla Legge, o sulla sua trascendenza. Lo studio critico della tradizione dominicale non rivela tale tendenza. La citazione dello [[w:Shemà|Shemà]] ({{passo biblico2|Deuteronomio|6:4-5}}) da parte di Gesù e l'ingiunzione di amare il prossimo come se stessi ({{passo biblico2|Levitico|19:18}}) come "comandamento più grande" (cfr. {{passo biblico2|Marco|10:28-34}}) attesta la lealtà di Gesù alla Torah e al suo presupposto che essa sia normativa. Forse ancora più rivelatrice è la sua risposta allo studioso delle Scritture che gli chiese cosa dovesse fare "per ereditare la vita eterna" ({{passo biblico2|Luca|10:25}}). Questo passaggio e gli altri passaggi che verranno esaminati, forniscono una prova significativa che Gesù rispettava pienamente la Torah, anche se a volte differiva da alcuni dei suoi contemporanei nella propria interpretazione. Contestare il significato della Scrittura, ovviamente, è una cosa molto ebraica e molto rabbinica. Lo spazio qui mi consente la discussione di soli tre esempi. Tutti e tre illustrano bene l'adesione di Gesù ai principi cardinali della fede ebraica nella tarda antichità. In alcuni punti possiamo intravedere tratti distintivi, forse anche una misura di originalità. Ma il nostro approccio allo studio di Gesù non è guidato da una ricerca di unicità o originalità. 1. '''''[[w:Shabbat|Il Sabbath]]'''''. Un aspetto dell'insegnamento e del ministero di Gesù che ha provocato polemiche riguardava la sua comprensione del Sabbath. Il fatto che questa controversia sia precoce e diffusa nella tradizione ({{passo biblico2|Marco|3:1-6}}; {{passo biblico2|Luca|14:1-6}}; {{passo biblico2|Giovanni|5:9-17;7:22-24;9:14-16}}) e si sarebbe dimostrata imbarazzante per la chiesa primitiva, che era prevalentemente ebraica, raccomandano la sua autenticità.<ref>Ci sono molti che difendono l'autenticità di {{passo biblico2|Marco|2:23-27}}; cfr. F. Neirynck, "Jesus and the Sabbath: Some Observations on Mark II, 27", in Neirynck, ''Evangelica: Gospel Studis—Études d’évangile'' (BETL 60; Leuven: Peeters & Leuven University Press, 1982) 637–80; R. Pesch, ''Das Markusevangelium''. 1. Teil (HTKNT 2.1; Freiburg: Herder, 1977) 183. Pesch asserisce che piuttosto che "scena ideale" fittizia a riflesso del comportamento della prima chiesa, la storia sia basata "su tradizione concreta dalla vita di Gesù". Non tutto il ragionamento a sostegno dell'autenticità della storia è valido (specialmente quello che deriva da Bultmann e suoi studenti), punto che Neirynck considera.</ref> La storia narrata in {{passo biblico2|Marco|2:23-28}} è particolarmente sorprendente. I Farisei chiedono di sapere da Gesù perché i suoi discepoli raccolgano il grano di Sabbath, una pratica proibita dalla legge. La raccolta del grano dai campi non propri era consentita (cfr. {{passo biblico2|Deuteronomio|23:25}}), ma il lavoro di Sabbath non lo era (cfr. {{passo biblico2|Esodo|20:10}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:14}}; cfr. ''M. Shab.'' 7: 2). Gesù risponde facendo appello all'azione di Davide e dei suoi uomini, che nel momento del bisogno mangiarono il [[w:Pane di proposizione|Pane della Presenza (ebr. לחם הפנים, ''lechem haPānīm'']], che doveva essere mangiato solo dal Sommo sacerdote e dai suoi associati ({{passo biblico2|1Samuele|21:1-6}}; cfr. {{passo biblico2|Levitico|24:5-9}}). Le azioni di Gesù e dei suoi discepoli, da un lato, e di Davide e dei suoi compagni, dall'altro, sono grosso modo parallele, ma se l'argomento di Gesù sia veramente convincente è molto dibattuto.<ref>Per esempio, si veda [[:en:w:Dan Cohn-Sherbok|D. M. Cohn-Sherbok]], "An Analysis of Jesus’ Arguments Concerning the Plucking of Grain on the Sabbath", ''JSNT'' 2 (1979) 31–41; rist. in C. A. Evans & S. E. Porter (curr.), ''The Historical Jesus: A Sheffield Reader'' (BibSem 33; Sheffield: Sheffield Academic Press, 1995) 131–39. Cohn-Sherbok conclude che le argomentazioni di Gesù erano "invalide da un punto di vista rabbinico" (p. 133) e difettose perché il paragone che fece era inappropriato" (p. 138). La sua conclusionè è a sua volta difettosa, tuttavia, in quanto presume che i successivi metodi rabbinici e le regole di esegesi fossero in vigore probabilmente agli inizi del primo secolo. Salvare una vita durante il Sabbath non era cosa controversa (''b. Yoma'' 85a; cfr. ''b. Menah''. 95a: "anche quello che è stato santificato oggi nel vaso puoi darglielo da mangiare perché egli è in pericolo di vita"), ma far del lavoro di Sabbath dove la vita non era in pericolo veniva considerato illegale.</ref> Il punto interessante è il principio che Gesù enuncia: {{q|Il sabbath è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabbath|Marco 2:27<ref>La dichiarazione conclusiva, "Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato" (v. 28), è un commento editoriale aggiunto dall'evangelista nel tentativo di orientare la storia in una direzione cristologica. Per un altro commento editoriale di questa natura, cfr. {{passo biblico2|Marco|7:19}}.</ref>|το σαββατον δια τον ανθρωπον εγενετο ουχ ο ανθρωπος δια το σαββατον|lingua=el}} Alcuni studiosi ebrei sono rimasti colpiti da questa affermazione, in particolare il defunto rabbino Philip Sigal.<ref>I. Abrahams, "Rabbinic Aids to Exegesis", in H. B. Swete (cur.), ''Essays on Some Biblical Questions of the Day: By Members of the University of Cambridge'' (Cambridge: Cambridge University Press, 1909) 159–92, qui 186; P. Sigal, ''The Halakah of Jesus of Nazareth according to the Gospel of Matthew'' (Lanham & New York: University Press of America, 1986). L'opera di Sigal è in un certo senso ostacolata dalla sua ipotesi sulla priorità di Matteo.</ref> Sigal richiama la nostra attenzione sul parallelo nel ''[[:en:w:Mekhilta of Rabbi Shimon bar Yochai|Mekhilta]]'': {{q|"E osserverai il sabbath, perché è santo per te" [Esodo 31:14]:<ref>"Osserverete dunque il sabbath, perché lo dovete ritenere santo."</ref> Ciò significa: a te è consegnato il sabbath [מםודה]; tu non sei consegnato [מםודין] al sabbath (''Mek. di Esodo'' 31:12-17 [''Shabbat'' §1]).}} ''Mekilta'' attribuisce il detto al rabbino [[w:Simeon ben Menasya|Simeon ben Menasya]] (di solito datato alla fine del II secolo e.v.). In ''B. Yoma'' 85b c'è una discussione riguardante la necessità di circoncidere il neonato l'ottavo giorno, anche se quel giorno cade di Sabbath. Da ciò si deduce che se la legge del Sabbath può essere sospesa a causa di un [[w:pene|organo del corpo]], allora sicuramente la legge del Sabbath può essere sospesa per salvare una vita. Rabbi Simeon ben Menasya viene quindi menzionato per aver citato {{passo biblico2|Esodo|31:14}} a questo proposito, ma in ''Yoma'' il detto di Rabbi Simeon ben Menasya è attribuito al [[w:Rabbi Jonathan|Rabbi Jonathan ben Joseph]]: "Esso è dato nelle tue mani; non sei tu dato nelle sue mani". Sigal pensa che la tradizione abbia avuto origine con Gesù, ma sia stata trasmessa in modo anonimo e alla fine attribuita a Simeon ben Menasya (e più tardi ancora al rabbino Jonathan ben Joseph). Forse — ma la tradizione, se non il detto stesso, probabilmente è anteriore a Gesù, forse derivante dalla decisione di Mattatia di difendersi durante il Sabbath (cfr. {{passo biblico2|1Maccabei|2:38-40}}).<ref>Abrahams, "Rabbinic Aids to Exegesis", 186–87. Cfr. anche G. Vermes, ''The Religion of Jesus the Jew'' (Minneapolis: Fortress, 1993) 22–24; ''[[Biografie cristologiche]]'', ''ad hoc''.</ref> [[File:Bloch-SermonOnTheMount.jpg|250px|right|thumb|''"[[w:Discorso della Montagna|Discorso della Montagna]]"'', dipinto di [[w:Carl Heinrich Bloch|Carl Heinrich Bloch]] (1877)]] Il detto di Gesù implica forse che egli abbia meno rispetto per il Sabbath di quanto non abbiano i suoi insegnanti religiosi rivali? Downing cita un detto di Pseudo-Crates: "Gli esseri umani non sono stati creati per il bene dei cavalli, ma cavalli per quello degli esseri umani" (Ps.-Crates 24), per dimostrare che il punto di vista di Gesù è parallelo alle idee ciniche.<ref>Downing, ''Christ and the Cynics'', 125. Come possibile parallelo al riferimento di Davide che mangia il [[w:Pane di proposizione|Pane di proposizione]], Downing cita ''[[w:Vite e dottrine dei filosofi illustri|Vite e dottrine dei filosofi illustri]]'' 6.73: "Diogene non riteneva di errare nel prendere qualcosa da un tempio, o a mangiare la carne di un qualche animale vivente." Ciò è in parallelo col punto di Gesù in senso generico. Ma lo stesso si può dire di Paolo, che pensava fosse accettabile mangiare carne sacrificata ad idoli, a patto che fosse fatto con una coscienza pulita ({{passo biblico2|1Corinzi|8,10}}). Allora Paolo era un cinico?</ref> Il detto di Gesù costituisce quindi un esempio di cinismo, un disprezzo del valore del Sabbath, che riflette una prospettiva ellenistica, non ebraica? O è piuttosto un'opinione che riflette direttamente la discussione halakhica ebraica su un argomento che va dritto al cuore della tradizione e della pietà ebraica? A mio avviso, l'insegnamento di Gesù non aveva in alcun modo lo scopo di minare la santità del Sabbath. Inoltre, l'appello alla Scrittura (cioè, "Non hai mai letto quello che fece Davide?") difficilmente può essere citato come prova che Gesù teneva di poco conto la Legge. Tutt'altro! L'appello a un passaggio della Scrittura per far luce su un insegnamento altrove nella Scrittura è parte integrante dell'interpretazione ebraica. Quello che abbiamo qui è un esempio dell'halakhah di Gesù, che per i suoi seguaci era persuasivo, anche se probabilmente non per altri. A mio parere, la risposta esegetica di Gesù è di casa nei dibattiti esegetici esemplificati nella letteratura rabbinica, nonostante le opinioni di [[:en:w:Dan Cohn-Sherbok|Cohn-Sherbok]]. 2. '''''[[w:Altare#Ebraismo|L'altare]]'''''. Nel contesto del [[w:Discorso della Montagna|Discorso della Montagna]] c'è la raccomandazione di Gesù: se ti ricordi "che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" ({{passo biblico2|Matteo|5:23-24}}). Il detto presuppone che il Tempio di Gerusalemme sia ancora in piedi,<ref>Secondo C. G. Montefiore, ''The Synoptic Gospels'' (2 voll., Londra: Macmillan, 1927) 2.61: "I versetti in ogni caso implicano che lo stato ebraico ed il Tempio fossero ancora funzionanti ed in buon ordine. L'insegnamento, ancora una volta, è perfettamente rabbinico e usuale". Così anche per R. Bultmann, ''The History of the Synoptic Tradition'' (Oxford: Blackwell, 1968) 132; U. Luz, ''Matthew 1-7'' (Minneapolis: Fortress, 1989) 281. Sebbene {{passo biblico2|Matteo|5:23-24}} probabilmente derivi da Gesù, deve il suo contesto attuale all'evangelista matteano.</ref> mentre l'evidente fedeltà al Tempio rende difficile credere che questo detto sia sorto nella Chiesa in un contesto post-pasquale (sebbene alcuni commentatori lo sostengano). Con ogni probabilità il detto risale a Gesù. Questo detto, come altri nella tradizione dominicale, subordina il rituale cultuale all'integrità personale. Non c'è nulla di nuovo qui; i profeti presero questo punto di vista ({{passo biblico2|Geremia|7:21-26}}; {{passo biblico2|Osea|6:6}}; {{passo biblico2|Amos|5:21-24}}; {{passo biblico2|Michea|6:6-8}}), così fece il saggio Yeshua ben Sira ({{passo biblico2|Siracide|7:8-9;34:18-19}}), come anche le autorità rabbiniche successive (''m. Pesah.'' 3:7; e testi citati in Billerbeck, 1.287-88). Infatti, anche Filone lo dice: "Poiché, se l'adoratore è senza sentimento o giustizia benevoli, i sacrifici non sono sacrifici, l'oblazione consacrata è profanata... Ma, se egli è puro di cuore e giusto, il sacrificio resta saldo e valido..." (''De Vita Mosis'' 2.107-108).<ref>Si veda E.P. Sanders, ''Jewish Law from Jesus to the Mishnah: Five Studies'' (Londra: SCM; Philadelphia: Trinity Press International, 1990) 42–43; ''idem'', ''Judaism: Practice and Belief 63 BCE–66 CE'' (Londra: SCM; Philadelphia: Trinity Press International, 1992) 192–93.</ref> Così si attestano sia l'antichità che l'attualità di questo sentimento. L'insegnamento di Gesù in Matteo 5:23-24 è coerente con l'insegnamento dei saggi. Secondo Yeshua ben Sira: "Uno prega, l'altro maledice: quale delle due voci ascolterà il Signore?" ({{passo biblico2|Siracide|34:24}}; il contesto ha a che fare con l'offerta di sacrifici; cfr. {{passo biblico|Siracide|34:18-22;35:1-20}}); e: "Non cercare di corrompere (Dio) con doni, non accetterà, non confidare su un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e non v'è presso di Lui preferenza di persone" ({{passo biblico2|Siracide|35:12}}). Secondo Rabbi [[w:Eleazar ben Azariah|Eleazar ben Azariah]]: "Per le trasgressioni che sono tra l'uomo e Dio il Giorno dell'Espiazione effettua espiazione, ma per le trasgressioni che sono tra un uomo e il suo compagno il Giorno dell'Espiazione effettua espiazione solo se ha placato il suo prossimo" (''m. Yoma'' 8: 9). L'insegnamento di Gesù in Matteo 5:23-24 è coerente anche con i comandamenti trovati in {{passo biblico2|Levitico|5:20-26}}, che hanno a che fare con la restituzione. La Legge richiede che ciò che è stato preso ingiustamente venga restituito e che venga offerta al sacerdote un'offerta per la colpa. L'insegnamento rabbinico sottolinea la necessità che la restituzione avvenga pienamente e prima di dare l'offerta per la colpa: "l'offerta per la colpa viene dopo che il denaro [è restituito]... [Se] ha portato la sua offerta per la colpa ma non ha restituito la cosa che aveva rubato, non si dovrebbe mescolare il sangue [dell'offerta] fino a quando egli non restituisce la cosa che aveva rubato" (''t. B. Qam.'' 10.18; cfr. ''Sipra Lev.'' §68 [Lev 5:25]; ''b. B. Qam.'' 110a). Abrahams commenta: "Matteo si riferisce specificamente a colui che deve portare un'offerta per il peccato, e nell'atto di farlo ricorda che non ha ancora riparato un torto commesso da lui contro un altro uomo, presumibilmente proprio quel torto per la cui ragione porta l'offerta".<ref>Abrahams, "Rabbinic Aids to Exegesis", 189.</ref> Il parallelo tra Matteo 5:23-24 e l'halakhah nella [[w:Tosafot|Tosefta]], afferma Abrahams, "è esatto".<ref>Luz (Matteo 1-7, 289) non la pensa così. Luz trova il parallelo più vicino in ''Siracide'' e ''m. Yoma 8:9'', non nei testi che parlano dell'interruzione delle offerte per la colpa. Sanders (''Judaism'', 192), tuttavia, collega Matt. 5:23-24 a questi testi.</ref> La preoccupazione di Gesù che una data offerta sia presentata al Tempio in uno stato di purezza etica è coerente con la sua azione nei recinti del Tempio ({{passo biblico2|Marco|11:15-18}} e paralleli). Studi recenti hanno suggerito che questa azione fosse in reazione al modo in cui gli animali sacrificali venivano acquistati e presentati ai sacerdoti per il sacrificio, un modo con cui Gesù era in netto disaccordo. Lungi dal suggerire che Gesù si fosse opposto al Tempio o al sacrificio, la sua azione suggerisce invece che sostenesse il ''cultus'' e fosse molto interessato alle pragmata del sacrificio. Sulla base di dimostrazioni simili nei recinti del Tempio da parte di insegnanti religiosi (specialmente quella che coinvolge una disputa tra halakhah [[w:Dispute talmudiche tra Bet Shammai e Bet Hillel|Hillelita e Shammaita]]) possiamo dedurre che Gesù insegnava che coloro che acquistano animali per il sacrificio ne prendano possesso prima di consegnarli ai sacerdoti.<ref>Per una discussione esauriente di questo aspetto importante dell'insegnamento di Gesù, si veda Chilton, ''The Temple of Jesus'', 91–111; ''idem'', ''Pure Kingdom'', 115–23.</ref> 3. '''''[[w:Immortalità#Secondo la Bibbia|Vita Eterna]]'''''. Secondo {{passo biblico2|Luca|10:25-28}} un esperto della Legge chiede a Gesù: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?" Gesù risponde a sua volta con una domanda: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?" Lo studioso delle Scritture risponde recitando il doppio comandamento, un comandamento che anche Gesù aveva recitato ({{passo biblico2|Marco|12:29-31}}): "Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza; e il prossimo tuo come te stesso.". Gesù loda l'uomo per la sua risposta: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai". La domanda del dottore della Legge costituisce la classica questione religiosa ebraica (cfr. anche {{passo biblico2|Marco|10:17}}). La sua risposta, suggerita dalla domanda di Gesù, riflette un riassunto della Legge che è attestato in varie forme in molte fonti (cfr. ''T. Iss.' 5:2; 7:6; ''T. Dan'' 5:3; ''Ep. Arist.'' 229; Filone, ''Virt''. 51, 95; ''Spec. Leg.'' 2.63; ''Abr''. 208).<ref>Si veda D. C. Allison, "Mark 12.28–31 and the Decalogue", in C. A. Evans & W. R. Stegner (curr.), ''The Gospels and the Scriptures of Israel'' ( JSNTSup 104; SSEJC 3; Sheffield: Sheffield Academic Press, 1994) 270–78. Cfr. anche J. B. Stern, "Jesus’ Citation of Dt 6,5 and Lv 19,18 in the Light of Jewish Tradition", ''CBQ'' 28 (1966) 312–16.</ref> La risposta positiva di Gesù, in cui allude a {{passo biblico2|Levitico|18:5}}, non potrebbe essere più completamente ebraica e più completamente ''non''cinica. Se questo scambio fosse stato prodotto da una comunità cristiana, sicuramente la risposta giusta sarebbe stata diversa. Dopo tutto, i cristiani avevano proclamato che la salvezza veniva tramite la fede in Gesù risorto (ad esempio, {{passo biblico2|Atti|2:38;4:12}}; {{passo biblico2|Romani|10:9}}), non tramite l'obbedienza alla Legge ebraica. {{passo biblico2|Luca|10:25-28}} deve quindi derivare dalla vita e dal ministero di Gesù, non dalla comunità cristiana.<ref>Ma ciò non esclude la possibilità che la tradizione sia stata modificata e collegata alla [[w:Parabola del buon samaritano|Parabola del Buon Samaritano]] ({{passo biblico2|Luca|10:29-37}}). Fitzmyer (''The Gospel according to Luke X–XXIV'' [AB 28A; Garden City: Doubleday, 1985] 877–78) assegna {{passo biblico2|Luca|10:25-28}} a '''''L''''', sebbene l'evangelista possa essere stato influenzato da {{passo biblico2|Marco|12}}. Traccee delle modifiche lucane sono state individuate nei punti dell'introduzione, transizione e conclusione nel complesso che forma{{passo biblico2|Luca|10:25-37}}. Si veda J. Jeremias, ''Die Sprache des Lukasevangeliums: Redaktion und Tradition im Nicht-Markusstoff des dritten Evangeliums'' (KEKNT Sonderband; Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 1980) 190–93.</ref> Particolarmente interessante è notare quanto strettamente la risposta di Gesù sia coerente esegeticamente e tematicamente con le tendenze interpretative ebraiche. Come è già stato accennato, la sua risposta, "fa' questo e vivrai", allude a {{passo biblico2|Levitico|18:5}}: "Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni, mediante le quali, chiunque le metterà in pratica, vivrà". Il contesto generale di questo brano rende chiaro che la vita "che una persona vivrà" è la vita nella terra promessa (cioè Israele), non la vita eterna nel Mondo a venire. Ricordiamo che lo studioso delle Scritture aveva chiesto a Gesù cosa doveva fare per "ereditare la vita ''eterna''", non la vita nella terra d'Israele, di cui già godeva. Come mai Gesù pensa che un'allusione a Levitico 18:5 fornisca un'adeguata assicurazione a un uomo che ha chiesto della vita eterna, non della vita in questo mondo? La parafrasi aramaica di questo testo fornisce con ogni probabilità una risposta. Secondo ''Tg. Onq.'' Lev. 18:5: "Tu devi osservare le Mie prescrizioni e le Mie leggi, che, se una persona le pratica, vivrà seguendole nella vita eterna". ''[[:en:w:Targum Pseudo-Jonathan|Targum Pseudo-Jonathan]]'' rende il testo un po 'più elaborato: "Devi osservare le mie prescrizioni ed i miei ordini (delle [[w:festività ebraiche|festività]]), che, se una persona li pratica, vivrà seguendoli nella vita eterna e gli sarà assegnata una porzione con il giusto".<ref>Questa esegesi è esplicita in ''Sipra Lev.'' §193 (su {{passo biblico2|Levitico|18:1-30}}): "‘Osserverete dunque le mie leggi e le mie prescrizioni, che un essere umano le metterà in pratica e vivrà’. Questa formulazione della materia serve a far osservare ed eseguire in statuti, e mantenere e fare in prescrizioni ‘...vivrà’—nel mondo a venire. E se desideri affermare che il riferimento è a questo mondo, non è il fatto che alla fine uno muore? Ecco, come devo spiegare, ‘...vivrà’? È in riferimento al mondo a venire. ‘Io il Signore’: fedele a dar ricompensa." La frase-chiave, "vivrà secondo loro in vita eterna" ricorre tre volte nel ''Targum Ezechiele'' (a 20:11, 13, 21), mentre anche la trasformazione di promesse profetiche di benessere e restaurazione in questa vita viene attestata nel ''Targum Isaia'' (a 4:3; 58:11).</ref> L'antichità di questa parafrasi interpretativa, per cui il testo viene a parlare della vita eterna come anche della vita nel mondo presente, è attestata a Qumran.<ref>Secondo ''CD'' 3:12-16, 20: "Ma quando quelli di loro che erano rimasti saldi nei comandamenti di Dio, Egli stabilì il Suo patto con Israele per sempre, rivelando loro cose nascoste, in cui tutto Israele aveva sbagliato: i suoi santi Sabbath, le Sue gloriose festività, le Sue giuste leggi, le Sue vie affidabili. I desideri della Sua volontà, ‘che una persona deve osservare e quindi aver vita in loro’... coloro che si attengono ad essa riceveranno la vita eterna e tutta la gloria di Adamo sarà loro".</ref> La parafrasi aramaica rende chiaro che la frase, "che una persona deve osservare e così avere la vita in loro", a Qumran allude proprio a Levitico 18:5. Questi tre esempi sono solo rappresentativi. Molti altri potrebbero essere discussi. Ma le tre considerazioni di cui sopra dovrebbero essere sufficienti per dimostrare che l'insegnamento di Gesù derivava e parlava alla fede ebraica dei suoi giorni.<ref>Quando dico la "fede ebraica" non intendo implicare che l'ebraismo fosse monolitico. La fede ebraica era espressa nel pensiero e nella pratica in una varietà di modi. Sebbene io non ritenga necessario parlare di "ebraismi" o "cristianesimi", è importante riconoscere la diversità e il pluralismo della fede ebraica e cristiana nella tarda antichità.</ref> Il primo esempio non trattava semplicemente di ciò che era lecito di Sabbath, ma della questione più fondamentale circa lo scopo del Sabbath. Per quanto riguarda il secondo esempio, l'insistenza di Gesù sul fatto che i requisiti etici della restituzione dovessero esser presi in considerazione prima che l'offerta fosse completata, presuppone l'importanza del Tempio e del sistema sacrificale. In effetti, l'halakhah di Gesù è sicuramente destinata a garantire la loro efficacia. Nel terzo esempio troviamo Gesù che raccomanda l'osservanza della Legge, soprattutto come riassunta nel grande doppio comandamento di amare Dio con tutto se stessi e di amare il proprio prossimo come se stessi, per essere certi della vita eterna. == Pensieri conclusivi == ''A Myth of Innocence'' di Mack si conclude con una nota di tragedia personale e di logica torturata. L'evangelista nazareno decaduto ha abbandonato la sua fede cristiana e non ha più speranza di nessun messia, cristiano o altro: "Né l'immaginazione di Marco sulla prima apparizione dell'uomo di potenza, né la sua fantasia sull'apparizione finale dell'uomo di gloria, si adatta alla saggezza ora richiesta. La chiesa ha canonizzato un momento straordinariamente pietoso di condanna paleocristiana del mondo. Così il mondo ora è condannato. Basta. Un futuro per il mondo difficilmente può esser più immaginato, se la sua redenzione è nelle mani dell'innocente figlio di Dio proposto da Marco".<ref>Mack, ''A Myth of Innocence'', 376.</ref> L'interpretazione di Mark da parte di Mack è davvero strana. Mi si permetta di offrirne una al suo posto, molto brevemente. Abbiamo sentito fin troppo dall'evangelista Mack. Ascoltiamo ora l'evangelista Marco. Di fronte a un mondo ostile – alla deriva dalle sue radici ebraiche e minacciato da un Impero Romano sempre più intollerante e ostile – l'evangelista marciano dichiara con coraggio che il vero "figlio di Dio" non è Cesare; è Gesù Cristo. La buona novella per il mondo non è iniziata con l'arrivo di Cesare e dei suoi dubbi eredi (qui sta il vero mito); '''è iniziata con l'arrivo del Cristo'''. L'evangelista chiarisce il suo punto di vista nelle parole iniziali: "Inizio della buona novella di Gesù Cristo, il figlio di Dio" ({{passo biblico2|Marco|1:1}}). Queste parole costituiscono un'allusione inconfondibile al Culto dell'Imperatore, specialmente come venne espresso durante il lungo e celebrato regno di Augusto (30 p.e.v.-14 e.v.). Secondo l'[[:en:w:Calendar Inscription of Priene|iscrizione di Priene]] (9 p.e.v.), in parte si legge: "Provvidenza... ci ha dato Augusto... affinché egli potesse beneficiare l'umanità, essendo stato inviato come salvatore... e con la sua venuta (ha superato tutte le nostre aspettative)... il compleanno del dio Augusto fu l'inizio della buona novella per il mondo" (''OGIS 458'', righe 32–41). Sentiamo questa idea espressa in un papiro in riferimento a Nerone (che regnò 54-68 e.v.): "Il buon dio del mondo abitato, l'inizio di tutte le cose buone" (''POxy'' 1021). Nonostante un'introduzione così propizia, la storia di Gesù narrata da Marco finisce su una croce romana, tra lo scherno dei sacerdoti al potere, dei passanti e persino di due ribelli crocifissi con lui. Ma impressionato dal modo in cui Gesù morì e dai segni soprannaturali che accompagnarono la sua morte, il centurione romano che sovrintendeva all'esecuzione fa una dichiarazione che dovrebbe essere riservata solo per l'imperatore: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" ({{passo biblico2|Marco|15:39}}). L'evangelista Marco mette la storia nella sua luce migliore, certo, ma non in un modo meschino in cui potrebbe tentare di implicare gli innocenti e scagionare i colpevoli. Il Gesù di Marco è ebreo, forse non così evidente come nel ritratto matteano (la cui ostilità verso gli insegnanti ebrei e le sette rivali è molto più pronunciata), ma comunque ebreo. A parte il contesto ebraico, il contesto palestinese e le Scritture di Israele e la loro eredità interpretativa, la storia di Gesù nel Vangelo di Marco difficilmente poteva essere compresa correttamente e adeguatamente. In effetti, la storia come noi la troviamo non avrebbe potuto essere scritta. Il Gesù di Marco rimane un Gesù ebreo, nonostante Burton Mack e il ''Jesus Seminar''. Il Gesù di Marco e degli altri Vangeli deve essere interpretato nel suo contesto giudaico se lo si vuole comprendere in modo equo e ragionevole. == Note == {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Ecco l'uomo}} <div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" ><references/></div> {{Avanzamento|100%|8 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Gesù altrove]] 77mynkd5h06ahn7w863slf11mexe68d Interpretare Gesù in contesto/Confronti 0 46653 431489 420231 2022-08-12T19:25:31Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Спас Анастас.jpg|550px|''"Volto di Gesù"'' (dalla [[w:Sindone di Torino|Sindone]]), olio di [[:en:w:Andrei Mironov (painter)|Andrei Mironov]], ca. 2009}} <div style="text-align: center; font-size: 1.7em;">'''UN CAMBIAMENTO DI PARADIGMA'''</div> = Contesti di confronto: Vangeli e parabole rabbiniche = == Teoria dello studio accademico contro lo studio teologico della religione == '''Il contesto determina il carattere del confronto'''. Questo principio forma un corollario di quello ancora più comprensivo: nessun lavoro teorico su qualsiasi aspetto dello studio delle religioni deve iniziare senza la formulazione del contesto in cui lo studio viene intrapreso. In concreto, quando studiamo l'ebraismo o il cristianesimo nel contesto dello studio accademico della religione, ci assumiamo un compito diverso da quello intrapreso quando in sinagoga o in chiesa le persone studiano l'ebraismo o il cristianesimo. E questa differenza determina anche il modo in cui confrontiamo una religione con l'altra. == Studio della religione: teologico contro accademico == Le religioni studiano se stesse come parte del loro lavoro di esegesi e rinnovamento. Lì, sotto gli auspici della fede, il lavoro richiede l'apprendimento dei fatti al servizio della fede: la conoscenza intensiva di quell'unica cosa. Questo perché il valore di quella cosa studiata – ebraismo, cristianesimo – segna il punto di partenza. I fatti hanno il loro significato nel contesto religioso e nella prospettiva teologica. Quello che vogliamo sapere è di interesse evidente e auto-convalidante. La maggior parte dello studio delle religioni avviene come teologia sotto gli auspici delle varie religioni, e si verifica un'enorme erudizione su alcune poche cose. Le religioni specifiche definiscono i confini della conoscenza a loro riguardo. Questo è il motivo per cui, prima della nostra generazione (e anche ai nostri giorni), la maggior parte di ciò che la gente impara riguarda la teologia delle religioni, non la religione. Ma nel mondo accademico, plasmato com'è dall'eredità dell'Illuminismo, in qualsiasi materia che affrontiamo cerchiamo di saperne di più sull'umanità, vista nella sua interezza. Nostra preoccupazione sono quindi non solo le varie religioni, viste come auto-convalidanti, ma la religione di per sé, considerata come una dimensione della vita e della cultura dell'umanità. Conoscendo varie religioni, cosa possiamo dire della religione nel suo insieme? Per rispondere a questa domanda – diversa dalla domanda che governa lo studio teologico delle religioni – non privilegiamo nessun corpo di informazione e non consideriamo come evidentemente importante nessun ''corpus'' di conoscenza definito. Chiediamo invece alle religioni di contribuire con casi ed esempi nell'esame delle generalizzazioni sull'intero fenomeno delle attività e aspirazioni religiose dell'umanità. Cerchiamo generalizzazioni che riguardano l'intero ambito dell'esperienza e della coscienza umana. Ecco perché, mentre studiamo religioni specifiche come parte del nostro lavoro, intendiamo anche studiare la religione — il fenomeno da cui derivano i fenomeni. Lo studio della religione, come tutti gli altri campi accademici ben sviluppati delle scienze sociali e umanistiche, è quindi una scienza generalizzante, che per sua natura è multiculturale e comparativa. L'accademia promette quindi di studiare non solo le religioni, ma anche ''la'' religione. == ''Unico'' contro ''Esemplare'' == Ma dove e come dobbiamo farlo? Prendiamo il caso dei Vangeli, che definiscono l'occasione qui in esame. La maggior parte degli studi sugli scritti formativi del cristianesimo progredisce tra i credenti o i loro continuatori, secondo modelli definiti dai seminari cristiani e plasmati nell'interesse della teologia cristiana. Godendo di una posizione di privilegio autoevidentemente valida, trattati come oggetti di indagine nei propri termini, ai Vangeli viene raramente chiesto di contribuire a un discorso di intelligibilità generale. Non sono spesso invitati a illustrare una generalizzazione o a fornire un esempio di una verità che trascende il loro caso particolare, ad esempio, sulla natura della scrittura religiosa. Come quando studiati sotto gli auspici della Chiesa, così anche nel mondo accademico i Vangeli sono trattati come autoevidentemente interessanti di per sé, non come esemplari di una proposizione che riguarda altrove. Vale a dire, sia nella Chiesa che nel Collegio critico i Vangeli sono trattati come unici. La definizione delle questioni si limita, inoltre, a una ristretta gamma di questioni, alcune dottrinali, la maggior parte storiche, tutte mirate a un fine teologico. Nel caso del cristianesimo classico, per esempio, se Gesù "realmente" abbia fatto o detto ciò che secondo i Vangeli avrebbe fatto o detto, definisce ciò che gli studiosi vogliono sapere, e quando hanno formato una tesi in risposta alle domande della storia intransigente e positivista, affermano di essere abbastanza contenti. La dottrina dei Vangeli (e le sue controparti nell'ebraismo e in altre religioni) raramente va al di là dell'opera del cristianesimo, definita storicamente. Le generalizzazioni si dimostrano rare, i confronti invidiosi e inesistente l'ideale multiculturale del discorso inclusivo che comprende l'esperienza umana accessibile nei registri generali. Lo stesso è sicuramente il caso delle controparti dei Vangeli, le Scritture ebraiche, la [[w:letteratura rabbinica|letteratura rabbinica]] dell'ebraismo formativo e i classici equivalenti dell'[[w:islam|islam]] e del [[w:buddhismo|buddismo]] e simili. A tutto viene accordata la posizione di singolarità e nulla è presentato come esemplare. Ma la premessa dell'apprendimento accademico è che nulla è unico ''prima facie'', tutto indica alcune poche (ipotetiche) generalizzazioni, che è nostro compito identificare e testare. Tuttavia, facciamo bene a prendere un singolo caso e generalizzare da lì, e lo studio dei Vangeli fornisce non solo un esempio dello studio delle religioni, non della religione, ma anche l'occasione per riflettere su come, se volessimo studiare la religione come un fenomeno generale e chiederci quali siano i suoi tratti poiché questi trascendono casi specifici, potremmo intraprendere tale lavoro. In termini concreti, esattamente in quali punti dovremmo rivolgerci al lavoro di generalizzazione e guardare verso l'esterno, verso i mondi che girano nelle loro orbite ma possono intersecarsi con quello in esame? == Descrizione, analisi, interpretazione: confronto e contrasto == Per rispondere a queste domande e poi mostrare come funziona la risposta, è necessario un breve resoconto di ciò che facciamo quando studiamo la religione. Qui identificheremo il punto specifico in cui gli interessi della religione modellano lo studio di religioni specifiche. Cosa, come, e allora? Per studiare qualsiasi religione, tre compiti successivi richiedono attenzione: descrizione, analisi e interpretazione. Descriviamo una data religione, riunendo i fatti rilevanti nel giusto equilibrio e proporzione. Questo risponde alla domanda: cosa? a significare: cosa studiamo precisamente? Analizziamo la religione, individuando tratti degni di nota e spiegandoli nel contesto. Questo risponde alla domanda: come? a significare: come fa questo insieme di informazioni a costituire una religione coerente? E, infine, interpretiamo la religione, cercando di collegare il carattere di quella religione al suo contesto. Questo risponde alla domanda: perché, o – e allora? a significare: che altro sappiamo, se questo è ciò che sappiamo? Questo è il punto di generalizzazione, provocato dal riuscito lavoro di confronto e contrasto. Per lo studio della religione come forza potente negli affari umani, come tutti ammettono che la religione abbia giocato, questa è la domanda chiave: cosa sappiamo che non sapevamo prima, e che differenza fa questa conoscenza nella nostra comprensione di come stanno le cose? Queste tre sfide intellettuali – cosa, come, perché – confrontano chiunque speri di fare ben di più che riassumere e parafrasare le fonti di una data religione nel lavoro dello studio di tale religione. Rispondere alla domanda "cosa?" non comporta sforzi intellettuali esorbitanti. Richiede il duro ma incontrastato lavoro di [[w:cacciatori-raccoglitori|cacciare e raccogliere]], radunare e organizzare, informazioni: l'equivalente della [[w:storia naturale|storia naturale]]. Ma le cose cambiano quando chiediamo "come?". Il passaggio critico viene fornito dall'analisi. Lì passiamo da un lavoro primitivo ad un lavoro sofisticato: trovare modelli, identificare le generalizzazioni governanti. Attraverso l'analisi diamo un senso ai fatti che raccogliamo e organizziamo e li trasformiamo in conoscenza, trasformando le informazioni in un'ipotesi e un'argomentazione. Come, esattamente, ci impegniamo ad analizzare un classico di una data religione dipende dal modo in cui definiamo il contesto in cui dobbiamo leggere tale classico. Per l'analisi, il contesto è tutto. Per contesto intendo, dove i fatti assumono conseguenze e qual è la domanda a cui risponde un dato fatto? Inizia il lavoro di generalizzazione sulla religione, non semplicemente la descrizione delle singole religioni, che promettiamo in accademia. Ma per definire un contesto, dobbiamo scegliere e analizzare, svolgendo un lavoro di confronto e contrasto. Poiché, per identificare il contesto di un testo (a titolo di esempio), abbiamo bisogno di una prospettiva su ciò che sappiamo. E l'unico modo per ottenere una prospettiva è stabilire una distanza, un punto di vista, oltre alla conoscenza consolidata. E farlo significa fare un passo indietro, trovare qualcosa di sufficientemente simile a ciò che sappiamo per sostenere il confronto, ma anche significativamente diverso da ciò che sappiamo per mostrare alternative: tale è il lavoro di confronto e contrasto. Uno dei fondatori dello studio accademico sulla religione – ''religione'', non solo religioni – ha detto bene: chi conosce solo una religione non conosce nessuna religione. == Analisi e studio comparativo della religione == La seconda fase, quella dell'analisi, al di là della descrizione, prima dell'interpretazione, segna il momento di voltarsi verso l'esterno per dati che sono come e non come il nostro principale punto di interesse. Quindi possiamo poi tentare una generalizzazione. Lo studio della religione per sua natura richiede una generalizzazione: è così che sono le cose in generale, e questo è ciò che significano, viste nella loro interezza. Per generalizzare, dobbiamo identificare le scelte che un sistema religioso o una cultura fa per se stesso, perché selezioni un modo, piuttosto che un altro, per il suo mondo di credenze e comportamenti. Ma per spiegare le scelte, dobbiamo conoscere almeno alcune delle alternative. Solo allora possiamo esporre un catalogo di possibilità e quindi chiederci, perché questo e non quello? Nel reame della religione, le religioni costituiscono quel catalogo di possibilità, quell'elenco di come si potrebbero fare le cose, per definire il contesto in cui le si fa effettivamente. Il confronto e il contrasto offrono una prospettiva. Ci avvertono di alternative, altri modi di credere e di comportarsi, cosicché da un insieme di strade non prese, possiamo seguire il percorso che è stato scelto e formare una teoria del motivo. Di conseguenza, per sua natura, lo studio analitico della religione è sia comparativo che multiculturale. È comparativo, perché solo quando consideriamo due o più religioni (oppure due o più sistemi della stessa religione) in un processo di confronto e contrasto, otteniamo accesso ai potenziali e diamo un senso a ciò che effettivamente era o è. Ed è multiculturale perché le religioni fanno scelte su un'agenda esistenziale condivisa, proposta da due o più (altre) religioni. Quasi tutte le religioni, ad esempio, si occupano di questioni come la natura di Dio e il significato della morte, i requisiti dell'ordine sociale e la realtà dell'amore. Se desideriamo conoscere la religione nella cultura e nella società, quindi, formeremo un'ipotesi su una varietà di casi affini, quindi testeremo ulteriormente tale ipotesi. Se dunque tutti capiscono che, nello studio delle religioni, chi conosce una sola religione non conosce nessuna religione, come si deve procedere al confronto? == Due modi di confrontare le religioni: sincronico e diacronico == Vedo due mezzi di confronto: '''sincronico''', cioè confronto e contrasto di religioni che prosperano nello stesso tempo e luogo, e '''diacronico''', confronto e contrasto delle religioni nel tempo. Il confronto sincronico avviene nello studio storico; diacronico, nello studio della religione nel corso del tempo. Ogni modalità di confronto e contrasto obbedisce alle proprie regole e fornisce il proprio tipo di intuizione. La questione è, quale dei due serve meglio nello studio dei Vangeli in particolare? ''Confronto sincronico'': qui il contesto storico definisce il lavoro. Poiché confrontiamo detti o azioni concrete dello stesso tempo e luogo, ciascuno rappresentativo della religione, entrambe le religioni che affrontano una singola circostanza. Affermiamo di sapere esattamente cosa è accaduto in una particolare occasione e come ogni religione abbia risposto allo stesso momento nel tempo, e affermiamo che le stesse circostanze – per esempio, tempo e luogo, relazioni di potere e considerazioni d'onore – hanno confrontato entrambe le parti in una condizione comune. Nel caso dei Vangeli, il confronto sincronico identificherà le opinioni sostenute prima o nel tempo in cui Gesù visse, sulla premessa che Gesù possa aver conosciuto tali opinioni e aver formulato i suoi detti in risposta ad esse. Detti paralleli a quelli attribuiti a Gesù dai Vangeli avranno la priorità; questi collocheranno Gesù nel contesto in cui circolavano tali detti. La maggior parte del lavoro comparativo incentrato sui Vangeli si è limitato ai principi di sincroneità: confronta ciò che Gesù disse o fece con ciò che altri durante o prima del suo tempo dissero sullo stesso argomento o fecero nello stesso contesto. In effetti, lo studio comparativo di Gesù nel contesto del suo tempo e del suo luogo iniziò non appena i cristiani cominciarono a registrare per iscritto l'incontro religioso che incarnava la fede. Nel linguaggio di Gesù stesso, il confronto inizia quando egli dice: "Avete inteso che fu detto... Ma io vi dico..." Tale linguaggio costituì l'essenza stessa dello studio comparativo del cristianesimo insieme all'(inferiore) ebraismo. Per lunghi secoli i paragoni invidiosi si si sono limitati a problemi esegetici, confrontando un detto di Gesù con uno comparabile nelle Scritture ebraiche o in altre fonti dell'ebraismo. ''Confrontare un Ebraismo Unitario e un Cristianesimo Unitario'': gli studiosi moderni e contemporanei hanno fornito due ulteriori contributi al confronto sincronico, primo, l'invenzione di un ebraismo unico e unitario. Ciò che gli studiosi nel diciannovesimo secolo aggiunsero allo studio comparativo fu l'astrazione, "ebrasimo". Vale a dire, molto spesso, il confronto sincronico implicava la fabbricazione di qualcosa chiamato "ebraismo", una religione unica e unitaria, che Gesù respingeva; tale religione era considerata conosciuta dalle Scritture ebraiche ("Antico Testamento") o, tra gli studiosi più sofisticati, dalle Scritture e da alcuni documenti non canonici della stessa provenienza generale. Tra gli studiosi, detti o racconti specifici venivano sottoposti ad analisi attraverso il confronto e il contrasto di ciò che disse Gesù con ciò che dissero altri riguardo ad un unico programma. Un cliché di studio comparativo di cristianesimo e ebraismo in epoca classica sostiene, inoltre, che l'ebraismo era etnico e il cristianesimo universale — una lettura profondamente sbagliata di ciò che "Israele" rappresenta in una varietà di ebraismi del tempo. La scoperta della [[w:Manoscritti del Mar Morto|biblioteca presso il Mar Morto]] ha contribuito ancora di più a tali scritti, alcuni che differenziano tra ebraismo e cristianesimo, altri no. Trattare i due come unitari rendeva il confronto più facile, il confronto invidioso ancora più semplice. Quindi, per prendere un caso noto (e criticato), lo stesso studioso, [[w:Ed Parish Sanders|Ed Parish Sanders]], che nel 1977 distingue tra l'ebraismo di Paolo e l'ebraismo palestinese, definisce da sé un ebraismo singolo e unitario (comune) nel 1995. Chiaramente, lo studio comparativo gli ha richiesto l'invenzione delle cose da confrontare! ''Comprendere l'ebraismo rabbinico'': dall'inizio del ventesimo secolo, con il lavoro di H. L. Strack in Germania e dei suoi omologhi in Gran Bretagna, culminato in quello di George F. Moore negli Stati Uniti, la definizione di "ebraismo" a fini comparativi si è ampliata fino a comprendere [[w:Letteratura rabbinica|Letteratura Rabbinica]], abbracciando la [[w:Mishnah|Mishnah]], c. 200, fino al [[w:Bavli|Talmud babilonese]], c. 600 p.e.v. L'"ebraismo" sarebbe quindi attestato da una vasta gamma di fonti, piene di reciproche contraddizioni e reciproco disaccordo. Citando {{passo biblico2|Levitico|19:18}}, Gesù disse: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Citando lo stesso verso, [[w:Hillel|Hillel]] disse: "Ciò che non è buono per te non lo fare al tuo prossimo; questa è l'intera Torah. Il resto è commento. Vai e studia". Dall'intersezione di queste due risposte in base a Lev. 19:18, quindi, uno studio comparativo ha prodotto conclusioni come: "La formulazione di Gesù fu superiore perché...", oppure "Quella di Hillel è superiore perché..." o anche "Gesù non fu originale, perché Hillel lo disse per primo..." o "Gesù non era altro che un rabbino, come tanti", e così via — studio comparativo al servizio della polemica religiosa. Ma il confronto invidioso non deve necessariamente essere sincronico, e non ci viene richiesto di respingere l'approccio sincronico semplicemente perché i suoi risultati sono serviti a un programma diverso da quello accademico. == Problemi di confronto sincronico == Il confronto sincronico ha ormai fatto il suo corso per tre ragioni. Ciascuno basterebbe a richiedere un altro approccio alla formulazione di contesti di confronto tra cristianesimo ed ebraismo. # ''Distorsione'': insistere sul fatto che la definizione di un contesto per lo studio comparativo coinvolge solo materiali della stessa epoca e luogo restringe il lavoro e allo stesso tempo lo distorce. Prima distorsione: il confronto sincronico ha trattato come un fatto che Gesù possa aver conosciuto non solo la Scrittura, ma quella gamma di scrittura apocrifa e pseudepigrafica derivante da molto prima dei suoi giorni. Quando invochiamo i libri pseudepigrafici per spiegare il significato proprio di Gesù o il contesto di un detto a lui attribuito, scopriamo di costruire nella nostra mente una considerevole biblioteca a cui Gesù avrebbe accesso; ma non sappiamo che sia stato così. E quindi lunga è la strada da Nazareth a Qumran. Non possiamo dire con certezza che Gesù abbia preso quella strada. # ''Il Gesù pseudo-storico'': secondo, e più specificamente, viene la costrizione: come dice il professor Chilton, "Non esiste un ‘Gesù storico’ nel senso di una persona le cui azioni e il cui carattere siano accessibili per mezzo di una testimonianza pubblica verificabile". Limitare il lavoro di confronto e contrasto a testi anteriori o contemporanei a Gesù stesso si basa quindi su una variabile storica che si rivela dubbia. Eliminiamo le prove che possono aiutarci a collocare nel contesto contemporaneo a scopo di paragone la prima vita religiosa cristiana, perché tanto per cominciare abbiamo respinto tutte le prove riguardanti il cristianesimo iniziale tranne quella esplicitamente identificata con la persona di Gesù e oggi affermata come appartenente a lui — un esclusione molto considerevole di quasi tutto il ''corpus'' di prove riguardanti la fede cristiana. # ''La secolarizzazione di Gesù, il licenziamento del cristianesimo'': terzo e più importante, insistere sul fatto che l'unico Gesù da studiare è "il Gesù storico" definito separatamente dai Vangeli canonici facendo appello ai criteri secolari della storia positivista, detta il risultato prima ancora di iniziare i lavori. In tal modo, come ebbe a dire il cardinale [[w:Papa Benedetto XVI|Joseph Ratzinger (prima che diventasse papa)]] nella sua grande critica allo studio del Gesù storico, predeterminiamo il risultato. Questo perché per definizione eliminiamo la maggior parte dei dati che riguardano la religione. Storie di miracoli, detti di carattere unico, per non parlare di resoconti di resurrezione: questi non forniscono fatti che possiamo convalidare o falsificare nel modo ordinario in cui gli storici fanno il loro lavoro. La storia per sua natura si occupa di fatti positivi e dimostrabili. Ma la maggior parte delle asserzioni riguardanti Gesù, che i Vangeli espongono, riguardano ciò che è oltre la dimostrazione secolare o, i fedeli affermerebbero, anche la comprensione. La religione parla di Dio che crea il mondo, dà la Torah, cammina tra gli uomini in [[Ebraicità del Cristo incarnato|forma incarnata]]. Quali prove di convalida o falsificazione si possono escogitare per stabilire un fatto secolare secondo una convinzione religiosa? Per cominciare, molto (forse la maggior parte) di ciò che i Vangeli affermano su Gesù dimostra oltre ogni verifica — non solo i miracoli, per definizione esclusi (o banalizzati o spiegati) dalla narrativa storica positiva, ma l'intero contesto soprannaturale che i Vangeli definiscono nel loro discorso. Data la centralità, in tutti i Vangeli, della risurrezione di Gesù Cristo, dobbiamo ritenere l'insistenza sulla mera storia un esercizio di banalizzazione. Anche tra le possibilità mondane, ci limitiamo solo a quelle poche che, per accidente storico, conosciamo — tanto per cominciare. Si prenda l'evidenza della vita religiosa giudaica che precede il tempo di Gesù. Gli scritti religiosi che sono sopravvissuti agli incidenti del tempo prima del I secolo includono, oltre alla Scrittura, principalmente quelli che coinvolgono speculazioni apocalittiche sulla fine dei tempi. Pertanto, se escludiamo l'evidenza di carattere diacronico, ci ritroviamo con un'ampia rappresentazione di prove di un solo tipo, l'apocalittico. Quindi le nostre prove ci costringono a collocare Gesù nel contesto dell'apocalisse. Ma molto di ciò che gli viene attribuito appartiene evidentemente ad altro, fuori dall'agenda dei visionari apocalittici, e tale limitazione ci lascia quindi incapaci di dare un senso a molto di ciò che lui (si presume abbia) detto che non ha alcuna relazione con l'aspettativa apocalittica — a cominciare, dopotutto, dalla stessa Regola d'Oro! In questa stessa linea, il confronto sincronico dipende spesso da regole di esclusione. Queste regole si dimostrano contraddittorie. Una dice che Gesù fosse ebreo, quindi è esclusa qualsiasi cosa con paralleli ellenistici; oppure, qualcun altro sostiene, Gesù era una figura rivoluzionaria, quindi tutto ciò che ha altri paralleli giudaici viene escluso; o ancora, un terzo sostiene, Gesù era unico, quindi tutto ciò che è ellenistico o giudaico è escluso. Ecco perché Benedetto XVI indica correttamente il carattere predeterminato delle vite del Gesù storico. Poco sopravvive alla ricerca della storia — tranne che per il cristianesimo, compreso il suo fondatore. == Confronto diacronico == Per '''confronto diacronico''' intendo la considerazione delle testimonianze riguardanti (a) l'ebraismo che ha preso forma in un lungo periodo di tempo ma è giunto a conclusione solo molto tempo dopo la morte di Gesù stesso. Quando confrontiamo strutture su larga scala e di lunga durata – credenze, miti, pratiche attestate nel tempo ma non necessariamente presenti in un dato momento – noi confrontiamo i sistemi religiosi in grandi aggregati. Affermiamo che una logica interna rende coerente una varietà di credenze, miti e pratiche, che si mantengono insieme per lungo tempo, i cui elementi possono emergere qui o là, in questo contesto o in quello. La diacronia consente il confronto delle religioni, non solo di eventi occasionali o di singoli individui. ''Da Storia a Religione'': la diacronia stabilisce un contesto di confronto diverso da quello sincronico, un contesto che trascende un momento effimero. È una sorta di confronto che trascende i confini del qui e ora, del là e dell'allora, che cerca contesti di un ordine del tutto diverso da quelli della storia. In particolare, il confronto diacronico fa appello a un modello diverso da quello storico di descrivere, analizzare e interpretare i fatti di una data religione: i suoi scritti, insegnamenti e pratiche. Quando definiamo un contesto formato da strutture continue su larga scala, trascendiamo i limiti del tempo e saliamo al livello della cultura duratura. Quindi ciò che conta non sono i fatti ''una tantum'', presentati in progressione lineare dall'inizio alla fine, ma le verità di tutti i tempi, presenti ovunque e ogni volta che la fede in questione arriva alla realizzazione. Questo è un modo di pensare diverso dallo storico, e quindi anche un modo diverso di fare confronti. La premessa della storia – l'autoevidenza della linearità degli eventi, in modo che, prima è venuto questo, poi è arrivato quello, e questo "sta dietro" o spiega o causa ciò – contraddice l'esperienza dell'umanità ora articolata. Il caos impera, mentre dalla prospettiva della storia dovrebbe regnare l'ordine. A volte "questo" produce "quello", come dovrebbe, ma a volte no. Al contrario, ciò che accade nella vita ordinaria non produce eventi che si relazionano tra loro come le perle di una collana, prima questo, poi quello, poi l'altro, in una vera e propria processione. Per niente. La vita è imprevedibile; se ciò accade, non possiamo assumere con certezza che ciò debba avvenire in sequenza, in ordine - almeno, non nell'esperienza dell'umanità. Ciò è dimostrato dall'irregolarità degli eventi, dall'imprevedibilità, da tutte le regole, di quello che, se ciò accadrà, seguirà. Sapendo "questo", non possiamo mai affermare con sicurezza di prevedere anche "quello". == Confronto sincronico contro diacronico == Il confronto sincronico invoca solo paralleli temporali, rifiuta sempre l'anacronismo e ovunque lo si trova sulle premesse della storia. Quello che vogliamo sapere è specifico del momento in esame: questo momento, distinto da quello appena passato e da quello che deve ancora venire; questa figura e la sua filosofia, in contrasto con quella figura e la sua filosofia — entrambi contemporanei, ciascuno partecipe del contesto che sostiene l'altro. Quel momento sincronico è singolare, non esemplare; solo ciò che è rilevante per quel momento in particolare pone quindi quell'evento distintivo in prospettiva. Il confronto diacronico e il contrasto per contrasto cercano non paralleli temporali esatti, ma analogie approssimative e illuminanti. Questi possono ben derivare da tempi e luoghi diversi dall'occasione specifica per la quale cerchiamo illuminazione attraverso il confronto e il contrasto. Poi ci appelliamo al passato e al futuro e cessiamo di privilegiare il momento presente — e quel confronto attraverso il tempo definisce la diacronia. == Interpretazione sincronica e storica contro diacronica e paradigmatica == Veniamo ora al nocciolo della questione, due distinti tipi di pensiero e come ciascun tipo definisce il proprio contesto per confronto. In questo modo possiamo porre una solida base teorica per l'altra modalità di confronto qui esposta. Il confronto diacronico fa appello a un modo di pensare diverso da quello storico, in particolare, al modo di pensare che chiamo paradigmatico: il pensiero che cerca modelli duraturi, regole che governano e che trascendono i casi particolari, il pensiero alla ricerca di generalizzazioni, come è caratteristico delle scienze sociali. Per comprendere il pensiero paradigmatico e il suo conseguente confronto diacronico, dobbiamo confrontare il paradigmatico con lo storico. Il pensiero storico richiede la distinzione tra passato e presente. Pensare in termini di schemi o modelli o paradigmi, al contrario, non fa tale distinzione. Poiché uno schema esiste in un mondo senza tempo: date queste condizioni, tali e tali sono i risultati, e questo non è un giudizio limitato nel tempo. Il pensiero paradigmatico evidenzia un modo di rappresentare l'ordine sociale di un gruppo in modo tale che il passato formi una presenza vivida, ma anche il presente ha luogo nel passato. Quando la scienza sociale fa appello alla storia dell'economia o richiama esempi di organizzazione sociale presi da periodi di tempo e persino luoghi ampiamente disparati, cerca di definire regole che si applicano ovunque: regole di economia o sociologia o comportamento politico. Queste generalizzazioni identificano e quindi codificano i modelli, e nel lavoro di generalizzazione, casi esemplari sono utilizzati senza riguardo alla differenziazione tra passato, presente e futuro. Il passato produce casi in contrasto con il presente, e passato e presente si estendono nel futuro attraverso la definizione di una regola globale. La distinzione tra passato e presente non è l'unico indicatore dei modi storici di organizzare l'esperienza di quelli paradigmatici, il rifiuto di quella distinzione. Un'ulteriore caratteristica del pensiero storico è la linearità degli eventi, un senso per la teleologia delle materie, comunque si possa trovare la definizione dell'obiettivo. Il passato era allora ma porta ad oggi. Non è adesso, ma ci guida nell'acuto tempo presente e in avanti verso il futuro. La linearità presuppone prevedibilità, regolarità, ordine. Lo studio storico mette in correlazione questo con quello, le idee con gli eventi, cercando sempre una spiegazione ragionevole per ciò che è accaduto. La sua stessa premessa è quella dell'[[w:Illuminismo|Illuminismo]], riguardante l'ordine ultimo in attesa di essere scoperto. La storia quindi forma un sottoinsieme della ricerca d'ordine, un elemento persuasivo, che gode della posizione di autoevidenza. Ma come questo secolo passato ci ha insegnato, tutte le premesse riguardanti l'ordine, eccetto quella che insiste sul caos finale delle cose, perdono di plausibilità. Se la storia privilegia i fatti ''una tantum'', singolari e dimostrabili riguardo a come le cose sono realmente avvenute, è perché la storia si occupa di un tipo specifico di fatto. Scrivere la storia richiede '''[1]''' una narrazione che in un quadro o modello teleologico colleghi '''[2]''' eventi unici e significativi che coinvolgono '''[3]''' persone singolari, con tratti di individualità. La storia racconta cosa è successo in un determinato momento nel passato e la storia postula sempre il passato del passato. Nei Vangeli e nella letteratura rabbinica, al contrario, ci rivolgiamo a un vasto ''corpus'' di scritti che non contiene narrazioni sostenute se non, nel caso dei Vangeli, la vita unica di Gesù; che non concede spazi o barriere per separare il presente dal passato, vede il presente come autonomo dal passato e dal futuro e, va da sé, trova che la storia-''storia'' sostenuta sia un mezzo inutile per la sua affermazione. [[File:Mandelbrot sequence new.gif|right|300px|thumb|<small>[[w:Insieme di Mandelbrot|Frattale di Mandelbrot]]</small>]] Lo studio storico correla questo a quello, le idee agli eventi, cercando sempre una spiegazione ragionevole per ciò che è accaduto. La sua stessa premessa è quella dell'Illuminismo, riguardante l'ordine finale in attesa di essere scoperto. La storia quindi forma un sottoinsieme della ricerca dell'ordine, un elemento persuasivo, che gode dello status di autoevidenza. Ora, a differenza della storia, la religione tiene conto del fallimento della logica lineare, con le sue regolarità e certezze e il rifiuto categorico del caos. Nella sua lettura della Scrittura, l'ebraismo (insieme al cristianesimo) postula invece un mondo che può essere paragonato a quello delle forme '''[[w:frattale|frattali]]''', nel linguaggio della matematica, o classificato come paradigmi, modelli o schemi, nel linguaggio di questo Capitolo. Questi frattali o paradigmi descrivono come sono le cose, grandi o piccole, qui o là, oggi o in un passato lontano o in un futuro inimmaginabile. Il pensiero frattale trova l'uguaglianza senza riguardo alla scala, dal piccolo al grande — e così anche nel caso degli eventi. Il pensiero frattale rende quindi possibile la ricerca di alcuni modelli specifici, che serviranno a questo e quello, qua e là, perché fuori dal caos riconosciuto essi isolano i punti di regolarità o ricorrenza e li descrivono, analizzano e ci permettono di interpretarli. I paradigmi descrivono la struttura dell'essere: come (alcune) cose sono, ora o allora, qui o là, grandi o piccole — senza riguardo alla scala, quindi nella completa indifferenza alle specificità del contesto. Derivano dall'immaginazione, non dalla realtà percepita. Impongono al mondo la propria struttura e il proprio ordine, selezionando tra le cose che accadono quei pochi momenti che sono ricchi di eventi e significativi. I paradigmi formano una diversa concezione del tempo da quella storica, definiscono una diversa concezione di relazione da quella lineare. Detto in modo molto semplice, mentre il pensiero storico è lineare, il pensiero religioso corrisponde al pensiero frattale della matematica. Il confronto diacronico ammette nella discussione le prove prodotte nei secoli dopo il primo, in circostanze giudaiche molto lontane dalle condizioni che prevalevano quando Gesù visse. Su quale base possiamo confrontare una storia raccontata da Gesù con una che è avvenuta per la prima volta molto più tardi, ad esempio nel [[w:Bavli|Talmud di Babilonia]]? '''In primo luogo''', il confronto mira a una prospettiva sulle religioni affini e sui loro tratti su larga scala. Le basi del confronto tra cristianesimo ed ebraismo – le religioni, non limitate alla figura fondatrice della prima – si estendono in profondità nel terreno su cui si trovano entrambe. Nello specifico, sia l'ebraismo che il cristianesimo fanno appello alle Scritture dell'antico Israele. Ciascuno cita queste Scritture generosamente e aspira a realizzare i propri insegnamenti nella vita di Israele e della Chiesa, rispettivamente. Quali che siano le altre autorità riconosciute dalle diverse formulazioni di ciascuna religione, le due grandi famiglie di sistemi affini condividono un'unica Scrittura e discutono comunemente l'interpretazione dei versetti di quella Scrittura. Affermare che i due mondi religiosi si scontrano in un conflitto di esegesi rappresenterebbe una lettura troppo ristretta, mentre insistere sul fatto che alla fine espongono i loro disaccordi nel quadro dell'ermeneutica si dimostrerebbe sicuramente congruente a ciò che è in gioco nel conflitto. '''In secondo luogo''', il fatto di un retaggio comune produce l'ulteriore fatto che in entrambi i sistemi governi un'unica logica, un'unica razionalità, persino una struttura condivisa che impone un ordine nel caos del quotidiano e un sistema nel tempo. La logica condivisa fa appello a un ordine e un piano divino, conosciuto attraverso la Scrittura, basato su un senso di proporzione ed equilibrio, giustizia e misericordia, che pervade ogni essere. La razionalità unica fa appello al senso umano per ciò che è giusto: "Non renderà giustizia il Giudice di tutto il mondo?" afferma la questione per entrambe le religioni scritturali. La struttura comune fa appello non solo alla Provvidenza ma alla regolarità nella storia: come insistevano Mosè e i profeti, se fai questo, è sicuro che accadrà quello. E lungo queste stesse linee, la storia è modellata, con un inizio, una parte centrale e una fine. In questi e in numerosi altri tratti definitivi, le due religioni si conformano nel tempo ad un'unica struttura. Ecco perché gli scritti delle due religioni, sebbene ampiamente separati nel tempo, si uniscono in un unico incontro, corrono paralleli, come preferisce il pensiero storico, ma perché l'uno fornisce all'altro analoghi illuminanti. E quando si tratta di confronto e contrasto, gli analoghi hanno origine ovunque possiamo trovarli — o comunque la nostra immaginazione li inventi, come fanno i poeti. == Vangeli e scritti rabbinici: da paralleli ad analoghi e parabole in particolare == Questo ci porta ad un caso concreto: l'uso delle prove rabbiniche e dei vangeli nel lavoro condiviso di confronto tra religioni, ebraismo e cristianesimo. Poiché in modi importanti i passaggi della letteratura rabbinica si intersecano con i passaggi dei Vangeli, il confronto è possibile. Gli scritti assegnati ai saggi della duplice Torah, scritta e orale, si intersecano nel contenuto e anche nella forma con detti attribuiti a Gesù e altre composizioni dei Vangeli sinottici. Un esempio di tale confronto è già stato dato, vale a dire, il detto attribuito a Hillel di non fare al proprio prossimo ciò che non si vorrebbe fosse fatto a se stessi. Quel detto emerge per la prima volta nel nome di Hillel nel Talmud di Babilonia (Bavli), un documento che ha raggiunto la sua chiusura verso c. 600 e.v. Non possiamo dimostrare, e quindi non sappiamo, che lo stesso Hillel abbia effettivamente fatto questa affermazione nei primi decenni del primo secolo. Quindi gli studiosi critici hanno messo in dubbio se quella dichiarazione possa o meno definire per noi il singolo contesto storico in cui Gesù pronunciò il detto sullo stesso argomento che gli è stato assegnato. Nella misura in cui il confronto è strettamente storico, positivista e sincronico, la letteratura rabbinica può dare solo un contributo marginale agli studi sui Vangeli. Ma se il nostro confronto mira a ottenere una prospettiva su due grandi strutture religiose, il rabbinico e il cristiano cattolico e ortodosso, molto lavoro ci attende. Perché mentre tutti sanno da tempo che esistono paralleli tra l'uno e l'altro, il confronto sincronico e storico si dimostra dubbio. Il confronto e il contrasto di detti e storie che per primi raggiunsero la chiusura documentaria nel terzo o quinto o settimo secolo con quelli dei Vangeli ci impone di trattare come scritti del primo secolo ciò che appartiene manifestamente a secoli molto successivi. Questa formidabile obiezione può essere superata in due modi. In primo luogo, intraprendiamo l'atto di fede che afferma che tutte le attribuzioni sono valide. In tal caso, perché non rinunciare alla cosiddetta ricerca critica del Gesù storico – ovvero, ciò che ha realmente detto tra i detti a lui attribuiti – e credere a tutto? Oppure, in secondo luogo, ridefiniamo del tutto la nostra ricerca, chiedendo dati di carattere diverso da quello sincronico per fornire una prospettiva di tipo diverso da quella strettamente storica. È il confronto diacronico, che poggia sui principi appena esposti. Qui poniamo una serie diversa di domande. Cerchiamo una prospettiva da una angolazione completamente diversa. Di conseguenza, quel lavoro che produce poco valore nell'impostazione sincronica produce molto interesse in quella diacronica. In particolare, se cerchiamo di caratterizzare un intero sistema e struttura religiosi – l'[[w:ebraismo rabbinico|ebraismo rabbinico]] che registra la sua Torah Orale nella partitura dei documenti dalla Mishnah tramite il Talmud babilonese, il cristianesimo che raggiunge la forma scritta nei Vangeli – il lavoro diacronico aiuta enormemente. Per caratterizzare gli insiemi – l'insieme di una struttura e sistema – acquista sfumature e dettagli quando viene messo in giustapposizione con insiemi comparabili. Ma come funzionerebbe tale confronto diacronico? Qui entra in gioco la premessa fondamentale della descrizione, dell'analisi e dell'interpretazione sistemiche. La premessa dello studio sistemico delle religioni sostiene che i dettagli contengono in se stessi e ricapitolano il sistema nel suo complesso, così che, dalle parti, possiamo ricostruire molto del interezza della struttura, proprio come fanno antropologi e paleontologi che si occupano rispettivamente di dettagli della cultura o dei mammiferi. Questa premessa deriva dalla nozione stessa di un sistema — un'intera struttura che conferisce proporzione e significato ai dettagli e che tiene insieme il tutto in un'unica dichiarazione convincente. Per illustrare ciò che possiamo, e non possiamo, realizzare attraverso il confronto diacronico di dettagli condivisi, quindi comparabili, eppure diversi, quindi contrastanti, dovrebbe servire un singolo caso. Familiare è il singolo caso concreto del modo in cui confrontiamo le religioni attraverso testi concreti tratti da periodi di tempo ampiamente separati. A tal fine ho scelto una parabola che ricorre nei Vangeli sinottici e nel Talmud di Babilonia, una nel nome di Gesù, l'altra di [[w:Jochanan Ben Zakkai|Yohanan ben Zakkai]], che si presume sia vissuto nel I secolo. Agli inizi, gli studiosi hanno riconosciuto che la parabola esposta nel nome di Yohanan assomiglia a quella esposta nel nome di Gesù, e quindi hanno chiesto a Yohanan di chiarire il senso e il significato di Gesù. Ma in seguito, la maggior parte delle persone ha ammesso che una parabola attribuita a un'autorità del primo secolo in una compilazione del settimo secolo non può essere presa alla lettera per registrare ciò che è stato realmente detto e fatto in quel singolare giorno del primo secolo a cui si fa riferimento. La lettura diacronica dei sistemi religiosi ci conduce oltre l'impasse. Ma poi apprendiamo il sistema cristiano dei Vangeli, e il sistema ebraico del Talmud babilonese. Allora la forma e la struttura del cristianesimo e dell'ebraismo vengono studiate e messe in prospettiva. Questioni strettamente storiche lasciano il posto a questioni ampie e comprensive riguardanti l'ordine religioso. La parabola consente il confronto e il contrasto delle religioni. Quello che vedremo è come trovare ciò che condividono i documenti canonici cristiani ed ebraici consenta prima un processo di confronto ma poi uno di contrasto. La somiglianza ha la precedenza. Quando vediamo come le cose sono simili, ne percepiamo anche le differenze e, avendo stabilito una solida base per il confronto, il contrasto si rivela illuminante. La parabola riguarda un re che ha dato una festa, ma non ha specificato l'ora. Alcune persone hanno risposto saggiamente all'invito, altre stupidamente. Alcuni erano pronti quando è arrivato il momento, altri no. La parabola in quella forma non contiene un messaggio determinato e non accenna alla sua interpretazione. Questo è tutto ciò che le due religioni hanno in comune: la parabola condivisa del re che ha dato un banchetto ma non ha specificato l'ora. Tutto il resto, come vedremo, è particolare delle due tradizioni religiose che hanno utilizzato la parabola, ciascuna per il proprio messaggio. Il contrasto poi ci permette di mostrare dove ciascuno differisce dall'altro, cosa ciascuno desidera veramente dire — non piccolo punto di chiarimento quando si tratta della descrizione e dell'analisi delle religioni. Consideriamo, in primo luogo, come i componenti nudi e crudi della parabola sono rivestiti nella formulazione attribuita a Gesù: {{q|Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: "Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. '''[1]''' Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo '''[2]''' mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.<br/> Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; '''[3]''' andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".|{{passo biblico2|Matteo|22:1-14}} ↔ {{passo biblico2|Luca|14:15-24}}}} Nel dare forma alla parabola, Gesù racconta una storia piuttosto lunga e complicata. Questo perché, letta come una formulazione unitaria, la storia della festa del re viene raccontata tre volte, e ogni versione fa il suo punto. In primo luogo, il re ha emesso inviti, ma nessuno verrà. Ciò è reso deliberato e biasimevole: le persone rifiutano l'invito e lo fanno violentemente: il matrimonio è pronto, ma gli invitati non erano degni. Quindi il re emette nuovi inviti. Le persone ora vengono come sono. Non avevano scelta, essendo stati convocati senza preavviso o opportunità di prepararsi. Coloro che non sono pronti vengono puniti: avrebbero dovuto essere pronti. Poi viene aggiunta una nuova morale: tanti sono chiamati ma pochi sono gli eletti. Tuttavia nessuna versione della parabola del fiasco del re corrisponde a tale morale. La prima versione ha molti chiamati, ma quelli che sono chiamati o non verranno (alla festa originale) o non sono degni (della seconda festa) ma respingono del tutto l'invito. Quindi nella prima serie di storie, molti vengono chiamati ma nessuno risponde. Nel terzo giro, molti sono chiamati e si presentano, ma pochi – un solo uomo – non sono pronti. Quindi la tripletta è piuttosto strana. Ma il punto è chiaro: il Regno dei Cieli è vicino. Gesù è il figlio. Le persone rifiutano l'invito alla festa del matrimonio, cioè al Regno dei Cieli. L'invito si ripete: tutto è pronto. Le persone invitate ora rifiutano violentemente l'invito e sono esse stesse indegne. Nel terzo giro non c'è scelta di venire o meno; le persone sono forzate. Ora il regno è vicino e le persone devono entrare. Alcuni sono pronti, altri no. Tutti sono giudicati in base alla loro condizione al momento dell'invito: pronti o no. Questo è il punto in cui la versione rabbinica della stessa storia – la storia del re che fece un banchetto e invitò le persone – si interseca con l'uso cristiano della parabola. Ma per esaminarlo nel suo contesto, dobbiamo considerare il testo che utilizza la parabola, non solo la parabola, che non è a sé stante. Se il contesto della parabola come lo utilizza Gesù è il Regno dei Cieli e il suo improvviso avvento, il contesto nella versione rabbinica è la vita quotidiana, il qui e ora e la morte che arriva per tutti. Questo è ciò che accade senza preavviso, per il quale le persone devono essere pronte. Il testo inizia con le generalizzazioni: uno dovrebbe pentirsi un giorno prima di morire, e questo significa, ogni giorno. Uno dovrebbe essere sempre pronto. Questo è collegato a un versetto in {{passo biblico2|Qoelet|9:8}}: "In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo", che è inteso riferirsi al mantenere il proprio corpo in condizione di cadavere, cioè vestito di bianco, il colore della morte negli scritti rabbinici, e opportunamente unto, come il cadavere viene unto per la sepoltura. Il compositore della costruzione del [[w:Bavli|Bavli]] ha poi aggiunto la parabola del re che invitò le persone a un banchetto. Non fissò un orario specifico. Alcuni si tenevano pronti, altri no. Ora la parabola illustra l'insegnamento che si dovrebbe essere pronti per il banchetto che Dio chiamerà in qualsiasi momento, vale a dire che si dovrebbe essere pronti per la morte attraverso una vita di pentimento perpetuo: ; I.45 : A. Abbiamo imparato dalla Mishnah là: Rabbi Eliezer dice, "Pentiti un giorno prima di morire" [''m. ’Abot'' 2:10D]. : B. I suoi discepoli chiesero a R. Eliezer, "Allora qualcuno conosce proprio il giorno in cui morirà?" : C. Egli rispose loro, "A maggior ragione che egli si penta oggi, per non morire domani, e risulterà passare tutti i suoi giorni in pentimento." : D. E così anche Salomone disse, "Che le tue vesti siano sempre bianche e il profumo non manchi sul tuo capo" (Qo. 9:8) ; I.46 : A. ["In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo" ([[Antologia ebraica/Ecclesiaste#9|Qoelet 9:8]])] — disse Rabbi Yohanan b. Zakkai, "La questione può essere paragonata al caso di un re che invitò i suoi cortigiani a un banchetto, ma non fissò un orario. I furbi tra loro si sistemarono e aspettarono alla porta del palazzo, dicendo: ‘Al palazzo manca qualcosa?’ [Possono farlo in qualsiasi momento.] Gli stupidi tra loro continuarono il loro lavoro, dicendo: ‘Allora c'è un banchetto senza bisogno di preparazione?’ All'improvviso il re chiese la presenza dei suoi cortigiani. I furbi andarono proprio prima di lui, tutti ben sistemati, ma gli stolti lo precedettero sporchi a causa del loro lavoro. Il re accolse piacevolmente i ben vestiti, ma dimostrò rabbia per gli stolti. Disse: ‘Questi, che si sono preparati per il banchetto, siederanno, mangeranno e berranno. Quelli che non si sono preparati per il banchetto, staranno a guardare’." Il brano porta una glossa, come segue: : B. Il genero di R. Meir a nome di R. Meir disse, "Anche loro sembravano fossero in attesa. Ma, piuttosto, entrambi i gruppi si siedono, uno che mangia, l'altro che muore di fame, uno che beve, l'altro che muore di sete: ‘Pertanto, così dice il Signore Dio: Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi resterete delusi’ ({{passo biblico2|Isaia|65:13-14}})." Un ulteriore trattamento del verso-chiave, [[Antologia ebraica/Ecclesiaste#9|Qoelet 9:8]], trasforma l'enfasi sull'atteggiamento di pentimento in preparazione alla morte alla pratica della fede, il riferimento alle vesti che ora alludono alle [[w:tzitzit|frange]] e alla testa coi [[w:tefillin|filatteri]]: : C. Un'altra materia: "In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo" (Qo. 9:8)— : D. "Che le tue vesti siano sempre bianche": Ciò si riferisce al mostrare le frange. : E. E il profumo non manchi sul tuo capo": Ciò si riferisce ai filatteri. :: ''b. Shab.'' 153a = ''m. Shab.'' 23:5K–M I.44–45 Chiaramente, ci siamo allontanati molto dal triplice banchetto del re che Gesù racconta e la parabola ha scopi notevolmente diversi. Tutto ciò che è condiviso è il motivo comune, il re che ha dato una festa ed è rimasto deluso dal risultato perché le persone non sono pronte. Ci sono alcuni sviluppi corrispondenti, in particolare, '''[1]''' diverse risposte all'invito, e '''[2]''' di conseguenza, alcuni sono pronti quando scocca l'ora, altri no. Altrimenti le versioni della parabola si intersecano a malapena, come mostra il seguente confronto: ; Gesù : "Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. '''[1]''' Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo '''[2]''' mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. : Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. : Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. : Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. : Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti". ; Yohanan ben Zakkai : "La questione può essere paragonata al caso di un re che invitò i suoi cortigiani a un banchetto, ma non fissò un orario. : I furbi tra loro si sistemarono e aspettarono alla porta del palazzo, dicendo: ‘Al palazzo manca qualcosa?’ [Possono farlo in qualsiasi momento.] Gli stupidi tra loro continuarono il loro lavoro, dicendo: ‘Allora c'è un banchetto senza bisogno di preparazione?’ All'improvviso il re chiese la presenza dei suoi cortigiani. I furbi andarono proprio prima di lui, tutti ben sistemati, ma gli stolti lo precedettero sporchi a causa del loro lavoro. : Il re accolse piacevolmente i ben vestiti, ma dimostrò rabbia per gli stolti. Disse: ‘Questi, che si sono preparati per il banchetto, siederanno, mangeranno e berranno. Quelli che non si sono preparati per il banchetto, staranno a guardare’." Il risultato è semplice: la parabola condivisa da cristianesimo ed ebraismo riguarda un re che ha tenuto un banchetto con risultati infelici — solo questo. Ma quel motivo condiviso (poiché tutto ciò che abbiamo qui in comune è un motivo, non un racconto completamente sviluppato) è sufficiente per convalidare il confronto dei modi in cui i due mondi religiosi hanno utilizzato il ''motif''. E questo produce contrasti sorprendenti, che spostano la nostra attenzione dai dettagli – il caso in esame – e verso i sistemi su larga scala che hanno imposto i loro rispettivi paradigmi sul dettaglio della (proto-)parabola: il motivo condiviso del re che ha dato un banchetto per le persone che non volevano o non erano pronte a partecipare, la lezione condivisa che si deve essere pronti all'impulso del momento e la convinzione comune che ciò per cui si deve essere preparati per sempre non è altro che l'ingresso nel Regno di Dio. Ma cos'è quel Regno? Su questo i due eredi della comune Scrittura differiscono radicalmente. == Contesti di confronto == Cosa impariamo dal contrasto? Il cristianesimo, nel caso in esame, definisce il Regno di Dio intorno all'avvento di Gesù Cristo. La formulazione dei Vangeli si occupa del rifiuto di Gesù e del Regno da lui inaugurato. Le persone non desiderano rispondere all'invito. Oppure le persone non sono pronte a rispondere, a reagire. La posta in gioco è il dominio di Dio, che è a portata di mano, ma che arriva quando meno te lo aspetti. Ma il risultato netto è lo stesso. Il cristianesimo nella dichiarazione dei Vangeli espone quindi un sistema religioso incentrato sulla figura di Gesù nell'avvento del governo di Dio. L'ebraismo rabbinico, nel caso in esame, concentra il suo interesse sulla condotta morale della vita quotidiana. È lì che si realizza il regno di Dio, nel mondo quotidiano del qui e dell'adesso. Come accettare il dominio di Dio, insieme all'occasione imprevedibile in cui Dio eserciterà il suo dominio? Le persone che vivono in tempi ordinari devono impegnarsi in un processo costante di pentimento, per essere pronte per l'evento – l'intervento di Dio e l'affermazione del suo dominio – che è inevitabile ma imprevedibile: la morte. Lavorando sullo stesso motivo del re, del banchetto e degli ospiti che non sono pronti, e insistendo sullo stesso messaggio, che è che bisogna essere pronti in ogni momento per la venuta del regno, i due sistemi dicono cose molto diverse. La prospettiva sul carattere e sulle enfasi di ciascuno si ricava dal contrasto con l'altro, reso possibile dal motivo condiviso, che genera due parabole confrontabili, ma contrastanti. L'umile dettaglio – poche righe di narrativa nei rispettivi documenti – dimostra di contenere in sé gran parte di ciò di cui abbiamo bisogno per differenziare l'una lettura dall'altra, nell'ambito della della Scrittura condivisa. "I nostri saggi di benedetta memoria" si legge nella Scrittura, con il racconto di come prenderà forma il regno di Dio sulla terra, di come il santo Israele deve realizzare le regole che governano il quotidiano e il qui e ora del regno dei Cieli in cui, attraverso l'obbedienza alla Torah, i sacerdoti e il popolo santo devono condurre la propria vita, dichiarando così ogni mattina e ogni sera al sorgere e al tramontare del sole, nella regolarità della natura, con la recita dello [[w:Shemà|Shemà]] che proclama il dominio di Dio. "Gesù Cristo" ricevette la stessa eredità come resoconto non del presente duraturo ma del futuro ora realizzato: il culmine è vicino, il regno dei Cieli non segna una condizione duratura, facendo corrispondere la natura con la sovrannatura nell'obbedienza di Israele, ma il momento acutamente presente. E l'obbedienza è al re, che ha preparato un banchetto: nell'ebrasimo, per i suoi cortigiani = Israele (o, se è per questo, tutta l'umanità); nel cristianesimo, per suo figlio = Gesù Cristo. In quale altro luogo, se non all'incrocio di parabole simili, avremmo potuto incontrare una collisione così stridente: l'Israele di ogni giorno ''versus'' Gesù Cristo! In ogni punto la somiglianza sottolinea la differenza, ma solo il confronto diacronico sostiene l'incontro, la lettura sincronica lo proibisce. È vero, finiamo dove siamo appena partiti, ma ora siamo ampiamente illuminati sul dove siamo. La lettura reciproca delle parabole dei rabbini e dei Vangeli, come la lettura comparativo-contrastiva di molto altro, produce due religioni, ciascuna che costruisce, ma asimmetrica rispetto alle stesse fondamenta, edifici notevoli per la loro simmetria, ma anche per la loro assoluta incongruenza . C'è anche il tutto extra-contestuale, il confronto e il contrasto di religioni che non si intersecano mai, non condividono un unico mondo di spazio o tempo e formano astrazioni teoriche assolute. Il confronto extra-contestuale coinvolge astrazioni come "[[w:Buddhismo|Buddhismo]]" o "[[w:Induismo|Induismo]]" o "Ebraismo" e "Cristianesimo", e identifichiamo una data componente che riteniamo comune a entrambi, ad esempio, riti di iniziazione, credenze su Dio, pratiche di rito e culto. Tratti in comune – ad esempio, la Regola d'Oro del cristianesimo, ricapitolando {{passo biblico2|Levitico|19:18}}: "Amerai il prossimo tuo come te stesso", la controparte dell'ebraismo nel detto di Hillel, "Ciò che è odioso a te stesso non farlo al tuo prossimo; questa è l'intera Torah; tutto il resto è commento; ora va' e impara" – saranno posti fianco a fianco e messi a confronto. Qui non facciamo alcuno sforzo per collocare il detto in un contesto più ampio, ad esempio, un tempo e un luogo particolari in cui il detto è stato provocato o al quale è stato indirizzato; un dibattito continuativo che il detto intende risolvere; una coppia di sistemi teologici o filosofici più ampi, ad esempio, la filosofia morale o l'etica teologica, che ci proponiamo di confrontare e contrastare. La forza del confronto extra-contestuale sta nella semplicità dell'esercizio e nel carattere deciso e chiaro del risultato. Questo è anche il punto debole: l'analisi non si rivela mai così facile, i risultati solidi sono più difficili da ottenere. Comunemente, il confronto extra-contestuale produce tratti in comune che si dimostrano illusori a un esame più attento. Non conoscendo l'ambientazione più ampia in cui un dato detto trova il suo posto naturale, ci mancano i punti di reale intersezione. Ma fin quando concepiamo le astrazioni, "ebraismo" e "cristianesimo", a rappresentare le realtà concrete della fede ebraica e cristiana nel qui e ora, il confronto extra-contestuale aiuta a organizzare le cose e produce generalizzazioni basilari e utili. Il confronto extra-contestuale merita attenzione nei suoi stessi termini, ma non figura affatto nel problema attuale. Un trattamento medievale dello stesso verso in [[Antologia ebraica/Ecclesiaste|Qohelet]] completa l'esposizione facendo riferimento alla trilogia comandamenti, buone azioni e studio della Torah: {{q|La Scrittura parla letteralmente di indumenti? Ma quante vesti bianche hanno i pagani? E se la Scrittura parla letteralmente di olio buono, allora quanto olio buono hanno i pagani! Ma solo la Scrittura parla dell'adempimento dei comandamenti, delle buone azioni e dello studio della Torah (''[[:en:w:Ecclesiastes Rabbah|Qoelet Rab.]]'' 9:8).}} Qui vediamo come i documenti medievali dell'ebraismo rabbinico chiaramente continuino e portino avanti con grande precisione gli insegnamenti degli scritti classici. Nulla è intervenuto nello sviluppo del sistema rabbinico, che amplifica e perfeziona l'affermazione iniziale, assorbe nuove idee e le naturalizza, ma che continua un percorso essenzialmente rettilineo dall'antichità in avanti. {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Ecco l'uomo}} {{Avanzamento|100%|10 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Confronti]] ohi9lj22844lsmitnogyntzudb8ftxo Interpretare Gesù in contesto/Vangeli e Halakhah 0 46666 431490 388647 2022-08-12T19:27:04Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Cemetery of Saint Roch in Buk (3).jpg|550px|"Particolare della statua del Cristo", Cimitero di Saint Roch a [[w:Buk (Polonia)|Buk (Polonia)]]}} = Vangeli e Halakhah: ricostruzioni = == Introduzione: lo studio accademico di Nuovo Testamento e Midrash == Lo studio accademico del Nuovo Testamento in relazione storica all'ebraismo è stato un argomento di un certo interesse per oltre un secolo. Le due domande centrali che sono state affrontate sono: (1) Se Gesù visse totalmente da ebreo, come può essere che il suo nome sia venerato quale Signore di una religione che è diversa dall'ebraismo? (2) Come dobbiamo intendere la morte di Gesù; quale crimine commise che fosse degno di tale punizione? Per rispondere a queste domande, gli stessi Vangeli implicano alcune risposte che non sono sufficienti per lo storico, sebbene alcuni abbiano seguito tali linee. (1) Gli ebrei rifiutarono Gesù e la storia della sua risurrezione diede l'impulso per la fondazione di una nuova religione, totalmente al di fuori dell'ebraismo. (2) Gesù confrontò la leadership autoritaria del suo tempo dichiarandola inidonea al mandato di Dio e fu ucciso per questo.<ref>{{passo biblico2|Marco|3:6}} è molto vicino a dirlo effettivamente, ma nelle scene di esecuzione questo motivo non viene messo in evidenza.</ref> La seconda risposta è solo indirettamente attribuibile agli scrittori del Vangelo, ma il suo caso può essere comprovato. "Forse fu questa inaudita rivendicazione di autorità sulla Legge mosaica e sulla vita delle persone che turbò i pii ebrei e le autorità ebraiche", scrive [[w:Johann Maier (ebraista)|Johann Maier]].<ref>J. Maier, ''Jesus von Nazareth in der Talmudischen Überlieferung'' (ErFor 82; Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1978) 95.</ref> [[w:Ernst Käsemann|Ernst Käsemann]] si è spinto oltre e ha affermato che Gesù si tagliò fuori dall'ebraismo dei suoi tempi.<ref>E. Käsemann, "Blind Alleys in the ‘Jesus of History’ Controversy", in ''New Testament Questions of Today'' (Londra: SCM Press; Philadelphia: Fortress, 1969) 51 (trad. dal tedesco). Concorda con questo approccio Dodd, Kümmel, Jeremias e molti altri.</ref> In questo Capitolo, non ho alcun interesse a parlare della morte di Gesù, non perché penso che la questione sia priva di interesse, ma perché sono incapace di formarmi opinioni su questioni che non sono di competenza della mia esperienza. È la seconda risposta qui che attira la mia attenzione e a cui mi rivolgo da una prospettiva di familiarità con la letteratura ebraica che può aprire nuove prospettive. In particolare, desidero mostrare che gli insegnamenti incorporati nei Vangeli, che ritraggono Gesù come antagonista ai Farisei, '''sono essi stessi insegnamenti farisaici. Se ciò che Gesù insegnava sbalordì il popolo, non fu perché aveva stabilito la sua autorità contro i Farisei ma, come dimostrano le prove, perché aveva imparato la legge farisaica più di quanto i suoi interlocutori avessero fatto e insegnato correttamente secondo la loro autorità'''. Ora, quando parlo di ciò che Gesù ha detto, intendo solo ciò che è riportato nel suo nome e non pretendo che abbia effettivamente detto o non abbia detto nulla del genere. I Vangeli usano materiali di una società in cui la controversia non era vista come negativa e ostile, ma come didattica e come forma d'arte. È solo nella lingua dell'ultima ambientazione evangelica della maggior parte dei dibattiti che si esprime l'ostilità. Nella sostanza degli insegnamenti c'è, per la maggior parte, poca ostilità. Potrebbe anche essere che gli artefici cristiani di queste tradizioni abbiano detto le cose che hanno detto per aumentare la tensione tra ebraismo e cristianesimo. I dibattiti non sono più visti come esercizi didattici tra Gesù e alcuni colleghi, ma come incontri di boxe in cui il cristianesimo sconfigge l'ebraismo. Ultimamente abbiamo una vasta gamma di idee riguardanti la nicchia di Gesù nell'ebraismo del suo tempo. Harvey Falk ci offre un'immagine di Gesù come fariseo hillelita che discute contro i farisei shammaiti.<ref>H. Falk, ''[https://books.google.co.uk/books/about/Jesus_the_Pharisee.html?id=1SgsAQAAMAAJ&redir_esc=y Jesus the Pharisee]'' (New York: Paulist Press, 1985).</ref> L'intero dibattito è in casa, all'interno del fariseismo. Il libro di Falk è una massa di interpretazioni ipotetiche di passaggi rabbinici, qumranici e cristiani che sono speculativamente legati insieme e poi presentati alla maniera dell'immagine che Rabbi Yaakov Emden aveva di Gesù quando parlava di lui quale autentico ebreo. Inutile dire che non c'è nulla da imparare da Falk. Tuttavia, egli ci ricorda che Rabbi Emden, un talmudista molto erudito, non interpretò Gesù come un eretico nella tradizione rabbinica. Il tentativo di [[:en:w:Alan F. Segal|Alan Segal]] di vedere il messaggio di Gesù e gli insegnamenti dei suoi seguaci come base di una comunità apocalittica è tanto tenue quanto le affermazioni infondate di Falk.<ref>A. F. Segal, "Jesus the Revolutionary", in J. H. Charlesworth (cur.), ''Jesus’ Jewishness: Exploring the Place of Jesus within Early Judaism'' (Philadelphia: American Interfaith Institute, 1991).</ref> Egli dice: "Il messaggio di Gesù che, con il pentimento, tutti sono uguali davanti a Dio è tipico di tutti gli apocalittici settari del tempo. Anche le pratiche cristiane... sono parimenti tipiche degli altri gruppi apocalittici contemporanei". Checché voglia dire qui, è indiscutibile che per fare tali affermazioni deve inventarsi quei movimenti che egli definisce "apocalittici". Segal inventa intere comunità che ritiene seguissero un qualcosa chiamato "apocalitticismo settario" e pretende di poterci dire i messaggi e le pratiche che queste comunità fantasiose avrebbero dovuto proclamare. In effetti, "apocalittico" è un genere di letteratura e non c'è nulla che giustifichi la nozione di gruppi e comunità apocalittiche speciali. Non c'è motivo di sospettare che tutti gli ebrei non abbiano letto i passaggi profetici, sapienziali e apocalittici della Bibbia nel loro insieme. Non dovremmo parlare di gruppi profetici o sapienziali e non abbiamo motivo di parlare di gruppi apocalittici senza presentare prove della loro esistenza. Falk inventa significati ingiustificati per passaggi specifici e Segal inventa caratteristiche ingiustificate di gruppi "settari", qualunque cosa significhi questo termine. La letteratura che egli adduce non può identificare alcun gruppo reale senza fare affidamento su labirinti di speculazioni che non possono consentire le sue conclusioni definitive sui gruppi cristiani o giustificare il suo uso del termine "Gesù, il Rivoluzionario". [[w:Géza Vermes|Géza Vermes]] vede Gesù come un santone galileo che predicava una tolleranza per chi trascurava la legge ebraica.<ref>Si veda G. Vermes, "Jesus the Jew", in Charlesworth (cur.), ''Jesus’ Jewishness'', come anche il suo ''Jesus the Jew: A Historian’s Reading of the Gospels'' (Londra: Collins; Philadelphia: Fortress, 1973).</ref> Si potrebbe dire che i modelli di "uomo santo" che usa non supportano la sua tesi secondo cui l'"uomo santo" predica una tolleranza per la negligenza della Legge. In effetti, Vermes modella Gesù secondo i santi uomini che si dice abbiano compiuto miracoli.<ref>Si veda Vermes, ''Jesus the Jew'', 65–82.</ref> Le storie raccontate su queste persone, tuttavia, non mostrano affatto che fossero tolleranti nei confronti del lassismo nella legge rituale (= ''[[w:Halakhah|Halakhah]]''). In effetti, si diceva che anche gli asini dei giusti fossero particolarmente attenti e consapevoli delle leggi rituali sul cibo. Quali sono gli esempi di queste persone giuste esemplari? Non sono altri che i famosi santi, [[w:Hanina Ben Dosa|Hanina ben Dosa]] e [[w:Phinehas ben Jair|Phinehas ben Jair]]. La presupposizione rabbinica sui santi, come citata ad esempio in ''b. Ta’an.'' 24b, ''Hul.'' 7a, ''’Abot R. Nat.'' Cap. 8, è quella di uomini che erano implacabili sui principi rituali. Inoltre, non credo che la caratterizzazione stessa da parte di Vermes di Gesù come uno che predicava una tolleranza generale per il lassismo nelle leggi ebraiche sia accurata. Né trovo alcuna prova per l'affermazione di Vermes secondo cui Gesù fu incriminato da patrizi sadducei che non potevano condonare la sua sfida all'ordine stabilito. Insomma, ad ogni passo ci troviamo di fronte a pura speculazione. Lo scrittore più influente su questi temi è [[w:Ed Parish Sanders|E. P. Sanders]]. Sanders in uno dei suoi primi lavori afferma che Gesù non è un [[w:Midrash|midrashista]] né un midrashista [[w:Halakhah|halakhico]],<ref>E. P. Sanders, ''Jesus and Judaism'' (Londra: SCM Press, 1985) 247.</ref> e non affrontò le questioni mediante l'interpretazione.<ref>Sanders, ''Jesus and Judaism'', 255.</ref> Per Sanders, Gesù, dicendo a qualcuno di non seppellire suo padre, ma di seguire Gesù invece, potrebbe dimostrare che Gesù era pronto a dire che seguirlo sostituiva ogni atto di pietà religiosa. In generale Sanders è d'accordo con coloro che ritengono che Gesù credesse di vivere all'alba di una Nuova Era, l'Era dell'[[w:Escatologia|Eschaton]] e la Torah così com'era non sempre si sarebbe adattata alla Nuova Era. Ma ciò era per il futuro — nel qui e ora Sanders concorda sul fatto che Gesù non permise che la Torah fosse soppiantata. Discute le questioni e conclude che tale sia il caso sulla base della sua analisi. Nella sua più recente opera sull'argomento, Sanders ribadisce ancora una volta che Gesù non fu in contrasto coi Farisei e procede a discutere i punti che pongono le parole di Gesù in conformità con quella che Sanders considererebbe la pratica farisaica — basata sulla stessa, non troppo fuori luogo, comprensione della letteratura rabbinica da parte di Sanders.<ref>Si veda E. P. Sanders, ''The Historical Figure of Jesus'' (Londra; Penguin, 1993).</ref> Questa è una presentazione più precisa di quella che aveva fatto precedentemente. In generale, sono d'accordo che non c'è molto spazio per vedere le regole di Gesù o della sua ermeneutica in tensione con la tradizione rabbinica extra-scritturale e quindi implicitamente, forse, con la tradizione extra-scritturale farisaica. Almeno a questo proposito si può sostenere che la legge rabbinica preserva le tradizioni farisaiche nella misura in cui troviamo leggi condivise nel Nuovo Testamento e nella letteratura talmudica Tuttavia, non sono d'accordo con la presentazione di Sanders. Il suo programma è semplicemente quello di mostrare l'accordo delle parole di Gesù con le posizioni farisaiche. Dove non può farlo, o postula che quei casi siano retroversioni (per esempio raccogliere del grano di Sabbath) al tempo di Gesù e non tradizioni veramente solide di una tradizione pre-pasquale; oppure interpreta le cose in modo così generale da non soddisfare le ovvie obiezioni che dovrebbero essere sollevate. Nella mia presentazione cito proprio quelle stesse regole rabbiniche, che riguardano precisamente i casi dei Vangeli. La mia analisi si basa su passaggi trascurati da Sanders che non sono soggetti alle stesse critiche che si potrebbero rivolgere alle discussioni un po' generali o ambigue di Sanders. Inoltre, non mi permetto il lusso di rivendicare retroiezioni a meno che io non possa documentare come si è formata la pericope e trovare i pezzi da cui è stata formulata e argomentare in modo convincente che i passaggi sono post-Gesù e artificiali. In effetti, l'unico caso che sostengo in questo modo è il caso della purezza in {{passo biblico2|Marco|7}} e {{passo biblico2|Matteo|15}}, che anche Sanders fa, ma per motivi di probabilità piuttosto che per un'analisi testuale rigorosa. Il mio lavoro è più approfondito e penso più convincente. Ci sono molte critiche al lavoro di Sanders in dettaglio che si potrebbero sollevare, ma in linea di principio la sua affermazione sulla natura dei dibattiti tra Gesù e i farisei è accurata. La mia posizione su questi temi è abbastanza semplice. Sosterrò che abbiamo esempi di Midrash classico nei Vangeli. Inoltre, sosterrò che il Gesù che incontriamo nei Vangeli è molto consapevole della legge farisaica e in generale non la critica, anche se critica certi farisei per molte cose; una di queste è che non conoscono nemmeno le proprie leggi. La sua correzione dei Farisei non è intesa come un rifiuto di loro ma come una riaffermazione della Legge propria, di cui i suoi interlocutori non hanno mostrato una adeguata consapevolezza. Gesù usa metodi ermeneutici che troviamo nella letteratura rabbinica e che chiamerò farisaici, anche se probabilmente non lo erano esclusivamente. In questo capitolo, non faccio nessuna affermazione su ciò che Gesù potrebbe aver detto o non aver detto. Mi interessano i racconti evangelici e il loro significato, ma sempre nel tentativo di scoprire il senso primario delle parole a prescindere dal modo in cui gli scrittori evangelici le presentano nel contesto. Che tipo di idee c'erano nelle tradizioni ereditate dagli evangelisti? Questa è la domanda che mi pongo. I lettori non dovrebbero mai credere che io voglia fare affermazioni che i detti nei Vangeli erano o non erano l’''ipsissima verba'' di Gesù. Un'ipotesi che faccio deve essere chiarita. Laddove si verificano idiomi e leggi condivisi tra le parole di Gesù e gli insegnamenti conservati nella letteratura rabbinica, ipotizzo che questa non sia una semplice coincidenza, né che i rabbini abbiano copiato le idee dal Nuovo Testamento. Le differenze tra le formulazioni sono sufficienti per dimostrarci che non abbiamo una tradizione copiata nella letteratura rabbinica, ma abbiamo la registrazione di un ''corpus'' di materiale più antico, la cui antichità viene attestata dai Vangeli, mentre la letteratura rabbinica ne testimonia i dettagli. Si può dimostrare che alcune frasi usate nel Nuovo Testamento sono semplicemente controparti greche di frasi ebraiche o ebraico-aramaiche esistenti nella letteratura rabbinica. È ovvio che la letteratura rabbinica è erede della stessa cultura che informa i Vangeli. Ci sono punti nella letteratura rabbinica che possiamo dimostrare antecedenti ai rabbini di secoli. La cultura e la religione di Israele non cessarono con la distruzione del Tempio nel 70 e ci sono tutte le ragioni per credere che laddove la letteratura rabbinica si riferisce a questioni legali che troviamo nei Vangeli, abbiamo a che fare con una cultura comune. L'articolo di [[w:Solomon Schechter|S. Schechter]] è un bel pezzo e delinea un approccio convincente all'argomento.<ref>S. Schechter, "Rabbinic parallels to the New Testament", ''JQR'' [vecchia serie] 12 (1900) 415–33.</ref> Possiamo usare la letteratura rabbinica per parlare di queste cose e non dobbiamo nemmeno entrare nella questione della relazione tra [[w:Rabbinismo|Rabbini]] e [[w:Farisei|Farisei]]. Si tratta di tradizioni e non di gruppi. Se vogliamo andare avanti e poi fare o negare le identificazioni in base alle informazioni condivise, possiamo farlo. Non l'ho fatto qui perché non è questo l'argomento del [[Interpretare Gesù in contesto|presente ''wikilibro'']]. L'uso della letteratura rabbinica per gettare luce sui passaggi dei Vangeli si distingue da qualsiasi identificazione di Farisei e Rabbini che possa o meno essere implicita in questa prospettiva.<ref>Credo che si possa argomentare sulla sovrapposizione di istituzioni che distinguono sia i Farisei che i Rabbini, ma questa discussione dovrà attendere un'ulteriore monografia. Niente di ciò che dico qui dovrebbe essere preso come testimonianza al di là delle specifiche affermazioni fatte in questo libro.</ref> [[w:Jacob Neusner|Jacob Neusner]] ha riassunto le note scoperte che la legge mishnaica ha fonti antiche ma è configurata in un sistema legale di sua stessa integrità. Egli osserva che i Vangeli preservano le leggi che sono conservate anche nella Mishnah. Non ci possono essere obiezioni all'uso dell'uno per aiutare a chiarire l'altro, riguardo alle regole individuali. Ce lo dice apertamente nel suo ''Judaic Law from Jesus to the Mishnah''.<ref>J. Neusner, ''Judaic Law from Jesus to the Mishnah'' (Atlanta: Scholars Press, 1993), 18.</ref> {{q|La questione quindi non può concentrarsi sul fatto che la Mishnah in diversi dettagli attinga o meno a regole di giurisprudenza stabilite. Sicuramente lo fa. Un altro modo ancora per dimostrare che i fatti nel sistema della Mishnah che derivano da un periodo sostanzialmente precedente a quello in cui la Mishnah raggiunse la chiusura ci portano ai dati forniti dal documento redatto molto prima della Mishnah. Per un esempio, i dettagli delle regole nei codici di legge trovati nella biblioteca della comunità essena di Qumran si intersecano con i dettagli delle regole nella Mishnah. Ancor più interessante, i resoconti di aspetti della vita israelita danno per scontato che le questioni importanti nella Mishnah siano state oggetto di dibattito molto prima della chiusura della Mishnah. I racconti dei Vangeli circa l'incontro di Gesù coi Farisei, tra gli altri, comprendono regole di diritto o argomenti trattati, importanti per la Mishnah. Ad esempio, non è semplicemente il dato che un atto di divorzio recida il legame tra moglie e marito. La questione dei motivi di divorzio si rivela importante per i saggi i cui i nomi si trovano nella Mishnah... Ne consegue che non solo fatti isolati ma questioni critiche della filosofia giurisprudenziale vennero a galla molto prima della chiusura della Mishnah. Questo fatto produce un risultato incontrovertibile. Le regole della Mishnah devono entrare in giustapposizione, ove possibile, con le regole che si trovano nei codici di legge anteriore, sia israeliti che di altro tipo. Tale è il caso, anche se attualmente sembra che solo una piccola parte di tutte le regole della Mishnah rientri nella cornice dei documenti precedenti, remoti o prossimi. Per ogni regola che possiamo mettere in parallelo in una composizione precedente, la Mishnah ci fornisce dozzine di regole che per argomento, logica o anche mero dettaglio non hanno alcun confronto con qualsiasi cosa ora conosciuta in una composizione precedente, dagli scrittori sumeri e accadici agli scrittori esseni e finanche cristiani. (L'unica eccezione, i codici di legge della Scrittura Ebraica, viene esaminata nella sezione successiva.) I dettagli della legge, ove possibile, devono ancora essere confrontati con dettagli equivalenti nei documenti precedenti, sia narrativi che legislativi.}} Neusner prosegue dicendo che il prodotto finale della Mishnah ci dà una rielaborazione delle fonti che è totale e crea nuove strutture dai materiali ereditati. Tale è certamente il caso. Possiamo solo aggiungere all'analisi di Neusner che anche gli [[w:Amoraim|Amoraim]] avevano ereditato materiali antichi e furono in grado di inserirli nel sistema della Mishnah o in alcuni casi interpretare la Mishnah alla luce delle fonti antiche e trascurare le nuove formulazioni della Mishnah. Ad esempio, gli Amoraim talmudici<ref>Si veda ''b. Rosh Hash.'' 17a.</ref> sanno che è probabile che Dio perdoni i peccati di coloro che perdonano gli altri che trasgrediscono contro di loro, proprio come troviamo nella "[[w:Padre nostro|Preghiera del Signore]]".<ref>Si veda {{passo biblico2|Matteo|6:12}}.</ref> Ora, sebbene questa non sia di per sé una scoperta spettacolare, la situazione cambia quando guardiamo da vicino il brano talmudico. Qui troviamo che la base di questa dichiarazione è una frase in {{passo biblico2|Michea|7:18}}, "Qual Dio è come Te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità!" I rabbini talmudici tuttavia riformulano la frase nel senso: "Tu perdoni i peccati; vale a dire, per colui che perdona i peccati degli altri contro se stesso".<ref>Poiché gli esegeti ebrei, che sia Flavio Giuseppe, o Filone, i Qumraniti, i Rabbini, la Scrittura, non avrebbero ripetuto frivolamente le parole di continuo. Pertanto, il versetto dovrebbe essere letto in modo tale da esporre un'idea convincente e non semplicemente un'espressione ripetitiva e parallela.</ref> Quindi vediamo due cose: gli Amoraim preservano tradizioni che sono attestate centinaia di anni prima del loro tempo e inoltre possiamo trovare la base della preghiera inclusa nel Nuovo Testamento e le sue basi scritturali. Quest'ultimo punto è importante. Si potrebbe pensare che una preghiera adeguata dovrebbe dire: "Perdonaci perché abbiamo peccato!" o "Perdonaci perché Tu sei misericordioso". Perché dovremmo dire a Dio che noi siamo lo standard di ciò che Dio deve fare e se perdoniamo gli altri anche Lui dovrebbe perdonare noi? Ora constatiamo che un versetto biblico si trova dietro l'esortazione e quindi vediamo che il Midrash sul versetto (noto da fonti babilonesi redatte secoli dopo il Nuovo Testamento) è precedente alla preghiera del Nuovo Testamento che lo presume. Lo studio della Mishnah è solo una delle tante risorse per attingere alle antiche regole intrappolate per qualsiasi motivo nelle pagine dei Vangeli. Pregevole è anche lo studio delle opere successive. Mentre si legge il presente lavoro, l'uso del Midrash e di altre fonti rabbiniche per scoprire il significato dei passaggi del Nuovo Testamento emerge come un passo necessario nella lettura dei Vangeli. L'approccio continua lo studio di quegli esegeti che ancora si preoccupano di applicare il Midrash alle sue proprie condizioni agli scritti che utilizzavano lo stesso idioma e la stessa forma di Midrash. I modelli dell'impresa rappresentati da altre scuole del "Midrash come letteratura" devono essere accantonati per la storia del Midrash, come è evidente nel Nuovo Testamento. La critica letteraria della nuova scuola non aiuterà qui a chiarire nulla. Qui accantoniamo anche altre tendenze. La critica retorica ebraica, al contrario dei modelli greci più frequentemente usati, può avere risultati più convincenti. In tutti i casi è importante non solo stabilire il probabile senso di un passaggio, ma anche mostrare come questo significato si inserisce facilmente nel paragrafo del Vangelo in esame. Esaminiamo quindi un esempio tratto da materiali aggadici che non è stato discusso in connessione con le narrazioni evangeliche della trasfigurazione. == Mosè, Elia, Gesù: la letteratura rabbinica sulla trasfigurazione di alcuni motivi dall'ebraismo al cristianesimo == {{Immagine grande|Titian Transfiguration c1560 SanSalvador.jpg|800px|''"La Trasfigurazione"'', olio di Tiziano (1560)}} Nei vangeli sinottici troviamo una tradizione ben attestata che risale a strati delle primissime tradizioni di Gesù. La sezione del racconto che qui attira la mia attenzione è la cosiddetta ''[[w:Trasfigurazione di Gesù|Trasfigurazione di Gesù]]'' ({{passo biblico2|Matteo|17:1-8}} = {{passo biblico2|Marco|9:2-8}} = {{passo biblico2|Luca|9:28-36}}): Gesù seleziona tre discepoli e i quattro salgono insieme su un'alta montagna. Allora Gesù comincia a risplendere e le sue vesti diventano di un bianco rifulgente e abbagliano tutti. Elia viene con Mosè e parlano con Gesù. Ogni Vangelo ha inquadrato le cose in modo leggermente diverso e fornirò alcuni suggerimenti presi dalla letteratura rabbinica su come concentrarsi sull'intento dei Vangeli. Il mio primo obiettivo è discutere gli atteggiamenti prevalenti nell'ebraismo che avrebbero trovato un contesto per le figure di Mosè ed Elia e del Messia.<ref>In successivi Midrashim medievali raccolti in J. D. Eisenstein, ''Otzar Midrashim'' (1915) o in S. A. Wertheimer, ''Batei Midrashot'' (1950), troviamo riferimenti occasionali a tutti e tre, ma non possiamo postulare granché circa la loro antichità o indipendenza da influenze cristiane.</ref> Conosco solo un riferimento esplicito nella letteratura rabbinica e viene dal Midrash sui Salmi dove i tre sono presentati ''seriatim''. Questo caso sarà discusso di seguito in dettaglio. Qui possiamo trovare argomenti abbastanza pertinenti da suggerire che la letteratura rabbinica condivide alcune antiche tradizioni (in connessione con Mosè ed Elia) coi Vangeli. Le tradizioni apparentemente si sono sviluppate in modo diverso al loro interno e non dobbiamo ipotizzare prestiti diretti.<ref>Con l'eccezione del ''Midrash Esther'', gli unici Midrashim che ho trovato riguardo a Mosè ed Elia sono quelli che confrontano i due. Ne ho trovati almeno sei in ''[[:en:w:TanhumaTanhuma]]'' e almeno altri dieci in ''Midrash Rabba'' e talvolta anche riferimenti al primo redentore e all'ultimo redentore. Ma questi Midrashim ci mostrano solo che i modelli della vita di Elia seguono quelli di Mosè (che di conseguenza è talvolta chiamato il maestro di Elia). In ''Pesikta Rabbati'' cap. 4 si troveranno molti confronti elencati in un unico posto. Ma non c'è molto da imparare per i nostri scopi da questi elenchi.</ref> Il passaggio nel Midrash al Libro dei Salmi non è tipicamente rabbinico in quanto manca del motivo della preghiera e del pentimento ed è probabilmente da una fonte molto prima delle fonti rabbiniche che si occupano di questioni messianiche. Data l'evidenza dei racconti evangelici sulla trasfigurazione, dobbiamo considerare la probabilità che il nostro Midrash dal Libro dei Salmi sia più utile per comprendere lo sfondo delle varie componenti nei Vangeli sinottici.<ref>I motivi messianici nella letteratura rabbinica che non hanno a che fare coi personaggi di Mosè o Elia sono esclusi dalla discussione.</ref> == Mosè, Elia, Messia == Illustrerò ora che questa scena nei Vangeli si basa probabilmente su un'esegesi già formata dal primo secolo, in cui è già stato impostato il modello della redenzione. Non pretendo che abbiamo totalmente quell'esegesi nella sua forma originaria, ma ne abbiamo una forma che ci permetterà di constatare che gli elementi nelle scene del Vangelo hanno un punto di riferimento fisso in un'interpretazione del Libro dei Salmi che può spiegare i vari elementi presenti nei Vangeli. Cito ''Midrash Tehillim'' nel Salmo 43, che intreccia una storia sui versi di questo Salmo.<ref>Il testo che cito è preso da ''[[:en:w:Yalkut Shimoni|Yalqut Shimoni]] a Salmo 43'', che contiene un testo leggermente differente da quello dell'edizione classica di S. Buber, ''Midrash Tehillim'' (Vilna: Romm, 1891), che offre una variante ibrida del {{passo biblico2|Salmi|43}}. Per motivi testuali critici, troppo complicati da spiegare qui, la versione che fornisco dovrebbe essere considerata la prima versione. Il Midrash contiene antiche tradizioni che collegavano Mosè, Elia e l'Eletto.</ref> {{q|Salmo 43:2 afferma: "Perché vado in giro vestito a lutto per l'oppressione del nemico?". [Dio non mi ha forse salvato in passato e non me lo dice anche ora] — Non ti ho forse mandato la redenzione (in Egitto) allora, siccome è detto: "Egli MANDÒ Mosè, suo servo, e Aaronne, che aveva SCELTO" (Sal. 105:26); e così Egli ce ne manda altri due come loro controparti, siccome è detto in Sal. 43:3: "Manda la tua luce e la tua verità, perché mi guidino..." Quindi Dio dice loro: Io vi manderò di nuovo la salvezza, siccome è detto: "Ecco, vi MANDO Elia il Profeta" (Mal. 3:22-23). Quindi ora uno è nominato. Il secondo è "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio ELETTO di cui mi compiaccio" (Isa. 42:1). Così dice il Salmo: "Manda la tua Luce e la tua Verità, perché mi guidino; mi conducano al tuo santo monte e alle tue tende" (Sal. 43:3).}} Questo è il modello stesso del racconto del Vangelo, in cui Elia viene con Mosè ad incontrare Gesù. Il sacerdote Aronne, praticamente assente dai Sinottici in generale, manca anche in questa scena. In ogni caso, il Salmo-Midrash cita {{passo biblico2|Isaia|42:1}} e così fanno i Vangeli (specialmente {{passo biblico2|Luca|9}}). La voce celeste che identifica Gesù come il figlio amato è il culmine di questo pezzo. La nuvola luminosa passa sopra e annuncia: "Questi è il Figlio mio, l'eletto (= il mio amato)" e alcune versioni evangeliche contengono "in cui mi compiaccio" cioè "il personaggio" di Isa 42:1. "Ll mio eletto di cui mi compiaccio" è identificato come "questi", che significa Gesù e ora identificato come "mio figlio". Il ''Targum ai Profeti'' non fa mistero a chi Isaia si riferisce. È al mio servitore il Messia. I Vangeli insistono sul fatto che quello è Gesù; non Mosè e non Elia. Il punto di Isaia 42, come la questione del Salmo 43, che inquadra questo episodio nei Vangeli, è il giudizio delle nazioni che hanno perseguitato Israele. È possibile che questa fosse la comprensione originale di tale scena. In effetti, nei racconti evangelici c'è persino un tentativo di costruire tende e il Salmo 43 si riferisce esplicitamente alle tende. "Mi conducano al tuo santo monte e alle tue tende" Ho il sospetto che il fattore scatenante immediato ad includere questa scena nella tradizione evangelica sia l'ultima parola del Salmo 43: ''Yeshuot panai ve’elohai'' ("Le salvezze del mio Volto e del mio Dio"), con ''Yeshuot'' che significa Gesù. Molte citazioni bibliche sono messe nei Vangeli che contengono la parola ''yeshua'' che significa salvezza (e '''Yeshu''' era una pronuncia comune di Yehoshua, cioè Gesù) da qualche parte in prossimità della citazione menzionata e questo è solo un altro caso. Tuttavia, non è il Salmo 43 stesso ad essere evocato nei Vangeli, ma il Midrash sul Salmo e le sue figure di Mosè ed Elia e i suoi riferimenti messianici a Isaia 42:1. Da notare anche il motivo della "Luce" che indica una figura messianica. Nel racconto evangelico dell'incontro di Gesù con Mosè ed Elia, Gesù diventa luminoso. Gli elementi della scena della trasfigurazione sono ora tutti presenti e questo modello midrashico fornisce più risposte di qualsiasi altro modello. Questo Midrash si verifica in quella che gli studiosi critici di Midrash definirebbero una fonte tarda. Tuttavia esiste una linea di costellazioni uniche e simili che collega il racconto del Vangelo al Midrash. Poiché il Midrash è inquadrato all'interno di un verso la cui cornice esegetica è sufficiente (e per certi versi anche necessaria) per spiegare i dettagli nei racconti evangelici, suggerisco che il contesto esegetico, in effetti, si trovi dietro la narrazione evangelica. La possibilità di coincidenza o di prestito diretto dai Vangeli è molto bassa, la possibilità di un ascendente comune è abbastanza ragionevole. Inoltre, sebbene vi siano analogie sufficienti per suggerire una relazione, ci sono anche differenze sufficienti per escludere il prestito diretto. I racconti evangelici ci mostrano come le tradizioni ebraiche possono essere utilizzate per scopi cristiani. Questo non è il caso per quanto riguarda l'[[w:Halakhah|halakhah]] (legislazione giudiziaria non presente nelle Scritture). Nel caso dell'halakhah, la legge scribale è virtualmente la stessa presentata da Gesù nei Vangeli — e non è per scopi cristiani. Diamo un'occhiata al forme di dibattito, che ora abbiamo nei Vangeli, e concentriamoci su un dibattito legale per vedere come i Vangeli preservano il materiale halakhico autentico presentato per bocca di Gesù. == Dibattiti Gesù-Farisei sul Sabbath == Il tempo del [[w:Shabbat|Sabbath]] ebraico è il periodo più importante nella religione ebraica. Per gli ebrei, nessun altro giorno deve essere osservato così profondamente santo come deve essere osservato il Sabbath. In tal giorno Israele e Dio si incontrano nella sacralità. Questo è il giorno da dedicare alle conquiste spirituali. Dai giorni dei profeti furono proposti consigli su come trarre il massimo beneficio religioso dal Sabbath. {{passo biblico2|Isaia|58:13-14}} mostra preoccupazione per un comportamento corretto, che esprima atteggiamenti appropriati verso il santo giorno del Sabbath. Guardare i resoconti evangelici della guarigione che Gesù fece di Sabbath alla luce degli insegnamenti ebraici può aiutarci a capire il comportamento e gli atteggiamenti a cui testimoniano questi racconti e mostrarci anche l'antichità di leggi che altrimenti potrebbero essere scambiate per innovazioni rabbiniche tardive. In tutti i casi è probabile che la guarigione di Gesù in sé non costituisca nulla che molti scribi e farisei avrebbero riscontrato come violazione della legge della Torah. Non sappiamo se le fonti che parlano a nome di Gesù possano aver immaginato che egli condonasse la violazione del Sabbath per tutti i tipi di guarigione.<ref>Anche amputare fisicamente dove non c'era possibile pericolo nell'attendere fino al calar della notte.</ref> Le fonti possono argomentare solo dal punto di vista degli oppositori di Gesù, ma non dal punto di vista di Gesù stesso, per convincere i Farisei che Gesù ha agito secondo le loro regole. È un enigma che il Vangelo di Marco non offra alcuna difesa del comportamento di Gesù, ma solo la condanna dei suoi avversari. Dobbiamo presumere che Marco pronunci la diatriba nel suo capitolo 7 contro la "legge umana"<ref>Il punto importante è vedere che c'erano due serie di leggi operative per i Farisei: le regole della Torah e le promulgazioni scribali. Alcuni esempi di rappresentazioni scribali, che sono importanti per la comprensione di Marco, possono essere trovati in ''t. Kelim'' e ''t. B. Mesia'' 3.</ref> che eradica le "regole bibliche divine di assistenza", a servire generalmente lo scopo di respingere tutta la legge scribale. Non è necessario altro. Marco è diverso da Luca e Matteo, che di solito cercano di argomentare entro i parametri della legge degli scribi. Sebbene {{passo biblico2|Matteo|15:1-9}} abbia anche un passaggio parallelo a Marco 7 per respingere la forza delle tradizioni scribali, Matteo cerca comunque di offrire una difesa scribale della guarigione fatta da Gesù: ''perché i Farisei si lamentano? Anche secondo le loro stesse leggi non ho fatto nulla di male. Sicuramente queste sono semplicemente persone malvagie che cercano scuse per condannarmi.'' Dal momento che Matteo fa questo, non abbiamo altra scelta che capire che per Matteo la diatriba contro la legge umana non è solo l'esempio che condanna tutta la legge scribale come succede in Marco, ma è specifica del caso (certi voti) discussi e non di più. Matteo vede Gesù attento a molte leggi degli scribi. Quindi il suo Gesù si impegnerà in ragionamenti farisaici. J. N. Epstein aveva notato che molte delle repliche di Gesù riportate nei Vangeli di Matteo e Luca sono in consonanza con le fonti della Mishnah e Tosefta.<ref>Si veda J. N. Epstein, ''Prolegomena ad Litteras Tannitica'' ( Gerusalemme: Magnes, 1957) 280–81.</ref> Egli suggerisce che gli oppositori farisaici non sono ritratti come dotti nella legge ebraica al pari di Gesù. Il Gesù di Marco sembra respingere il ragionamento farisaico come sbagliato ''ab initio'' poiché egli non si impegna mai in argomenti scribali nei suoi propri termini. Sebbene ci siano critiche e difese ampiamente attestate delle azioni di guarigione da parte di Gesù in tre racconti evangelici, non ce n'è nessuna in Marco. A Marco non interessa che Gesù difenda nessuna delle sue azioni in base alle leggi scribali o al ragionamento degli scribi. L'apologetica precisa è diversa in ciascuno dei Vangeli. Sembrerebbe quindi che le parole dell'argomento dei dibattiti tra Gesù e i Farisei siano state discusse nelle prime chiese e poi adattate alla migliore ricostruzione.<ref>La nostra indagine ci mostrerà che i concetti della Legge ebraica di cui si parla ampiamente nel XVII secolo, citati in modo frammentario nel XIV secolo (che stanno dietro le argomentazioni talmudiche del V secolo) sembrano già popolari nel I secolo.</ref> La strategia di difesa è diversa da Vangelo a Vangelo. Ciononostante, ogni Vangelo presenta le proprie giustificazioni in termini accettabili per le categorie rabbiniche, tranne che per Marco. Marco fa affidamento sull'esclusione di queste categorie poiché ''ab initio'' tutta la legge farisaica contravviene ai comandamenti della Torah sull'aiutare gli altri. Matteo ha la stessa polemica che si trova in Marco 7, ma offre motivazioni farisaiche per difendere Gesù in tutti gli altri casi. In breve, c'era una forte tradizione secondo cui Gesù respingeva solo quelle idee scribali dei voti che interferiscono con gli obblighi sociali della Torah, come il rispetto dovuto ai genitori. Non c'è una forte tradizione sul fatto che rifiuti le idee scribali relative alla guarigione di Sabbath. I Farisei nei dibattiti presumono che Gesù sia in errore. Quindi Gesù offre difese che soddisfano i requisiti delle categorie scribali. Cioè, Gesù è criticato da coloro che credono che egli abbia trasgredito la legge scribale e Gesù fa notare che in verità non è così. Che Marco, in generale, non abbia difese per la guarigione di Sabbath fatta da Gesù può semplicemente indicare che Marco comprendeva che la religione era definita dal confronto. Gesù e i farisei erano nemici. Un Gesù farisaico non avrebbe alcun senso per lui. Pertanto, l'imposizione della controversia su giuramento e voto nel mezzo della guarigione di Gesù, è progettata per evidenziare il carattere morale di Gesù come guaritore. Marco segue un'altra tradizione e registra una diatriba ricevuta contro quelle leggi scribali di "purezza e voto" che sembrano contraddire l'autorità divina come si trova nella Scrittura. Marco colloca questa singolare diatriba nel contesto della guarigione fatta da Gesù. L'effetto totale sul lettore è quello di dare l'impressione che le regole di guarigione, anzi tutte le regole scribali, siano ignorate. Questa giustapposizione letteraria realizza ciò che la tradizione ricevuta non implicava nemmeno. Matteo ha combinato entrambi gli approcci, anche se sono incoerenti, e non avrebbe mai permesso che Gesù scartasse tutta o anche la maggior parte della legge scribale. I Farisei siedono sul seggio di Mosè.<ref>Si veda {{passo biblico2|Matteo|23:2}}.</ref> == Tradizione scribale == La Mishnah e la Tosefta registrano molte sentenze del Sabbath proibite dagli Scribi ma non considerate proibite dalla legge della Torah. Il Tosefta discute le origini dei divieti scribali<ref>Cioè, gli scribi stabilirono per legge casi in cui di Sabbath sarebbe stato vietato maneggiare animali e certi utensili.</ref> "tipo [[:en:w:muktzeh|muktzeh]]".<ref>''t. Shab.'' 14.1 è discusso in ''b. Shab.'' 123b, che cita autorità sia palestinesi sia babilonesi che datano le leggi di "muktzeh" al periodo del Secondo Tempio.</ref> Poiché questi tipi di decreti discutono le pratiche del Tempio, le solide tradizioni palestinesi e babilonesi che affermano che queste risalgono ai tempi del Secondo Tempio, sono garantite. Queste regole sono di origine umana — e ognuna di queste leggi aveva una logica e una gerarchia di importanza nello schema complessivo delle cose, ad esempio, per proteggere le persone dal trasgredire erroneamente le leggi bibliche. Alcune priorità urgenti possono prevalere sulle regole scribali in determinate circostanze. Queste regole furono fatte circolare e praticate ma non discusse frequentemente.<ref>Questo "silenzio pubblico" su quando la legge rabbinica poteva essere mitigata, era giustificato sulla base del fatto che era in gioco l'onore divino.</ref> Gli scritti del Nuovo Testamento, come l'espressione in {{passo biblico2|Matteo|12:11}} "afferra e tira fuori", sembrerebbero confermare l'impressione dell'antichità di queste leggi.<ref>Il divieto di ''muktzeh'' è quello di afferrare e sollevare (''tiltul'') oggetti che rientrano in categorie che precludono la normale manipolazione di Sabbath.</ref> Alla legge scribale era accordato un rispetto molto profondo e non era facile che fosse ignorata. Pertanto, anche quando alcune regole venivano ignorate, venivano ignorate in modi commisurati alle priorità scribali. Rilassa questa legge minore piuttosto che un'altra. Le ragioni principali addotte dalla maggior parte delle autorità per sospendere le leggi scribali che proibivano di sollevare/spostare animali o utensili "impreparati" (oggetti non messi da parte prima del Sabbath specificamente per l'uso di Sabbath) erano per il bene di: consentire importanti buone azioni come studio della Torah di Sabbath o ospitalità di Sabbath; alleviare il dolore agli animali, calmare le persone sulla perdita di oggetti personali. == Il problema == Il problema nei Sinottici è che non conosciamo l'accusa precisa contro Gesù. Di cosa è accusato Gesù? Poiché le sue difese si basano su quelle occasioni in cui anche gli stessi Farisei sembrano aver rilassato la legge scribale, dovremo presumere che l'accusa contro di lui fosse solo di aver trasgredito alcune leggi degli scribi. Tuttavia in {{passo biblico2|Luca|13:14}}, il presidente della sinagoga gli cita {{passo biblico2|Esodo|31:15}}: "Si lavorerà sei giorni". Questo ci porta a credere che sia stato criticato per aver dissacrato le leggi bibliche. Suggerisco di retrovertire l'ebraico a significare "Sei giorni può egli essere riparato con il lavoro". Questo è il senso inteso: Gesù viene criticato per aver ''riparato'' le persone di Sabbath. [[w:Obadja Sforno|Obadja Sforno]] (commentatore biblico ebreo italiano del XVI secolo) commenta qui: "Quando è possibile eseguire un comandamento in un altro giorno, il Sabbath non viene messo da parte per questo". Tale è l'obiezione. A quanto pare Gesù ha infranto una legge. Era una legge della Torah? Il funzionario, come abbiamo notato, cita la Scrittura. Gesù risponde menzionando una legge che prevede un rilassamento delle ingiunzioni scribali contro lo scioglimento di nodi reali che vengono sciolti quotidianamente. Tra le altre cose vediamo che i saggi permettevano che i fasci di covoni venissero sciolti (un divieto rabbinico) per nutrire il proprio animale.<ref>''m. Shab.'' 24:2.</ref> Dobbiamo pensare che i Vangeli non fanno distinzione tra legge scribale e legge della Torah? Pensano forse che tutta la legge del Sabbath abbia la stessa autorità. Forse dobbiamo pensare che Gesù sia specificamente accusato di violare la legge della Torah.<ref>È dubbio che questo sia il caso per ragioni che ora discuteremo.</ref> == La soluzione == Chiediamoci ora: "Che cosa ha turbato esattamente i suoi avversari riguardo alle sue azioni?" Ci sono passaggi talmudici che si prestano all'idea che se una condizione non peggiorerà affatto fino alla fine del Sabbath, tutte le leggi rabbiniche<ref>Affinché non si arrivi a violare la legge biblica consentendo la macinazione di medicine inutilmente, si veda ''b. Shab.'' 53b.</ref> e le leggi bibliche sono in vigore nei confronti di questa persona. D'altra parte ci sono ragioni per dire il contrario: rispetto a una persona che sta soffrendo, tutte le leggi sono sospese per il suo benessere. Gesù, secondo il Vangelo, sosteneva l'altro lato del dibattito interno, che asseriva che erano consentiti alcuni atti di guarigione che non trasgredivano le leggi bibliche. Era convenuto che gli atti biblici (orali) di guarigione proibiti di Sabbath includevano bollire, macinare, accendere, tagliare, ecc. e questi non erano oggetto del dibattito. Tali atti erano conosciuti dalle idee farisaiche riguardanti la Bibbia Orale. È ancora possibile pensare che l'accusa contro Gesù per la guarigione di Sabbath fosse una violazione della legge della Torah. Egli riparò un corpo. ''m. ’Ed.'' 1:8 potrebbe farci credere che la correzione di un organo umano non funzionante di Sabbath, dove non c'era pericolo che la condizione peggiorasse, potrebbe costituire un atto di divieto della Bibbia Orale di "riparare" o "costruire". Questa possibilità esiste certamente. Se è così, gli argomenti del Nuovo Testamento non sono convincenti. Rilassare un'ingiunzione rabbinica non è la stessa cosa che rilassare una legge della Torah orale. Le argomentazioni sarebbero cadute a pezzi. Tuttavia, i casi in ''’Eduyot'' sembrano essere quelli in cui viene fatto qualcosa di fisico nel corpo per alleviare un'irritazione non vitale. Nei casi presentati nei Vangeli non sono state fatte incisioni o ricostruzioni in organi o nella carne. Gesù guarisce toccando.<ref>Tali cose sono discusse come generalmente ammissibili in ''t. Shab.'' 7.23. Cfr. ''b. Sanh.'' 101a.</ref> Penso che i Vangeli abbiano a che fare con le critiche rabbiniche contro la guarigione di Sabbath, dove non c'è bisogno di guarire durante il Sabbath stesso. Le difese offerte nei Vangeli sinottici di Luca e Matteo sembrano affrontare le questioni scribali/rabbiniche del Sabbath e non quelle della Torah. In superficie sono abbastanza attuabili. Il capo della sinagoga, in Luca 13:14, cita Esodo 31:15, per ricordare a Gesù che anche gli scribi non avevano attenuato le loro leggi tranne nei casi che non potevano essere rinviati fino alla notte dopo il giorno di Sabbath. Non si riferiva solo alle leggi bibliche ma anche a quelle rabbiniche che avevano la struttura di Esodo 31:15. Qui le parole letterali del versetto sono ridondanti "Sabbath-Sabbatical" e i Saggi della legge scribale videro qui un riferimento secondario alle regole aggiunte dai Rabbini per garantire l'osservanza del Sabbath al suo livello più puro. Il versetto serviva come una specie di riferimento generale a quelle occasioni in cui le leggi scribali potevano essere applicate. Ciò che era considerato pertinente alla legge biblica serviva anche alla categoria della legge scribale. Sebbene la regola comune e popolare fosse che non era permesso nessun modo di guarigione per casi benigni, secondo Matteo e Luca, Gesù dichiarò che questa regola era in contraddizione con la legge scribale. Poiché la legge scribale veniva rilassata per gli animali, doveva essere rilassata anche per gli esseri umani in caso di condizioni benigne. In altre parole, per ragioni diverse, Gesù applicò la stessa regola di comportamento descritta da [[w:Yisrael Meir Kagan|Rabbi Kagan]] (inizio del XX secolo). Gesù pensava che fosse errato l'insegnamento che proclamava che nessuna guarigione<ref>Anche quando la legge biblica rimaneva intatta.</ref> poteva essere fatta di Sabbath quando la condizione era benigna. Gesù giustificava così il proprio comportamento in modo halakhicamente accettabile. == La retorica == I tratti retorici di molti dibattiti sul Vangelo sono espressi in questo quadro: : Dichiarazione della Pratica Legale ANALOGICA dell'opponente come Domanda: : "Non è questa la tua pratica in casi simili alla nostra discussione?" :: Conclusione: quindi devi essere d'accordo con me per essere coerente. Vediamo in dettaglio come ciò che viene affrontato si adatta a una forma standard: : Presupposto legale: (a) Qualcosa sembra davvero problematica e in generale la tua posizione è giusta. (b) Ecco per analogia il motivo per cui questo caso è un'eccezione. :: Conclusione raggiunta: ora possiamo entrambi essere d'accordo che io ho ragione. L'argomento farisaico-sadduceo in ''m. Yad.'' 4:5 riecheggia precisamente questa forma. I Sadducei si lamentano della pratica farisaica di non venerare certi rotoli venerati da alcuni gruppi. Rabbi [[w:Jochanan Ben Zakkai|Yohanan ben Zakkai]] chiede loro se non riveriscano le ossa del loro venerato Sommo Sacerdote più di quanto farebbero con le ossa di un asino e poi fornisce l'argomento che devono allo stesso modo essere d'accordo con la pratica farisaica che è stata contestata. L'argomento implicito è che le opere in discussione (''homoros''—probabilmente quei Rotoli della Torah usati dalla nazione "stolta" = ''ho moros'' dei Samaritani) hanno il valore di ossa d'asino (''hamor''). Qui, a parte la simpatica somiglianza fonica, abbiamo la forma argomentativa ideale, che è stata citata sopra. I Sadducei ricevono un esempio preso dal loro venerato Sommo Sacerdote, con il quale saranno d'accordo. Ciò conferma l'argomentazione. Vediamo ora come opera questa forma nei Vangeli. La legge scribale come la conosciamo, nella sua essenza, è molto più antica dei rabbini post-70.<ref>Non solo il Nuovo Testamento può confermare l'antichità dei principi legali dei primi rabbini, ma può anche confermare quelli medievali e moderni.</ref> Un corpo di tradizione è emanato da antiche comunità ed è ancora oggi riconoscibile e rintracciabile. Dato questo stato di cose, dobbiamo valutare le leggi menzionate nel Vangeli che un moderno studioso di Legge ebraica riconoscerebbe comunque e su questa base esaminerebbe l'ermeneutica e la retorica dei passaggi neotestamentari. 36 While he too is cured in Luke and Mark, Jesus’ defense in Luke is offered in two other cases, while no defense is given in Mark. ; 1. Matteo {{passo biblico2|Matteo|12:10-13}}. Apologetica per aver curato di Sabbath un uomo con una mano raggrinzita.<ref>Mentre costui è guarito anche in Luca e Marco, la difesa di Gesù in Luca è offerta in altri due casi, mentre nessuna difesa è data in Marco.</ref> : Dichiarazione della Pratica Legale ANALOGICA come Domanda: Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di Sabbath in una fossa, non l'afferra e la tira fuori? :: Argomentazione: Una persona vale più di una pecora di cui allevi il dolore di Sabbath. :: Conclusione: Pertanto si può legalmente rendere aiuto di Sabbath per alleviare il dolore di una persona. :: Presupposto legale: (a) Toccare e sollevare una p[ecora costituisce una tragressione del Sabbath. (b) A causa del valore della pecora e la necessità di ridurre il suo dolore la trasgressione è annullata. :: Conclusione raggiunta: Ogni guarigione che aiuta un essere umano è consentita di Sabbath. ; 2. Luca {{passo biblico2|Luca|14:3-5}}. Apologetica per aver curato di Sabbath un uomo idropico. : Dichiarazione della Pratica Legale ANALOGICA come Domanda: Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di Sabbath? :: Argomentazione legale raggiunta: A maggior ragione gli esseri umani possono essere aiutati. :: Presupposto legale: (a) È vietato sollevare un asino o un bue di Sabbath. (b) Al fine di alleviare il dolore dell'animale, l'infrazione viene annullata. :: Conclusione raggiunta: Guarire per alleviare il dolore è consentito. == Discussione == I primi insegnamenti specifici esistenti in merito ad un animale bloccato in una fossa di Sabbath si trovano nel ''[[w:Documento di Damasco|Documento di Damasco]]'' (CD 11:13): Se un animale cade in una cisterna o in un pozzo, non tirarlo fuori di Sabbath. Un reperto post-Nuovo Testamento trovato in ''t. Shab.'' 14.3 afferma: Se un animale cade in una fossa, allora si dovrebbe dargli da mangiare cibo lì (cioè, ma non estrarlo) in modo che non debba morire. Gli Amoraim babilonesi pensavano che questo significasse che se l'animale poteva stare comodamente, allora si doveva dargli da mangiare mentre era nel fosso, ma se dove si trovava l'animale provava dolore, allora poteva essere rimosso anche se ciò avrebbe comportato la violazione di un decreto scribale minore. Si veda ''b. Shab.'' 128b. Seguivano il ragionamento che il dolore dell'animale doveva essere assolutamente alleviato secondo il decreto della Torah ({{passo biblico2|Esodo|23:5}} riguardante un animale sotto stress afferma: "Sicuramente lo aiuterai") e questa ingiunzione della Torah può annullare certe proibizioni scribalii del Sabbath. Sebbene non abbiamo affermazioni tannaitiche come questa, l'antichità della tarda tradizione amoraica babilonese è confermata dalla prima dichiarazione di Gesù nel Nuovo Testamento. La pratica di alleviare il dolore di animali bloccati nelle fosse risale ai tempi del Secondo Tempio, sebbene le fonti ebraiche scritte siano attestate relativamente tardi. Il punto è che il Documento di Damasco e la successiva Tosefta non menzionano alcun permesso per districare l'animale, sebbene la Tosefta implichi che dovrebbero essere prese misure se l'animale è in pericolo di morte. Non fino alla più tarda età degli Amoraim babilonesi troviamo che, ove un animale soffra è possibile adottare metodi per districarlo anche se i decreti scribali potrebbero essere violati. Questa è l'evidenza delle fonti ebraiche. Quando guardiamo le fonti cristiane, troviamo proprio le stesse leggi del Talmud che consentono l'estricazione, ma queste fonti sono secoli prima di quelle talmudiche. Una possibile conclusione è che i Vangeli conservino antiche sentenze tramandate oralmente all'interno dell'ebraismo fino a quando non furono stabilite dai rabbini, molto più tardi. È davvero così? Proviamo che lo è. Gli animali sono classificati come "oggetti non sabbatici" e quindi non devono essere spostati.<ref>Si veda ''b. Shab.'' 128b e ''t. Shab.'' 15.1.</ref> Poiché il Nuovo Testamento usa l'espressione "afferrare e tirar fuori", vediamo che il problema è un "muktzeh" scribale — "gli animali non sono messi da parte per l'uso sabbatico" e quindi non devono essere presi e sollevati. Gli Scribi prescrissero che gli oggetti "muktzeh" non devono essere presi e sollevati. Nella necessità di giustificare un insegnamento, il Talmud babilonese rivela che potrebbe esserci una regola di ''hefsed meruba'' (perdita sostanziale).<ref>Permesso di ignorare la legge del Sabbath scribale quando un oggetto è di grande valore per il suo proprietario.</ref> Il Talmud postulava che se qualcosa era di poco valore non poteva essere salvato a causa di una legge scribale prevalente.<ref>Si veda ''b. Shab.'' 154b.</ref> Tale si dice sia l'idea alla base di ''m. Shab.'' 24:1. Ora deduciamo che dove qualcosa aveva un grande valore essa poteva essere salvata e, se necessario, anche a spese della legge scribale.<ref>Si veda ''b. Shab.'' 153a.</ref> I passaggi che trattano di alleviare il dolore degli animali possono essere trovati in ''b. Shab.'' 128b. Il fatto che i divieti scribali siano ignorati in caso di importanti buone azioni è discusso in ''m. Shab.'' 18:1 e i commenti dei Talmud in merito. Queste intuizioni raccolte nel corso dei secoli collocano i Vangeli all'interno di una tradizione molto più vicina ai modelli di pensiero dell'ebraismo rabbinico non solo dell'antichità ma dei tempi successivi. Vale a dire che la forza vitale dell'ebraismo che assume una forma scritta in certi punti può essere molto più antica di quanto suggeriscano le prove scritte. Questo perché i modelli di pensiero e i principi sono ben stabiliti e risposte simili a problemi simili sono o raggiunte indipendentemente o tramandate più o meno alla lettera. In ogni caso non vi può essere dubbio che le fonti del Nuovo Testamento si occupino di questioni di decreti rabbinici e così anche nel caso della guarigione. In effetti, il ''Documento di Damasco'' fa riferimento a due tipi di fosse in cui un animale potrebbe cadere. Esistono due versioni della Tosefta che hanno parole diverse per "fossa". Anche Matteo e Luca hanno parole diverse per "fossa". Non solo la tradizione è simile in tutte le fonti, ma anche le letture varianti. ; 3. {{passo biblico2|Matteo|12:1-8}} = {{passo biblico2|Marco|2:23-28}} = {{passo biblico2|Luca|6:1-5}} Sulla raccolta di covoni. La storia narra quanto segue: {{q|In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di Sabbath, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e [sfregandole con le mani, in Luca] le mangiavano. Ciò vedendo, i Farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di Sabbath". Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di Sabbath i sacerdoti nel Tempio infrangono il Sabbath e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del Tempio. Se aveste compreso che cosa significa: ‘Misericordia io voglio e non sacrificio’, non avreste condannato individui senza colpa. [Il Sabbath è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il Sabbath!, in Marco] Perché il Figlio dell'Uomo è signore del Sabbath".}} Tutti i problemi, testuali e concettuali, inerenti allo sbrogliare i dibattiti Gesù/Farisei possono essere trovati in questo esempio. Sembra che gli evangelisti avessero poca idea dei dettagli delle leggi ebraiche e solo mediante un'attenta analisi possiamo stabilire cosa si celasse dietro le loro parole. Tratterò questo esempio a lungo perché ci mostra che ciò che i teologi cristiani hanno visto come un radicale "Figlio dell'Uomo che prevale sulle crudeli proibizioni bibliche" è il prodotto dello strato letterario dei Vangeli ma non la fonte precedente. Dobbiamo notare che in tutti i casi nei dibattiti legali sul Sabbath nei sinottici, la questione della disputa ruota attorno alle leggi scribali e se i Farisei interroganti conoscano o meno queste leggi così bene come pensano di conoscere. Anche il dibattito sul mangiare nei campi è di quest'ordine. Quando le persone raccolgono il grano per se stesse, poi estraggono il chicco di grano in una circostanza insolita o rara, le regole bibliche del Sabbath non vengono violate (''b. Shab. 128a'' e ''t. Shab. 9'' elencano gli elementi che non possono essere raccolti per diserbare o per consumo animale; ma il consumo umano è un'altra questione). In Marco dobbiamo presumere che la raccolta e lo sfregamento dei chicchi insieme dimostrino che erano duri e prelevati dal campo in modo ''ad hoc''. Le spighe di grano di solito non venivano strappate una ad una dai campi diversamente dai più comuni metodi di raccolta e trebbiatura in uso all'epoca. ''b. Shab.'' 103a registra una tradizione molto antica che specifica i tipi di piante che è proibito dalla legge biblica di raccogliere e le spighe di grano non sono menzionate. Inoltre questa tradizione rileva che nei campi non appartenenti al raccoglitore non si trasgredirebbe il divieto di pulitura e potatura dei campi. Un'altra fonte, ''b. Besa'' 13b, contiene esempi delle regole rabbiniche di ''"[[:en:w:Shinuy|shinui]]"'' (ebr. שינוי‎, cambiamento dal modo regolare) per mostrare specificamente che sfregare i chicchi di grano maturo da mangiare era insolito. Tali atti insoliti non erano considerati divieti biblici. Ne consegue che ciò che è descritto nei Vangeli sarebbe proibito da una proibizione scrible e non da una biblica. Dobbiamo quindi accettare il dettaglio di Luca qui come originale: i discepoli li sfregarono. Notiamo anche che Matteo non dice nulla sulla raccolta, che avrebbe potuto intendere come una sorta di divieto in questa circostanza. Poiché Luca non ha mostrato alcun interesse nel suo Vangelo sulla distinzione delle leggi scribali da quelle bibliche, dobbiamo presumere che la versione di Luca sia una versione antica che egli ha semplicemente conservato, probabilmente ignaro della sua importanza. "E disse loro", come il preludio a "Poiché il Figlio dell'Uomo è signore del Sabbath", manca in Matteo. Matteo ha invece fornito la sua comprensione del detto anteponendolo con l'avviso che i sacerdoti possono profanare il Sabbath nel Tempio; così possono farlo anche i discepoli, poiché sono alla presenza del Figlio dell'Uomo. Matteo afferma che la Torah parla dei sacrifici del Tempio di Sabbath. Nessun altro Vangelo afferma questo, e sembra probabile che la versione di Matteo sia stata aggiunta per spiegazione. Tuttavia, dovremo ignorare l'affermazione di Matteo sulla lettura di questo nella Scrittura e presumere che questa affermazione sia banale e solo lì in funzione della sua risonanza con "Non avete letto quello che fece Davide?" Queste parole sono lì per aiutarci a capire la riga finale: "il Figlio dell'Uomo è il signore del Sabbath". Esaminiamolo da vicino. La difesa di Gesù è centrata con precisione: sappiamo che Davide annullò correttamente la legge biblica, e quindi sappiamo che la legge biblica può essere scavalcata. È un principio talmudico che qualunque cosa gli scribi emanino debba seguire modelli biblici, scavalcare le leggi si trova quindi nel modello. Inoltre, gli scribi ammisero che nel Tempio molte leggi scribali venivano sospese perché presumevano che le autorità del Tempio sarebbero state attente e vigili che nessuna legge biblica venisse violata. Quindi ciò mostra davvero che le leggi scribali possono essere violate dove c'è vigilanza (lo soggezione del Tempio stesso la fornisce). Gesù sostiene che il Figlio dell'Uomo è più grande del Tempio, il che deve significare che la sua stessa presenza sulla scena richiede più vigilanza di quanto richiederebbe la presenza delle autorità del Tempio nel Tempio — e quindi la violazione scribale non si applicherebbe neanche in questo caso. Non è chiaro che i Farisei fossero entusiasti di questa risposta, ma furono rassicurati dal tipo di argomento che l'infrazione era di natura scribale e c'era supervisione per verificare che nessuna legge biblica fosse violata. Ancora una volta, ci sono poche scuse qui per qualsiasi condanna, salvo che i Farisei non avrebbero accettato l'affermazione di Gesù secondo cui la sua presenza avrebbe garantito che nessuna legge venisse violata. Non c'è niente da imparare da questi dibattiti, se visti al di fuori dei loro contesti letterari successivi, tranne che devono essere stati preservati per mostrare la padronanza della legge ebraica da parte di Gesù e l'applicazione umana di tale legge. == Conclusione == Il risultato di questa intera discussione è semplicemente quello di sostenere che gran parte dei Vangeli richiede l'uso della letteratura rabbinica per la loro corretta comprensione e che a volte i Vangeli possono far luce sulla storia degli sviluppi legali all'interno della tradizione ebraica. Sebbene siano richiesti criteri rigorosi, affinché il nostro lavoro non cada preda dell'anacronismo, la natura reciprocamente chiarificatrice dei materiali in esame raccomanda un confronto esegetico sistematico.<ref>Sulla base della profezia in {{passo biblico2|Zaccaria|14:21}}, come resa dal ''Targum'', possiamo ora spiegare {{passo biblico2|Matteo|21:1}} = {{passo biblico2|Marco|11:15}} = {{passo biblico2|Giovanni|2:15}}. La cacciata dei cambiavalute dal Tempio da parte di Gesù non è né un atto sovversivo né un atto anti-purezza (e forse non storico), ma un segno messianico simbolico a compimento di Zacc. 14:21 ed il suo riferimento alla [[w:Sukkot|Festa dei Tabernacoli]]. Sorprendentemente, le decine di commentari, libri e articoli sui Vangeli hanno ignorato questo punto.</ref> == Note== {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Ecco l'uomo}} <div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" ><references/></div> {{Avanzamento|100%|11 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Vangeli e Halakhah]] fn5jramw5e5jn1qt9pncxubx6u76jlr Interpretare Gesù in contesto/Gesù e Giacomo 0 46715 431491 382980 2022-08-12T19:28:09Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Interpretare Gesù in contesto}} {{Immagine grande|Я дверь овцам. Картина XXI века.jpg|550px|''"Gesù"'', olio di [[:en:w:Andrei Mironov (painter)|Andrei Mironov]], 2011}} = Gesù, Giacomo e questioni di santità = == Presentazione di Giacomo == Di tutti i personaggi principali del Nuovo Testamento, quello chiamato [[w:Giacomo il Giusto|Giacomo]] è sicuramente il più trascurato. Anche il suo nome lo rende più oscuro di quanto dovrebbe essere. Portava il nome di '''Yakov''' (ebr. יעקב‎ – ''Ya’akov'', ital. "Giacobbe"), che era anche chiamato Israele ({{passo biblico2|Genesi|32:22-32}}), il patriarca che nella maggior parte delle interpretazioni dell'ebraismo identifica il popolo dell'Alleanza. Tale nome si trasferiva bene in greco (come Ἰάκωβος, ''Iakobos''), ma una latinizzazione (''Iacomus'') è l'antecedente diretto del nome italiano.<ref>E di quello {{en}} "James" — la forma è descritta come "Tardo Latino" in Patrick Hanks & Flavia Hodges, ''A Dictionary of First Names'' (Oxford: Oxford University Press, 1993), 171. La forma nel [[w:Vulgata|Vulgata]] è sempre ''Iacobus''.</ref> Una storia analoga ha trasformato '''Yeshua''', la forma aramaica del nome ebraico Yehoshuah in Gesù (Yeshu). Quindi il nostro Yakov (come "Giacomo") prende il nome dal principale patriarca giudaico. Questo è un destino improbabile per il fratello più famoso di Yeshua. Il suo essere il fratello di Yeshua, ovviamente, è il problema. Tutti sanno abbastanza per obiettare (quelli che hanno letto e – forse soprattutto – quelli che non hanno letto il Nuovo Testamento): come poteva Yeshua avere un fratello, quando sua madre era vergine? Non è questa la sede per cercare di stabilire cosa significhi l'insegnamento ampiamente creduto sulla verginità di Maria/Miriam in merito alle sue condizioni mediche. Basti dire che il Nuovo Testamento stesso presenta una varietà di punti di vista riguardo a Maria/Miriam, alla nascita di Yeshua e a ciò che significa la di lei verginità.<ref>Si veda Raymond E. Brown, ''The Birth of the Messiah: A Commentary on the Infancy Narratives in the Gospels of Matthew and Luke'' (ABRL; New York: Doubleday, 1993).</ref> Comunque si risolvano tali domande, lo status di Yakov come fratello di Yeshua è espresso direttamente (vedi {{passo biblico2|Marco|6}}): {{q|<sup>1</sup> Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. <sup>2</sup> Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? <sup>3</sup> Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di '''Giacomo''', di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. <sup>4</sup> Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». <sup>5</sup> E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. <sup>6</sup> E si meravigliava della loro incredulità.}} Il testo è chiaro: Yeshua non aveva solo un fratello, ma quattro e un numero imprecisato di sorelle. Ma le parole "fratelli" e "sorelle" qui significano davvero quello che dicono? Fin dal quarto secolo dell'[[w:era volgare|era volgare]] c'è stato un acceso dibattito proprio su questa questione. Tutti i suoi particolari non possono essere riprovati qui.<ref>Si veda John P. Meier, "The Brothers and Sisters of Jesus in Ecumenical Perspective", ''CBQ'' 54 (1992) 1-28.</ref> I tentativi più plausibili di prendere i termini in una sorta di senso metaforico collegano il passaggio al fatto che i primi cristiani si chiamavano l'un l'altro "fratello" e "sorella". Ma questi usi sono per la maggior parte da materiali che verranno più tardi nello sviluppo del Nuovo Testamento. In questo passaggio (e nel suo equivalente in {{passo biblico2|Matteo|13:53-58}}), "fratello" e "sorella" significano fratello e sorella, proprio come "madre" significa madre. È evidente che non ci sarebbero state ulteriori discussioni, se una dottrina successiva della Chiesa che avesse preso la definizione della verginità di Maria/Miriam in una direzione biologica. La menzione di Yakov in Marco 6 (e Matteo 13) non presuppone in alcun modo la sua simpatia per il fratello Yeshua. Ci sono indicazioni piuttosto chiare che le relazioni tra Yeshua e i suoi fratelli erano in condizioni tese. All'interno del cap. {{passo biblico|Marco|3:31-35}} di Marco, ad esempio, incontriamo la seguente scena: {{q|<sup>31</sup> Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. <sup>32</sup> Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano". <sup>33</sup> Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". <sup>34</sup> Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! <sup>35</sup> Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".}} Non certo un'immagine di felicità familiare, e forse un'eco della dichiarazione precedente (3:21) che c'erano quelli associati a Yeshua che cercavano di impedirgli un esorcismo. Dissero che era "fuori di sé". Ora dice che non sono una vera famiglia. In una chiave diversa, anche la disputa tra Yeshua e i suoi fratelli in {{passo biblico2|Giovanni|7:2-10}} ritrae la tensione fraterna in una forma marcata. I Vangeli non ci dicono altro su Yakov, e il loro silenzio fa sorgere la domanda: quando diventò un seguace di Yeshua? Questa è forse la cosa più istruttiva su Yakov dal punto di vista dello sviluppo del cristianesimo. La sua autorità all'interno del movimento non derivava dai suoi rapporti con suo fratello durante la sua vita, ma dal suo status di testimone della risurrezione (insieme al suo status di fratello di Yeshua). Yakov era un'autorità cruciale nello sviluppo della convinzione che Yeshua era stato risuscitato dai morti. Era un testimone chiave di Gesù risorto secondo la testimonianza di Paolo, il primo scrittore a parlare della risurrezione di Gesù, scrivendo intorno al 56 e.v. (cfr. {{passo biblico2|1Corinzi|15:3-8}}): {{q|Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a '''Yakov''', e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto.}} A parte il riferimento di Paolo a Yakov nella sua lista di testimoni, il Nuovo Testamento stesso non registra un'apparizione reale a Yakov, ma il ''[[w:Vangelo degli Ebrei|Vangelo degli Ebrei]]'' extra-canonico la registra. Là Gesù assicura suo fratello che "il Figlio dell'Uomo è stato risuscitato tra coloro che dormono". L'autorità di Yakov, a quanto pare, fu una forza chiave nella completa identificazione tra Gesù e la figura di "uno, simile ad un figlio di uomo" menzionata in {{passo biblico2|Daniele|7:13}} — una figura angelica nella corte celeste — dopo la risurrezione.<ref>4 Si veda Chilton, "The Son of Man—Who Was He?" ''Bible Review'' 12.4 (1996) 34-48. La ''[[w:Lettera di Giacomo|Lettera di Giacomo]]'' nel Nuovo Testamento si crede che sia solo remotamente connessa con Yakov. Ciononostante, la sua enfasi sull'origine celeste della sapienza divina ({{passo biblico2|Giacomo|1:17-18}}) potrebbe essere collegata alla visione di Yakov riguardo a suo fratello risorto dai morti.</ref> La reputazione di Yakov era tale che, all'interno della Chiesa di Gerusalemme (sicuramente la più importante di tutte fino alla [[w:Tisha b'Av|distruzione del Tempio nel 70 e.v.]] sotto il generale romano [[w:Tito (imperatore romano)|Tito]]), occupò la posizione principale. In {{passo biblico2||Atti|15}}, Yakov viene presentato come colui che decideva personalmente come considerare i seguaci non ebrei di Yeshua e come potevano essere incorporati nel movimento senza che accettassero effettivamente la circoncisione maschile. Proprio perché questo tipo di problema fu il più controverso della prima storia del cristianesimo, il posto di Yakov qui non potrebbe essere più importante, e tra un momento rivolgeremo la nostra attenzione a questo passaggio. Dopo la questione se i cristiani non ebrei dovessero o meno accettare la pratica della circoncisione e/o della purezza, la successiva questione più controversa nella Chiesa primitiva fu una persona: l'apostolo [[w:Paolo di Tarso|Paolo]]. Sebbene la sua autorità sia oggi accettata come una cosa ovvia tra i cristiani, il suo stato di principale teologo del cristianesimo si sviluppò solo quando emerse il canone del Nuovo Testamento. Fino ad allora, e soprattutto durante la sua vita, Paolo fu una figura profondamente controversa. La sua insistenza sul fatto che credere in Yeshua trasformava i non-ebrei in figli di Abramo, il vero Israele, contrappose i cristiani non ebrei contro i seguaci tradizionalmente giudaici di Yeshua.<ref>Si veda Bruce Chilton & Jacob Neusner, ''Judaism in the New Testament: Practices and Beliefs'' (Londra & New York: Routledge, 1995) 98–128.</ref> In {{passo biblico2|Atti|21}}, un passaggio che considereremo ancor più da vicino, è Yakov, e solo la sua cerchia, che tenta di integrare Paolo nel movimento facendolo partecipare a un rito all'interno del Tempio di Gerusalemme. Il nostro prossimo importante riferimento all'autorità e allo status di Yakov viene da [[w:Egesippo|Egesippo]], uno scrittore del II secolo. Come citato da [[w:Eusebio di Cesarea|Eusebio]] (cfr. ''Hist. Eccl.'' 2.23.1-18),<ref>Florence Morgan Gillman suggerisce che la fonte di Egesippo siano gli Atti degli Apostoli usati dagli Ebioniti, un gruppo di cristiani che cercava di seguire anche la Torah. Gillman connette la loro venerazione di Yakov alle lodi che gli vengo date nel [[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Appendice|''Vangelo di Tommaso'' Logion 12]].</ref> Egesippo caratterizza Yakov, il fratello di Gesù, come la persona che esercitava il controllo immediato della chiesa a Gerusalemme. Sebbene Pietro avesse inizialmente riunito un gruppo di seguaci di Gesù a Gerusalemme, i suoi interessi e le sue attività più lontane lasciarono la strada aperta a Yakov affinché diventasse il capo naturale della comunità lì. Quel cambiamento e i cambiamenti politici nella stessa Gerusalemme resero il Tempio il centro effettivo della comunità locale dei seguaci di Gesù. Yakov praticava una purezza attenta e idiosincratica nell'interesse del culto nel Tempio. Si asteneva dal vino e dalla carne animale, non si tagliava i capelli o la barba e abbandonò l'olio e il bagno convenzionale. Secondo Egesippo, quelle pratiche speciali gli davano accesso anche al santuario. [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] aveva precedentemente riferito che Yakov fu ucciso nel Tempio c. 62 su istigazione del Sommo sacerdote Anano durante l'interregno dei governatori romani Festo e Albino (''Ant.'' 20.9.1 §197–203). Egesippo dà un resoconto del martirio più circostanziato, politicamente meno informato. Yakov è sistemato su un parapetto del Tempio, Yakov essendo conosciuto e chiamato dai suoi avversari con i titoli "Giusto e Oblias", come riferisce Egesippo. Il secondo titolo ha causato comprensibile perplessità, ma è facilmente correlato al termine aramaico ''’abal'', che significa "piangere in lutto". Recenti scoperte nelle vicinanze del Mar Morto (non solo vicino a Qumran) hanno notevolmente migliorato la nostra comprensione dell'aramaico come era parlato al tempo di Yeshua e dei suoi seguaci. L'uso del termine lì è attestato.<ref>Si vedano Joseph A. Fitzmyer e Daniel J. Harrington, ''A Manual of Palestinian Aramaic Texts'' (BibOr 34; Roma: Biblical Institute Press, 1978). Egesippo stesso cerca di spiegare il termine con "porzione del popolo e giustizia". Ma poiché dice che Giacome era chiamato "giusto e Oblias", quando spiega il secondo termine con "porzione del popolo e giustizia", dà l'impressione che stia parafrasando.</ref> Yakov era conosciuto come "colui che è in lutto". È possibile vedere quel titolo come un soprannome parzialmente descrittivo e parzialmente beffardo. Molto probabilmente, si riferisce all'ascetismo persistente praticato da Yakov. Ma il nome non doveva essere stato inventato dall'opposizione. Yeshua stesso era noto per dare ai suoi seguaci tali nomi. Più famosamente, chiamò Shimon "Roccia": ''Kepha'' in aramaico, ''Petros'' (pietra) in greco. Chiamò Yohanan e suo fratello Yakov "Figli del Tuono": ''bene rigsha'' ("Boanèrghes") in aramaico.<ref>Si veda la lista in {{passo biblico2|Marco|3:14-19}}, ed il riferimento di Paolo a Shimon in {{passo biblico2|Galati|1:18;2:9,11,14}}.</ref> Non c'è niente di sorprendente nell'ipotesi che Yeshua stesso, familiare con l'ascetismo di suo fratello, lo chiamasse "Colui che è in lutto". In ogni caso, Yakov/Oblias viene interrogato dalle autorità mentre si trova su un parapetto — Dicci: qual è la porta di Yeshua?<ref>L'espressione è descritta da Egesippo come fondamentale nell'insegnamento di Yakov, ed è certamente correlata all'uso di tale espressione da parte di Yeshua (vedere {{passo biblico2|Giovanni|10:7-9}}).</ref> Yakov risponde con un'ardente dichiarazione di Yeshua quale Figlio dell'Uomo che verrà a giudicare il mondo. Le autorità poi lo spingono dal parapetto e fanno lapidare Yakov. In realtà poi viene ucciso da qualcuno con una mazza, che gli fracassa la testa. La devozione di Yakov al Tempio e la devozione a suo fratello furono coestensive. In ogni caso, l'attenzione si concentrava sul trono di Dio, di cui Yeshua era la porta e il Tempio la corte. La sua corte sulla terra era a Gerusalemme, dove Yakov continuò a offrire adorazione e ad insistere su quella purezza in tutto il movimento di Yeshua, e che rendeva quell'adorazione possibile e accettabile a Dio. Il Tempio era la soglia del trono di Dio in cielo, proprio come nella visione del profeta in {{passo biblico2|Isaia|6}}. E nella visione di Yakov, il Figlio dell'Uomo associato a quel trono non era altri che Gesù, la porta del cielo stesso. La devozione a lui e al Tempio insieme costituivano l'effettiva adorazione di Dio. La lealtà a Yeshua e la lealtà al Tempio richiedevano entrambe un'attenzione rigorosa alla questione della santità, di ciò che appartiene a Dio nel comportamento umano. == Yakov e la questione della purezza == Il notevole e precoce accordo che ebrei e non ebrei potessero essere inclusi nello stesso movimento tramite il battesimo stabilì un principio radicale di inclusione. Ma provocò anche le maggiori controversie all'interno della Chiesa primitiva. Sebbene Pietro, Yakov e Barnaba concordassero che la circoncisione non poteva essere richiesta ai non ebrei che ricevevano il battesimo, c'erano forti fazioni che non erano d'accordo (cfr. {{passo biblico2|Atti|11:1-18;15:1-5}}). Dopo tutto, avevano il patto della circoncisione ({{passo biblico2|Genesi|17:9-14}}) come controargomentazione. Anche tra quegli insegnanti che estesero il battesimo ai non ebrei, sorsero disaccordi. L'argomento più attestato si verificò ad [[w:Antiochia|Antiochia]], dove i non-ebrei avevano cominciato a mangiare insieme agli ebrei nel contesto della pratica cristiana dell'[[w:eucaristia|eucaristia]] e di altri pasti comuni. La versione degli eventi di Paolo è la migliore disponibile. Ad Antiochia, ebrei e non-ebrei che erano stati battezzati si unirono insieme ai pasti di comunione. Secondo Paolo, Pietro aderì alla pratica e apparentemente Barnaba la tollerò. Barnaba, un [[w:Leviti|levita]] di Cipro, era una recluta importante e leale a Gerusalemme, che godeva della fiducia degli apostoli e mediava le relazioni tra loro e Paolo.<ref>Si veda {{passo biblico2|Atti|4:36-7;9:26-30;11:19-26}}.</ref> La politica di Paolo di includere i Gentili con gli ebrei nei pasti, così come nel battesimo, necessitava del sostegno di autorità come Pietro e Barnaba, al fine di prevalere contro il conservatorismo naturale di coloro per i quali tale inclusione sembrava un tradimento della purezza di Israele. Quando arrivarono i rappresentanti di Yakov, Yakov che era il fratello di Gesù e la figura preminente nella chiesa di Gerusalemme, quel conservatorismo naturale si riaffermò. Pietro "si separò", insieme al resto degli ebrei e perfino Barnaba ({{passo biblico2|Galati|2:12,13}}). Ebrei e Gentili mantennero di nuovo una fratellanza distinta durante i pasti, e Paolo accusa la direzione del proprio movimento di ipocrisia ({{passo biblico2|Galati|2:13}}). La qualità radicale della posizione di Paolo deve essere valutata. Era isolato da ogni altro ebreo cristiano (secondo il suo racconto in {{passo biblico2|Galati|2:11-13}}: Yakov, Pietro, Barnaba e "il resto degli ebrei" non erano d'accordo con lui). Il suo isolamento richiedeva che sviluppasse una visione alternativa d'autorità per giustificare la propria pratica. All'interno di Galati, Paolo articola rapidamente un autorevole approccio distintivo alla Scrittura che caratterizza i suoi scritti nel loro insieme. Il confronto ad Antiochia che Paolo racconta al suo pubblico in [[w:Galazia (provincia romana)|Galazia]] non si rivelò felice per lui in quel momento. La spiegazione del suo punto di vista è trionfante e risuona solo in retrospettiva. Infatti, quando ricorda le sue argomentazioni a beneficio dei Galati (a cui scrive intorno al 53 p.e.v., circa quattro anni dopo questo confronto), sembra così fiducioso che uno tende a trascurare il fatto che fossde il perdente nel battaglia con i rappresentanti di Yakov. Fu lui, non loro, a lasciare l'area di Antiochia (quindi {{passo biblico2|Atti|15:22-41}}). La posizione di Yakov non è rappresentata, come quella di Paolo, da uno scritto dello stesso Yakov.<ref>La lettera di James è nel migliore dei casi un riflesso derivato della sua posizione; si veda Martin Dibelius, ''Der Brief des Jakobus'' (Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 1984).</ref> Ma il libro degli Atti riflette chiaramente la sua prospettiva riguardo sia alla circoncisione che alla questione della purezza ({{passo biblico2|Atti|15}}), le due questioni principali di preoccupazione in Galati. Il racconto in Atti 15 è romanzato; si vede molto meno la tensione e la controversia che Paolo attesta. Ma una volta che si è tenuto conto della tendenza negli Atti a ritrarre l'antica Chiesa come un corpo in armoniosa unità, la natura e la forza della posizione di Yakov diventano chiare. Le due questioni controverse, circoncisione e purezza, sono trattate in Atti 15 come se fossero l'ordine del giorno di una singola riunione di leader a Gerusalemme. (Paolo in Galati 2 descrive più accuratamente l'incontro che ebbe coi dirigenti come distinto da una decisione successiva di tornare alla questione della purezza). Il primo punto all'ordine del giorno viene risolto facendo dichiarare a Pietro che, poiché Dio diede il suo spirito santo ai Gentili che credettero, non si dovrebbe fare alcun tentativo per aggiungervi altri requisiti come la circoncisione ({{passo biblico2|Atti|15:6-11}}). Paolo non avrebbe potuto dirlo meglio egli stesso; e ciò è coerente con la versione del paolinismo rappresentata negli Atti. Il secondo punto all'ordine del giorno è deciso dall'autorità di Yakov, non da quella di Pietro, e il risultato non è in linea con il pensiero di Paolo. Yakov prima conferma la posizione di Pietro, ma afferma la posizione in un modo molto diverso: "Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome" ({{passo biblico2|Atti|15:14}}). La prospettiva di Yakov qui non è che tutti coloro che credono siano Israele (definizione paolina), ma che oltre a Israele Dio ha stabilito un popolo in suo nome. Il modo in cui il nuovo popolo deve essere considerato in relazione a Israele è una domanda implicita nella dichiarazione, e Yakov continua a rispondere. Il rapporto tra coloro che sono stati presi dai Gentili e Israele è sviluppato in due modi da Yakov. Il primo metodo è l'uso della Scrittura, mentre il secondo è un requisito di purezza. La logica di entrambi comporta inevitabilmente un rifiuto della posizione di Paolo (lungo le linee esposte in Galati 2). L'uso della Scrittura, come l'argomento stesso, è abbastanza diverso da quello di Paolo. Yakov afferma che "con questo (cioè, la sua dichiarazione della posizione di Pietro) si accordano le parole dei profeti, proprio come sta scritto" ({{passo biblico2|Atti|15:15}}), e prosegue citando dal [[w:Libro di Amos|Libro di Amos]]. Il brano citato ci riguarderà tra poco; la forma dell'interpretazione di Yakov è un'indicazione immediata di una differenza sostanziale da Paolo. Secondo Yakov, c'è un vero accordo tra Simone e le parole dei profeti, come potrebbero essere d'accordo due persone. La continuità dell'esperienza cristiana con la Scrittura è contrassegnata come una preoccupazione maggiore rispetto all'interpretazione di Paolo, e Yakov si aspetta che la continuità sia verbale, una questione di accordo con le parole dei profeti, non semplicemente con possibili modi di guardare a ciò che significano. La citazione di Amos ({{passo biblico|Amos|9:11-12}}) si accorda bene con la preoccupazione di Yakov che la posizione della Chiesa concordi con il vocabolario principale dei profeti ({{passo biblico2|Atti|15:16-17}}): {{q|Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la tenda di Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la rialzerò, perché anche gli altri uomini cerchino il Signore e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome...}} Nell'argomento di Yakov come rappresentato qui, ciò che la fede dei Gentili raggiunge è, non la ridefinizione di Israele (come nel pensiero di Paolo), ma il restauro della casa di Davide. L'argomento è possibile perché si presume la genealogia davidica di Gesù e, quindi, di suo fratello Yakov. Un resoconto della predicazione di Yakov nel Tempio è dato da Egesippo. Yakov lì rappresenta Gesù come il figlio dell'uomo che deve venire dal cielo per giudicare il mondo. Coloro che sono d'accordo gridano: "Osanna al figlio di Davide!" Egesippo mostra che il punto di vista di Yakov riguardo a suo fratello fu che egli fosse imparentato con Davide (come lo era la famiglia in generale) e fosse anche una figura celeste che veniva a giudicare il mondo. Quando Atti ed Egesippo sono presi insieme, indicano che Yakov sosteneva che Gesù stesse restaurando la casa di Davide perché egli era l'agente del giudizio finale, ed era stato accettato come tale dai Gentili. Ma dal punto di vista di Yakov, i Gentili rimangono Gentili; non devono essere identificati con Israele. La sua posizione non era anti-paolina, almeno non all'inizio. La sua attenzione era sul ruolo di Gesù come arbitro ultimo all'interno della linea davidica, e non ci fu mai alcun dubbio nella sua mente che il Tempio fosse il luogo naturale per adorare Dio e riconoscere Gesù. Abbracciare il Tempio come centrale significava per Yakov, poiché significava per tutti coloro che vi erano associati nel culto, mantenere la purezza che, era chiaro, Dio richiedeva nella sua casa. La purezza implicava l'esclusione dei Gentili dalle corti interne del Tempio, dove Israele era coinvolto nel sacrificio. La linea di demarcazione tra Israele e non-Israele non era un'invenzione all'interno della cerchia di Yakov, ma un risultato naturale del vedere Gesù come il ramo trionfante della casa di Davide. La fede dei Gentili in Gesù era quindi, nella comprensione di Yakov, una rivendicazione del suo trionfo davidico, ma non comportava un cambiamento fondamentale nello ''status'' dei Gentili nei confronti di Israele. Quella caratterizzazione dei Gentili, sviluppata mediante il riferimento ad Amos, consente a Yakov di procedere alla sua richiesta che loro riconoscano della purezza. In primo luogo afferma: "Io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i gentili" ({{passo biblico2|Atti|15:19}}), come se stesse semplicemente ripetendo la politica di Pietro riguardo alla circoncisione. (L'autorità implicita di quell '"io" contrasta nettamente con la consueta raffigurazione in Atti di decisione apostolica come comunitaria.) Ma poi continua che la sua determinazione è anche che "si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati e dal sangue" ({{passo biblico|Atti|15:20}}). Le regole stabilite da Yakov tendono naturalmente a separare i credenti Gentili dal loro ambiente. Devono astenersi da feste in onore degli dei e da cibi sacrificati agli idoli mentre vengono macellati e venduti. (La dedicazione teorica degli animali di mercato a un dio o a un altro era una pratica comune nel mondo ellenistico.) Devono osservare limiti più severi del solito sul tipo di attività sessuale svolta e con chi la svolgano. (La promiscuità volgare non è qui in discussione; anche il matrimonio tra cugini è incluso nell'area di preoccupazione. Ciò era di moda nel mondo ellenistico e proibito nel libro del Levitico [cfr. capitoli {{passo biblico|Levitico|18;20:17-21}}] Devono evitare la carne di animali che venivano strangolati invece che dissanguati e non se ne dovevano consumare il sangue. La proibizione del sangue, ovviamente, era fondamentale nell'ebraismo. E strangolare un animale (metodo diverso dal tagliargli la gola) aumentava la presenza di sangue nella carne. Tali restrizioni sono coerenti con l'osservazione iniziale di Yakov, che Dio aveva preso un popolo dai Gentili ({{passo biblico2|Atti|15:14}}); dovevano essere simili a Israele nella loro distinzione dal mondo ellenistico in generale. Tuttavia, il motivo dietro le regole non è la separazione in sé. Yakov le collega al fatto che la legislazione mosaica sulla purezza è ben nota e ampiamente conosciuta: {{q|Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni Sabbath nelle sinagoghe.|{{passo biblico2|Atti|15:21}}}} Poiché la legge è ben nota, Yakov insiste sul fatto che i credenti, anche i credenti gentili, non devono vivere in flagrante violazione di ciò che Mosè aveva ingiunto. A seguito dell'insistenza di Yakov, l'incontro a Gerusalemme decide di mandare inviati e una lettera ad Antiochia, al fine di richiedere ai Gentili di onorare i divieti stabiliti da Yakov ({{passo biblico2|Atti|15:22-35}}). Lo stesso capitolo del Levitico che comanda: "Ama il prossimo tuo come te stesso" ({{passo biblico|Levitico|19:18}}), proibisce anche il consumo di sangue ({{passo biblico|Levitico|19:26}}) e la fornicazione ({{passo biblico|Levitico|19:29}}; cfr. anche {{passo biblico|Levitico|18:6-30}}). La lettera canonica (ma di seconda mano) di Giacomo chiama il comandamento dell'amore "la legge regale" ({{passo biblico2|Giacomo|2:8}}), riconoscendo che Yeshua aveva concesso a tale comandamento il privilegio, citandolo insieme al comandamento di amare Dio come i due più grandi comandamenti (cfr. {{passo biblico2|Marco|12:28-32}}: "Non c'è altro comandamento più importante di questi"). In Atti Yakov stesso, pur accettando che i Gentili non possono essere tenuti a osservare l'intera legge, insiste affinché la riconoscano, osservando i requisiti fondamentali riguardanti la fornicazione, il sangue e l'idolatria. È interessante che Levitico proibisca di mangiare il sangue sia allo "straniero che soggiorna fra voi" che agli Israeliti e associa tale divieto al modo in cui gli animali devono essere uccisi allo scopo di mangiarli ({{passo biblico|Levitico|17:10-16}}). Inoltre, un principio di esclusività nel sacrificio è fermamente sostenuto: chiunque, sia di Israele o uno straniero che dimora in mezzo a loro, che offra un sacrificio "senza portarlo all'ingresso della tenda del convegno per immolarlo al SIGNORE, quest'uomo sarà eliminato dal suo popolo ({{passo biblico|Levitico|17:8-9}}). In altre parole, i divieti di Yakov, riguardanti il sacrificio, la fornicazione, i prodotti di carne strangolati e il sangue, derivano tutti facilmente dal contesto stesso di Levitico da cui deriva il comandamento di amare. Sono elementari e interessano ciò che fanno sia Gentili che Israeliti. I divieti di Yakov sono progettati per dimostrare che i credenti gentili onorano la legge che viene comunemente letta, senza in alcun modo cambiare il loro ''status'' di Gentili. In tal modo, la tenda di Davide viene nuovamente eretta, in mezzo ai Gentili che mostrano la loro consapevolezza della restaurazione mediante il loro rispetto per la Torah. L'interpretazione attribuita a Yakov implica un'applicazione del vocabolario davidico a Gesù, coerente con l'affermazione dell'ascendenza davidica della famiglia di Gesù. Il trasferimento delle promesse davidiche a Gesù si realizza all'interno di un'accettazione dei termini di riferimento della Scrittura in generale: abbracciare Davide è abbracciare Mosè. Non c'è traccia nell'interpretazione di Yakov della mossa paolina, che mette un principio biblico (giustificazione alla maniera di Abramo) contro un altro (obbedienza alla maniera di Mosè). Laddove Paolo divise la Scrittura contro se stessa per mantenere l'integrità di un'unica congregazione mista di ebrei e Gentili, Yakov insistette sull'integrità della Scrittura, anche a costo di separare i cristiani gli uni dagli altri. In entrambi i casi, l'interpretazione della Scrittura era anche – nello stesso momento in cui veniva appreso il testo sacro – una questione di politica sociale. == Yakov e il Tempio == L'ideale della devozione cristiana che Yakov ha in mente è rappresentato in {{passo biblico2|Atti|21}}. Lì, Paolo e il suo compagno arrivano a Gerusalemme e si confrontano con Yakov e il rapporto degli anziani che la reputazione di Paolo a Gerusalemme è tale che dice agli ebrei nella Diaspora di abbandonare Mosè e soprattutto smettere di circoncidere i propri figli ({{passo biblico2|Atti|21:17-21}}). A Paolo viene quindi detto di farsi carico delle spese di quattro uomini che avevano fatto un voto, entrando con loro nel Tempio per offrire un sacrificio ({{passo biblico2|Atti|21:22-26}}): {{q|Al nostro arrivo a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero lietamente. Il giorno seguente Paolo si recò con noi da Giacomo, e tutti gli anziani erano presenti. Dopo averli salutati, Paolo raccontò loro, ad una ad una, le cose che il Signore aveva operato fra i gentili per mezzo del suo ministero. Ed essi, udito ciò, glorificavano Dio, poi dissero a Paolo: "Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei vi sono che hanno creduto; e tutti sono zelanti della legge. Or sono stati informati a tuo riguardo che tu insegni a tutti i Giudei che vivono fra i gentili di distaccarsi da Mosè, dicendo di non circoncidere i figli e di non seguire più le usanze giudaiche. Or dunque, che si deve fare? È inevitabile che la folla si raduni, perché sapranno che tu sei venuto. Fa' dunque quanto ti diciamo: noi abbiamo quattro uomini, che hanno fatto un voto; prendili con te, purificati con loro, e paga per loro, perché si possano radere il capo; così tutti sapranno che non c'è nulla di vero in quelle cose di cui sono stati informati intorno a te, ma che anche tu sei disciplinato e osservi la legge. Ma per quanto riguarda i gentili che hanno creduto, noi abbiamo loro scritto, avendo stabilito che non osservino alcuna cosa del genere, ma che si guardino unicamente dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione". Allora Paolo, il giorno seguente, prese con sé quegli uomini e, dopo essersi purificato con loro, entrò nel tempio, dichiarando di voler portare a compimento i giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta per ciascun di loro. |Atti 21:17-26}} La natura del voto sembra abbastanza chiara. Si adempirà quando gli uomini si raderanno la testa (così Atti 21:24). Evidentemente abbiamo a che fare con un voto [[w:nazireato|nazireo]]. Come indicato in {{passo biblico2|Numeri|6}}, un nazireo doveva lasciarsi crescere i capelli e la barba per il tempo del suo voto, astenersi completamente dall'uva ed evitare di avvicinarsi a qualsiasi cadavere. Alla fine del periodo del voto, doveva radersi la testa e offrire i suoi capelli in prossimità dell'altare (quindi {{passo biblico2|Numeri|6:18}}). La fine di questo periodo in cui si era santi, "proprietà del SIGNORE", è contrassegnata dal fatto che il nazireo possa bere di nuovo vino (6:20: "Dopo, il nazireo potrà bere il vino"). Proprio queste pratiche di santità sono attribuite da Egesippo a Yakov. L'avviso aggiuntivo, che evitava l'olio, è coerente con la particolare preoccupazione di purezza tra i nazirei. Dovevano evitare qualsiasi contatto con la morte ({{passo biblico2|Numeri|6:6-12}}), e naturalmente ne consegue di evitare qualsiasi impurità – che è incompatibile con la santità. L'astinenza dall'olio è anche attribuito da Flavio Giuseppe agli Esseni (''J.W.'' 2.8.3 §123), e il motivo sembra chiaro: si riteneva che l'olio, in quanto fluido pressato da frutta, assorbisse le impurità a tal punto che estrema cura nella sua preparazione era fondamentale.<ref>Si veda Flavio Giuseppe, ''[[w:Guerra giudaica (Flavio Giuseppe)|Guerra giudaica]]'' 2.21.2 §590–594; ''m. Menah.'' 8:3–5; e tutto il ''[[:en:w:Makhshirin|Makhshirin]]''. Il punto di partenza per tale problema è Levitico 11:34.</ref> In assenza di una totale sicurezza, l'astinenza era una politica saggia. Il vegetarianismo di Yakov comporta anche la preoccupazione di evitare il contatto con qualsiasi tipo di cadavere. Infine, sebbene l'affermazione di Egesippo che Yakov potesse effettivamente entrare nel santuario sembra esagerata, la sua accettazione di un regime nazireo, come lo associa esplicitamente Atti 21, spiegherebbe un tale ricordo di lui, in quanto i nazirei dovevano essere presentati nel vicinanze del santuario. Come poi si rivelò, il consiglio di Yakov fu disastroso per Paolo. L'ingresso di Paolo nel Tempio provocò una rivolta, perché si supponeva che stesse portando non-ebrei. Di conseguenza, fu arrestato da un ufficiale romano ({{passo biblico2|Atti|21:27-28:21}}), e così iniziò la lunga contesa legale che alla fine lo portò alla morte. Non si può sapere fino a che punto Yakov avrebbe potuto prevedere un simile risultato, ma sembra ovvio che il suo impegno per un'ideologia nazirea lo rendesse cieco di fronte ai pericoli politici che minacciavano il movimento di cui era praticamente il capo. La particolare preoccupazione di Yakov per la pratica nel Tempio ha lasciato il segno nell'insegnamento attribuito a Yeshua. In {{passo biblico2|Marco|7:15}}, Yeshua stabilì un principio radicale di purezza: {{q|Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo.}} Tale principio stabilisce che quelli in Israele dovevano essere accettati come puri, in modo che la comunanza con loro durante i pasti, come era caratteristico nel movimento di Yeshua fin dall'inizio, fosse possibile. Le loro usuali usanze di purezza, insieme alla loro generosità nella condivisione e alla loro disponibilità a ricevere e accettare il perdono, li preparavano a celebrare la comunione del regno di Dio.<ref>Per un'ulteriore discussione, si vedano B. Chilton, ''The Temple of Jesus: His Sacrificial Program Within a Cultural History of Sacrifice'' (University Park: The Pennsylvania State University Press, 1992); ''idem'', "A Generative Exegesis of Mark 7:1–23", ''JHC'' 3 (1996) 18–37; ''idem'', ''Pure Kingdom: Jesus’ Vision of God'' (Studying the Historical Jesus 1; Grand Rapids: Eerdmans, 1996).</ref> Il suo programma non era adatto ai nazirei come lo era invece a quelli chiamati dai suoi avversari "pubblicani e peccatori"; agli avversari Yeshua sembrava un ubriaco e un mangione (cfr. {{passo biblico2|Matteo|11:19}}; {{passo biblico2|Luca|7:34}}). Ma all'interno di questo stesso capitolo marciano in cui il principio di Yeshua è chiaramente affermato, viene sviluppato un sillogismo per attaccare una particolare pratica nel Tempio ({{passo biblico2|Marco|7:6-13}}): {{q|<sup>6</sup> Ed egli rispose loro:<br/> "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:<br/> Questo popolo mi onora con le labbra,<br/> ma il suo cuore è lontano da me.<br/> <sup>7</sup> Invano essi mi rendono culto,<br/> insegnando dottrine che sono precetti di uomini.<br/> <sup>8</sup> Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini".<br/> <sup>9</sup> E aggiungeva:<br/> "Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio,<br/> per osservare la vostra tradizione. <sup>10</sup> Mosè infatti disse:<br/> Onora tuo padre e tua madre,<br/> e<br/> chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.<br/> <sup>11</sup> Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Qorbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, <sup>12</sup> non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, <sup>13</sup> annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte".}} Due caratteristiche di questo argomento colpiscono. Presume familiarità con il voto di ''qorbana'', che infatti significa "offerta/dono" in aramaico. Si potrebbe, in effetti, proteggere l'uso della proprietà dedicandola al Tempio alla propria morte, continuando a usarla durante la propria vita.<ref>Si veda ''m. Nedarim''; Zeev W. Falk, "Notes and Observations on Talmudic Vows", ''HTR'' 59 (1966) 309–12.</ref> La Mishnah immagina un uomo che dice: "Qorban sia qualsiasi beneficio che mia moglie riceve da me, poiché ella mi ha rubato il borsello" (''m. Ned.'' 3:2). La semplice lamentela sulla pratica in vv. 11-12 può davvero riflettere la posizione di Yeshua, dal momento che la sua obiezione agli accordi commerciali che coinvolgono il culto è ben attestata. Ma questo focalizza la nostra attenzione ancora di più sulla natura sillogistica dell'argomento, che è diverso da quello che altrove troviamo attribuito a Yeshua. L'argomento nel suo insieme è inquadrato in Marco 7:6-7 mediante un riferimento al libro di Isaia ({{passo biblico|Isaia|29:13}}): ''Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini.'' Tale affermazione è quindi correlata all'usanza di ''qorban'', che si dice invalidi il chiaro senso della prescrizione mosaica di onorare i genitori.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Esodo|20:2;21:17}}; {{passo biblico2|Levitico|20:9}}; {{passo biblico2|Deuteronomio|5:16}}.</ref> La conclusione semplice e inevitabile è che la tradizione viola il comando di Dio (cfr. Marco 7:8-9,13). La logica del sillogismo non è complicata e può essere facilmente strutturata in un modo diverso.<ref>Come succede in {{passo biblico2|Matteo|15:3-9}}.</ref> L'associazione di Scritture simili ricorda la regola rabbinica dell'interpretazione, che un principio espresso in un testo può essere correlato a un altro testo, senza identità di formulazione tra i due passaggi (''kayyose bo bemaqom ’aher'').<ref>Si veda Chilton e Craig A. Evans, "Jesus and Israel’s Scriptures", in Chilton & Evans (curr.), ''Studying the Historical Jesus: Evaluations of the State of Current Research'' (NTTS 19; Leiden: Brill, 1994) 281–335,partic. 294–95.</ref> Ma il sillogismo scritturale non richiede affatto l'invocazione di un tale principio formale. L'argomento fondamentale è che la Legge ed i Profeti sono antitetici alla pratica delle autorità nel Tempio. La retorica del sillogismo ruota sulla necessità di onorare Mosè, come nell'interpretazione attribuita a Yakov in Atti 15 (cfr. {{passo biblico2|Atti|15:21}}). Inoltre, il principio inerente qui è che la Scrittura è quella che è effettivamente implementata nel caso del movimento di Yeshua. Infine, la centralità del Tempio si manifesta ovunque. == Conclusione: Yakov il Nazireo == [[File:Tzangarolas Stephanos - St James the Brother of the Lord - Google Art Project.jpg|right|240px|thumb|<small>''"Giacomo, fratello del Signore"'', [[w:Iconostasi|iconostasi]] di Tzangarolas Stephanos (1688)</small>]] La posizione di Yakov riguardo alla purezza e al Tempio, così come la sua interpretazione della Scrittura, si accorda bene con la descrizione di Egesippo delle sue pratiche particolari. Le prove complessive suggeriscono che Yakov comprese che suo fratello offriva un accesso a Dio attraverso il Tempio, in modo tale che Israele potesse e dovesse offrire a Dio i nazirei coi loro voti, come Mosè aveva previsto. È stato sostenuto che lo stesso Yeshua aderisse a tale posizione,<ref>Così afferma [[:en:w:Markus Bockmuehl|Markus Bockmuehl]], in una relazione presentata alla conferenza dello ''Studiorum Novi Testamenti Societas'' a Birmingham nel 1997. Tra tutte le argomentazioni prodotte, la più attraente è che la dichiarazione di Yeshua riguardo al vino e al regno coinvolge la sua accettazione dei voti nazirei. Si vedano P. Lebeau, ''Le vin nouveau du Royaume: Etude exégétique et patristique sur la Parole eschatologique de Jésus à la Cène'' (Paris: Desclée, 1966); M. Wojciechowski, "Le naziréat et la Passion (Mc 14,25a; 15:23)", ''Bib'' 65 (1984) 94–96. Ma la forma della dichiarazione di Yeshua non è stata compresa bene, a causa della sua sintassi semitica. Non sta promettendo di non bere mai vino, ma solo di bere vino in associazione con la sua celebrazione del regno. Si veda B. Chilton, ''A Feast of Meanings: Eucharistic Theologies from Jesus through Johannine Circles'' (NovTSup 72; Leiden: Brill, 1994) 169–71.</ref> ma ciò sembra mettere a dura prova la sua consueta pratica di comunanza durante i pasti.<ref>È per questa ragione che anche il circolo di Giacomo cercava di ridurre la definizione di chi poteva partecipare alla piena celebrazione dell'eucaristia. Marco 14:12-15 trasforma quel pasto in un ''[[w:Seder|Seder]]'' a cui solo i circoncisi potevano partecipare; cfr. Chilton, ''A Feast of Meanings'', 93–108.</ref> In effetti, il nostro suggerimento che Yakov fosse un nazireo,<ref>Si veda la costruzione più globale di Robert Eisenman, ''James the Brother of Jesus: The Key to Unlocking the Secrets of Early Christianity and the Dead Sea Scrolls'' (New York: Viking, 1996).</ref> e vedesse il movimento di suo fratello concentrato a produrre più nazirei, ci consente di affrontare un problema di ricerca vecchio e ancora irrisolto. Yeshua, che porta un nome comune, è a volte indicato come "di Nazareth" nei Vangeli, e questo riflette come fosse considerato ai suoi tempi. Non c'è dubbio che si tratti di un riferimento geografico (cfr. {{passo biblico2|Giovanni|1:45-46}}).<ref>Infatti, c'era persino un posto chiamato Bethlehem di Nazareth, secondo il Talmud; cfr. B. Chilton, ''God in Strength: Jesus’ Announcement of the Kingdom'' (SNTU 1; Freistadt: Plöchl, 1979; rist. BibSem 8; Sheffield: JSOT Press, 1987) 311–13.</ref> Ma qui sta succedendo di più. In realtà, Yeshua è raramente chiamato "di Nazareth" o "da Nazareth", anche se probabilmente si sapeva che veniva da lì. Di solito è chiamato "nazoreo" o "nazareno". Perché l'aggettivo e perché l'incertezza nell'ortografia? La ''[[w:Septuaginta|Septuaginta]]'' ci mostra che c'erano molte diverse traslitterazioni di "[[w:nazireato|nazireo]]" (per es., ''nazareo, nazoreo, nazirita, nazarita''): ciò riflette l'incertezza su come trasmettere il termine in greco. (Tale incertezza non è affatto sorprendente, poiché anche la Mishnah si riferisce a pronunce differenti [vedere [[w:Nazir|Nazir]] 1:1]). Alcune delle varianti sono infatti molto vicine a ciò che troviamo usato per descrivere Yeshua nei Vangeli. Nel Vangelo secondo Marco, il primo utilizzo è nella bocca di un demone, che dice a Yeshua ({{passo biblico2|Marco|1:24}}): {{q|Che c'entri con noi, Yeshua Nazareno?<br/> Sei venuto a rovinarci?<br/> Io so chi tu sei: il santo di Dio.}} In questo uso, "Nazareno" nella prima riga è chiaramente parallelo a "il santo di Dio" nell'ultima riga. Il demone conosce la vera identità di Yeshua, ma quelli nella sinagoga dove avviene l'esorcismo no. E non sentono i demoni, perché Yeshua li zittisce (quindi {{passo biblico2|Marco|1:25}}: "Taci! Esci da quell'uomo"). Questo fa parte del noto tema del "segreto messianico" in Marco.<ref>Si veda B. Chilton, "Exorcism and History: Mark 1:21–28", in D. Wenham & C. L. Blomberg (curr.), ''The Miracles of Jesus'' (Gospel Perspectives 6; Sheffield: JSOT Press, 1986) 253–71.</ref> Per Yakov e coloro che erano associati a lui, la vera identità di Yeshua era il suo ''status'' di nazireo. I demoni videro ciò che gli altri non vedevano e dopo la risurrezione la conoscenza del santo di Dio poteva essere apertamente riconosciuta e praticata. Tale pratica poteva includere uomini, donne e schiavi, in conformità con la Mishnah (''Nazir'' 9:1). Nel movimento cristiano, l'usanza era apparentemente diffusa. In {{passo biblico2|Atti|18:18}}, si dice che anche Paolo "si era fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto". Tali voti riguardo ai soli capelli erano ritenuti nella Mishnah equivalenti a un voto nazireo (''Nazir'' 1:1), in modo che qualunque cosa Paolo avesse pensato del suo voto dal proprio punto di vista, molti lo avrebbero visto come conforme al programma di Yakov, il fratello di Yeshua. Sotto l'influenza di Yakov – avrebbero potuto dire – persino Paolo si preoccupava di conformarsi bene. == Note== {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Ebraicità del Cristo incarnato|Ecco l'uomo}} <div style="height: 200px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" ><references/></div> {{Avanzamento|100%|13 settembre 2020}} [[Categoria:Interpretare Gesù in contesto|Gesù e Giacomo]] audv31bqr5dw7vgiy8i4ywxqv3tzflk Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Marche/Provincia di Pesaro e Urbino/Urbania/Urbania - Concattedrale di San Cristoforo Martire 0 48490 431513 431417 2022-08-13T07:32:58Z Pufui PcPifpef 7952 /* Altri progetti */ wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} [[File:Organo Concattedrale Urbania.jpg|center|350px]] * '''Costruttore:''' Inzoli * '''Anno:''' 1920 * '''Restauri/modifiche:''' Inzoli (1948, ampliamento), Inzoli (1976, ampliamento ed elettrificazione), 2019-2020 (revisione generale e rifacimento trasmissione) * '''Registri:''' 27 * '''Canne:''' 1235 * '''Trasmissione:''' elettronica * '''Consolle:''' mobile indipendente, a pavimento nell'abside * '''Tastiere:''' 3 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>''), delle quali la seconda priva di registri * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, al centro della cantoria a ridosso della parete di fondo dell'abside {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 16' |- |Principale I || 8' |- |Principale II || 8' |- |Flauto || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decimaquinta || 2' |- |Ripieno 4 file || 1.1/3' |- |<span style="color:#8b0000;">Tromba</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Unda maris || 8'<ref name=Do>da ''Do<small>2</small>''.</ref> |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''III - ''Espressivo''''' ---- |- |Principalino || 8' |- |Bordone || 8' |- |Viola || 8' |- |Flauto || 4' |- |Nazardo || 2.2/3' |- |Flautino || 2' |- |Coro viole 1-2 file || 8'<ref name=Do/> |- |Cornetto combinato 3 file || 4' |- |<span style="color:#8b0000;">Oboe combinato</span> || <span style="color:#8b0000;">8'</span> |- |Tremolo |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Basso acustico || 32' |- |Contrabasso || 16' |- |Principale || 16' |- |Bordone || 16' |- |Gran quinta || 10.2/3' |- |Basso || 8' |- |Quinta || 5.1/3' |- |Ottava || 4' |- |} |} == Note == <references/> == Altri progetti == {{interprogetto|w=Duomo di Urbania|w_preposizione=sulla|etichetta=concattedrale di San Cristoforo Martire a Urbania}} {{Avanzamento|100%|4 dicembre 2018}} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne]] tj1o68xio0zog5b89n6831z11xzc298 Gesù e il problema di una vita 0 50258 431494 423118 2022-08-12T19:36:00Z Monozigote 19063 /* Indice */ img wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.7em;">'''''GESÙ E IL PROBLEMA DI UNA VITA'''''</span> <span style="font-size: 1.7em;">''E voi, chi dite che io sia?''</span><br/> ''[[Serie cristologica|Nr. 11 della Serie cristologica]]'' <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2021'''</span> <br/> [[File:Leonardo da Vinci, Salvator Mundi, c.1500, oil on walnut, 45.4 × 65.6 cm.jpg|407px|"Salvator Mundi" di Leonardo da Vinci - c.1500]] </div> <div style="color: teal; text-align: center; font-size: 1.0em;"> {{q|Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?". Risposero: "Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti". Disse loro: "'''E voi chi dite che io sia?'''".<br/>Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".|{{passo biblico2|Matteo|16:13-16}}}} </div> ==Indice== [[File:Inscribe Them On The Doorposts Of Your House (4858065397).jpg|left|76px|Mezuzah]] [[File:Christ.svg|right|340px|Ebraicità del Cristo]] '''{{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Copertina|Copertina}}''' : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Introduzione|Introduzione}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 1|Capitolo 1: Conoscere Gesù}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 2|Capitolo 2: Credere ai Vangeli}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 3|Capitolo 3: Contesto religioso}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 4|Capitolo 4: Potenze, Politiche e Pressioni}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 5|Capitolo 5: Nascita di Gesù}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 6|Capitolo 6: Ministero di Gesù I}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 7|Capitolo 7: Ministero di Gesù II}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 8|Capitolo 8: Seguaci e Amici}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 9|Capitolo 9: Miracoli}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 10|Capitolo 10: L'Insegnamento I}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 11|Capitolo 11: L'Insegnamento II}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 12|Capitolo 12: Chi era Gesù?}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 13|Capitolo 13: L'ultima settimana}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 14|Capitolo 14: Il Processo e la Croce}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 15|Capitolo 15: La Resurrezione}} : — ♦ {{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Capitolo 16|Capitolo 16: L'Ultima Parola}} '''{{Modulo|Gesù e il problema di una vita/Bibliografia|Bibliografia}}''' {{-}} == PREMESSA == Viviamo in tempi difficili per gli eroi. C'è un cinismo nella nostra cultura che corrode anche le reputazioni più gloriose. Quasi da un giorno all'altro, i geni altruisti si rivelano sciocchi egoisti, i grandi leader si rivelano prepotenti insicuri e i campioni della moralità vengono smascherati come ipocriti. Una delle poche figure sopravvissute (finora, almeno!) con la propria reputazione intatta è Gesù Cristo. Volenti o nolenti, non si può ignorare Gesù. Consideriamo quanto segue: * Circa un terzo della popolazione mondiale si considera cristiana, cerca di seguire gli insegnamenti di Gesù e lo adorano come Dio. Per i musulmani — un altro venti percento — Gesù è un grande profeta. * Il codice etico introdotto da Gesù e dai suoi seguaci forma la base di gran parte del pensiero mondiale. In tutto il mondo occidentale, e spesso ben oltre, sono gli insegnamenti di Gesù che sottolineano i sistemi legali e politici. * La cultura occidentale è tuttora basata su Gesù. Evidente o nascosta, l'influenza di Gesù e dei suoi seguaci nell'arte, nella musica, nella filosofia e nella letteratura è enorme. È difficile capire la cultura occidentale se non si capisce qualcosa di Gesù. * Le parole di Gesù sono entrate comunemente nella lingua italiana. Ogni volta che si parla di "figliol prodigo", "porgere l'altra guancia", "non lanciare pietre", "essere un buon samaritano", facciamo eco alle parole e alle immagini usate da Gesù. * Il cristianesimo è una fede globale che trascende cultura e linguaggio. In ogni continente abitato, centinaia di milioni di persone sono seguaci di Gesù. * Gli insegnamenti di Gesù si sono dimostrati durevoli. Negli ultimi duemila anni le grandi potenze del mondo, imperi e ideologie si sono a volte opposti a ciò che lui rappresentava. Tuttavia, che tale opposizione sia stata la Roma del primo secolo or il comunismo del ventesimo secolo, il risultato è stato lo stesso. Avviene una lotta; e quando tutto è concluso, si rivela che l'impero se n'è andato e gli insegnamenti di Gesù — e dei suoi seguaci — rimangono. * Milioni di persone di ogni cultura, etnia e formazione affermano che la fede in Gesù ha trasformato le loro vite. Chiaramente, quale che sia il contesto da cui proveniamo, Gesù merita la nostra attenzione. Tuttavia esiste un vasto numero di differenti interpretazioni in merito a chi Gesù sia e ciò che egli voglia significare. Viviamo in un'età in cui alcune persone credono a qualsiasi cosa senza il minimo fondamento e altre che non credono a niente nonostante solide testimonianze. Gesù ha riscosso l'attenzione di entrambi tali gruppi. Propongo questo wikilibro nell'ambito della mia '''''[[Serie cristologica]]''''', dove ho affrontato molte di tali questioni, sempre però partendo dalla ferma enunciazione che, se esiste un Gesù storico, tale Gesù è inconfutabilmente '''ebreo'''. Detto questo, il presente studio è scritto sia per coloro che possono affermare di aver fede in Gesù, ma che vorrebbero saperne di più, sia per coloro che stanno solo ''curiosando''. Diverse sezioni sono state ''[[Template:Spostamento|spostate]]'' dalle relative pagine di Wikipedia (quando ciò accade, lo specifico link permanente viene riportato nelle Discussioni). Il libro ha due fini. Primo, è una ''guida'' a chi era Gesù, cosa disse, cosa fece e cosa significhi per la gente oggigiorno. Secondo, viene proposto come una ''difesa'' del '''Gesù dei Vangeli'''. Di fronte alle visioni alternative di Gesù che esistono oggi (alcune molto strane), è una riaffermazione della visione tradizionale di chi egli fosse. Avere una visione tradizionale di Gesù non è la stessa cosa dell'avere un Gesù accogliente, amabile e compiacente. Il vero, autentico Gesù è piuttosto una figura inquietante che conforta coloro che sono turbati e turba coloro che sono confortevoli. In effetti, il Gesù tradizionale è in realtà molto più radicale e stimolante di tutte le alternative che sono state costruite. Una delle ragioni per cui scrivo questo studio è che credo che solo la visione tradizionale di Gesù abbia senso e si conformi a tutti i dati esistenti su di lui. E tutti i dati esistenti su di lui si trovano ''esclusivamente'' nei Vangeli. {{Vedi anche|Biografie cristologiche|Interpretare Gesù in contesto|Immagini interpretative del Gesù storico}} {{Avanzamento|100%|7 ottobre 2021}} [[Categoria:Gesù e il problema di una vita| ]] [[Categoria:Serie cristologica]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Religione]] [[Categoria:Storia]] [[Categoria:Dewey 188]] [[Categoria:Dewey 232]] [[Categoria:Dewey 296]] [[Categoria:Dewey 390]] {{alfabetico|G}} 65s058rsfvm0pmd5of405y41b4l2nbp Gesù e il problema di una vita/Bibliografia 0 50263 431495 415302 2022-08-12T19:37:29Z Monozigote 19063 img wikitext text/x-wiki {{Gesù e il problema di una vita}} {{Immagine grande|Christ The Consolator.jpg|550px|''"Christus Consolator"'' di [[w:Carl Heinrich Bloch|Carl Heinrich Bloch]], ca. 1860}} = BIBLIOGRAFIA = ♦ [[Biografie cristologiche/Bibliografia|Bibliografia specialistica]], dal libro ''[[Biografie cristologiche]]'' <small>(Wikibooks)</small><br/> ♦ [[Ebraicità del Cristo incarnato/Bibliografia|Bibliografia specialistica]], dal libro ''[[Ebraicità del Cristo incarnato]]'' <small>(Wikibooks)</small><br/> ♦ [[Interpretare Gesù in contesto/Bibliografia|Bibliografia estesa]], dal libro ''[[Interpretare Gesù in contesto]]'' <small>(Wikibooks)</small> *<small>NOTA</small>: Tutti i riferimenti ai classici e a [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] sono presi dalla {{Lingue|en}} ''[[w:Loeb Classical Library|Loeb Classical Library]]'' se non altrimenti indicato. Le relative traduzioni in {{Lingue|it}} sono mie. == Fonti secondarie == * Aharoni, Y & Avi-Yonah, M 1979. ''Bybelse Atlas''. Durban: Butterworths. * Allison, D C 1994. A plea for thoroughgoing eschatology. ''JBL'' 11314, 651-668. * Asendorf, U 1982. sv "Eschatologie III Judentum". ''TRE Band'' 10. * Auten, G 1976. ''Jesus in contemporary historical research''. Philadelphia: Fortress. * Aune, D E 1992. sv "Early Christian eschatology". ''The Anchor Bible Dictionary'' vol 2. * Barr, J 1989. Hebrew, Aramaic and Greek in the Hellenistic age, in Davies, WD & Finkelstein, L (curr), ''The Cambridge history of Judaism'', vol 2, 79-114. Cambridge: Cambridge University Press. * Barth, G 1982. Matthew's understanding of the law, in Bornkamm, G, Barth, G, & Held, H J 1982. ''Tradition & interpretation in Matthew''. II ed. 58-159. Londra: SCM. * Batdorf, I W 1984. Interpreting Jesus smce Bultmann: Selected paradigms and their hermeneutic matrix. ''SBL Sem Pap'' 1984, 187-215. * Bildstein, G 1976. 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Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === {{clear}} == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|50%|11 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] j1lnpqc9qd989efzb49nwh7joogfar0 431479 431475 2022-08-12T13:23:27Z Monozigote 19063 /* Connessioni */ testo wikitext text/x-wiki {{Saeculum Mirabilis}} [[File:Coloreinstein1.jpg|540px|thumb|center|Albert Einstein (1921)]] == L'intellettuale pubblico globale == È importante, all'inizio, stabilire che tipo di pensatore fosse Einstein nel campo della politica e dell'etica sociale. Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === [[File:Mahatma-Gandhi, studio, 1931.jpg|240px|right|thumb|[[w:Mahatma Gandhi|Mahatma Gandhi]] a Londra nel 1931]] Se l'elenco di intellettuali di cui sopra non costituiva un gruppo, vi erano tuttavia contatti più o meno estesi tra di loro, generalmente in connessione con una causa o l'altra. Einstein li conosceva o corrispondeva con tutti loro. Possiamo avere un'idea chiara dei valori che apportava alle sue attività politiche guardando i punti in cui si sovrapponeva a queste figure. Data la sua precoce e istintiva spinta al pacifismo, non può sorprendere la sua ammirazione per la filosofia di resistenza non violenta di [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Nel 1931 Einstein scrisse a Gandhi: "your example will inspire and help humanity to put an end to conflict based on violence with international help and cooperation guaranteeing peace to the world", aggiungendo che sperava che potessero incontrarsi faccia a faccia. Gandhi rispose negli stessi termini.<sup>37</sup> Non si incontrarono mai, ma è chiaro che per Einstein Gandhi era la bussola morale suprema. Una foto di Gandhi adornava la parete del suo studio negli Stati Uniti e scrisse una serie di apprezzamenti del leader indiano per le celebrazioni di compleanno e per i pezzi commemorativi dopo la sua morte. Per la celebrazione del settantesimo compleanno di Gandhi, Einstein scrisse: "Mahatma Gandhi’s life’s work is unique in political history, he has devised a wholly new and humane means for the liberation of an oppressed people and has carried it through with great energy and devotion".<sup>38</sup> I rapporti di Einstein con Albert Schweitzer, la cui dedizione disinteressata al compito prescelto come medico missionario in Africa lo trasformò in qualcosa di simile a un santo secolare, non erano dissimili da quelli con Gandhi. C'erano pochi contatti diretti – sebbene con Schweitzer ci fu almeno un incontro – ma una profonda ammirazione per le sue qualità morali. In una dichiarazione destinata a una nuova edizione di un libro dei suoi stessi scritti, Einstein scrisse di Schweitzer: "he is in my opinion the only human being in the western world who has exerted a comparable moral influence to Gandhi over this generation. As with Gandhi the strength of this effect rests overwhelmingly on the practical example he has provided in his life’s work".<sup>39</sup> Non ci sono prove che Einstein abbia letto l'opera chiave di Schweitzer, ''The Philosophy of Civilization'', ma è significativo che Schweitzer, come Einstein, poneva l'etica al centro del suo concetto di società. "A positive aspiration and effort for an ethical–moral configuration of our common life is of overriding importance. Here no science can save us", scrisse Einstein nel 1951. Da parte sua, Schweitzer era convinto che "creative, artistic, intellectual and material attainments can only show their full and true effects when the continued existence and development of civilization have been secured by founding civilization itself on a mental disposition which is truly ethical".<sup>40</sup> È significativo che Schweitzer ed Einstein arrivarono rispettivamente ​​primo e secondo in un sondaggio nazionale statunitense condotto nel dicembre 1950 per selezionare le più grandi personalità non-politiche del mondo.<sup>41</sup> === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === {{clear}} == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|50%|11 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] 7j20aqqpnfab28q3napx6iq4kd6jdaf 431481 431479 2022-08-12T14:57:27Z Monozigote 19063 /* Connessioni */ testo wikitext text/x-wiki {{Saeculum Mirabilis}} [[File:Coloreinstein1.jpg|540px|thumb|center|Albert Einstein (1921)]] == L'intellettuale pubblico globale == È importante, all'inizio, stabilire che tipo di pensatore fosse Einstein nel campo della politica e dell'etica sociale. Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === [[File:Mahatma-Gandhi, studio, 1931.jpg|240px|right|thumb|[[w:Mahatma Gandhi|Mahatma Gandhi]] a Londra nel 1931]] Se l'elenco di intellettuali di cui sopra non costituiva un gruppo, vi erano tuttavia contatti più o meno estesi tra di loro, generalmente in connessione con una causa o l'altra. Einstein li conosceva o corrispondeva con tutti loro. Possiamo avere un'idea chiara dei valori che apportava alle sue attività politiche guardando i punti in cui si sovrapponeva a queste figure. Data la sua precoce e istintiva spinta al pacifismo, non può sorprendere la sua ammirazione per la filosofia di resistenza non violenta di [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Nel 1931 Einstein scrisse a Gandhi: "your example will inspire and help humanity to put an end to conflict based on violence with international help and cooperation guaranteeing peace to the world", aggiungendo che sperava che potessero incontrarsi faccia a faccia. Gandhi rispose negli stessi termini.<sup>37</sup> Non si incontrarono mai, ma è chiaro che per Einstein Gandhi era la bussola morale suprema. Una foto di Gandhi adornava la parete del suo studio negli Stati Uniti e scrisse una serie di apprezzamenti del leader indiano per le celebrazioni di compleanno e per i pezzi commemorativi dopo la sua morte. Per la celebrazione del settantesimo compleanno di Gandhi, Einstein scrisse: "Mahatma Gandhi’s life’s work is unique in political history, he has devised a wholly new and humane means for the liberation of an oppressed people and has carried it through with great energy and devotion".<sup>38</sup> I rapporti di Einstein con Albert Schweitzer, la cui dedizione disinteressata al compito prescelto come medico missionario in Africa lo trasformò in qualcosa di simile a un santo secolare, non erano dissimili da quelli con Gandhi. C'erano pochi contatti diretti – sebbene con Schweitzer ci fu almeno un incontro – ma una profonda ammirazione per le sue qualità morali. In una dichiarazione destinata a una nuova edizione di un libro dei suoi stessi scritti, Einstein scrisse di Schweitzer: "he is in my opinion the only human being in the western world who has exerted a comparable moral influence to Gandhi over this generation. As with Gandhi the strength of this effect rests overwhelmingly on the practical example he has provided in his life’s work".<sup>39</sup> Non ci sono prove che Einstein abbia letto l'opera chiave di Schweitzer, ''The Philosophy of Civilization'', ma è significativo che Schweitzer, come Einstein, poneva l'etica al centro del suo concetto di società. "A positive aspiration and effort for an ethical–moral configuration of our common life is of overriding importance. Here no science can save us", scrisse Einstein nel 1951. Da parte sua, Schweitzer era convinto che "creative, artistic, intellectual and material attainments can only show their full and true effects when the continued existence and development of civilization have been secured by founding civilization itself on a mental disposition which is truly ethical".<sup>40</sup> È significativo che Schweitzer ed Einstein arrivarono rispettivamente ​​primo e secondo in un sondaggio nazionale statunitense condotto nel dicembre 1950 per selezionare le più grandi personalità non-politiche del mondo.<sup>41</sup> Einstein aveva sperato di portare Schweitzer all'[[w:Institute for Advanced Study|Institute for Advanced Study]] di Princeton come ''visiting scholar'', ma Schweitzer dichiarò di non essere più un uomo libero: "In everything I do I must consider my hospital", scrisse, proseguendo poi con il descrivere in dettaglio le difficoltà pratiche in cui lavorava. Nella sua risposta, Einstein si rammaricò che Schweitzer non potesse venire, ma "was convinced that the activities you undertake in your work are incomparably more important".<sup>42</sup> Un ulteriore punto di contatto morale e intellettuale tra loro era l'odio per le armi nucleari. Schweitzer rese pubbliche le sue paure sulla prospettiva di una corsa agli armamenti nucleari sulla scia del test americano della [[w:bomba all'idrogeno|bomba H]] del 1952, che fu anche l'anno in cui fu insignito del [[w:Premio Nobel per la pace|Premio Nobel per la pace]] per la sua filosofia di "Reverence for Life". La sua conferenza per il Nobel, "The Problem of Peace", tenuta solo due anni dopo, fu un potente argomento per rifiutare la guerra come un male etico, ponendoo Schweitzer in testa ai difensori della pace nell'era nucleare.<sup>43</sup> Einstein propose a Bertrand Russell che Schweitzer dovesse essere invitato a firmare quello che sarebbe stato chiamato il "[[w:Manifesto Russell-Einstein|Russell–Einstein Manifesto]]" del 1955. "I think it would be highly desirable to have Albert Schweitzer join our group", scrisse Einstein a Russell, "since his moral influence is very great and world-wide".<sup>44</sup> Alla fine, si decise di chiedere solo agli scienziati di firmare il manifesto, ma Schweitzer continuò a ritagliarsi un proprio percorso parallelo di protesta antinucleare negli anni a venire, dopo la morte di Einstein nell'aprile del 1955.<sup>45</sup> Einstein non fu affatto l'unico a mettere insieme Gandhi e Schweitzer come esempi morali negli anni del dopoguerra, e non era meno comune aggiungere Einstein per formare un triumvirato. Il biografo e stretto collega e amico di Einstein, [[w:Philipp Frank|Philipp Frank]] registra: {{citazione|When I visited the House of Friends [actually Friends’ House] in London, the headquarters of the Quakers, I saw pictures of three men in the secretary’s office: Gandhi, Albert Schweitzer, and Einstein. I was rather surprised at this combination and asked the secretary what it was that these three persons had in common. Amazed at my ignorance, he informed me: ‘All three are pacifists.<sup>46</sup>}} Romain Rolland era uno scrittore affermato quando arrivò all'attenzione di Einstein. Iniziato come accademico, intorno ai trentacinque anni si dedicò a romanzi e opere teatrali, ma anche alla storia della musica e dell'arte. In gran parte sulla base del suo romanzo in dieci volumi ''[[:fr:w:Jean-Christophe (roman)|Jean-Christophe]]'', nel 1915 ricevette il [[w:Premio Nobel per la letteratura|Premio Nobel per la letteratura]]. Guarda caso, quello fu anche l'anno in cui pubblicò il suo trattato pacifista ''[[:fr:w:Au-dessus de la mêlée (texte)|Au-dessus de la mêlée]]'', che (come il suo ''magnum opus Jean-Christophe'') era ispirato dal desiderio di "remove the fateful misunderstandings between the French and German people".<sup>47</sup> La frase è tratta dalla prima lettera di Einstein a Rolland in cui elogiava l'autore francese proprio per questo risultato. In quello stesso anno Einstein incontrò Rolland in Svizzera, dove si era trasferito, e per diversi anni il loro comune odio per la guerra li tenne in stretto contatto. Le relazioni si raffreddarono all'inizio degli anni '30, quando Einstein cambiò idea sulla campagna pacifista contro la coscrizione militare, un punto che sarà discusso nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. [[File:Bertrand Russell 1957.jpg|240px|thumb|right|[[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]] nel 1957]] Il filosofo britannico Bertrand Russell fu l'unico di questo gruppo in grado di comprendere il lavoro scientifico di Einstein ed era ben consapevole del suo significato sin dall'inizio. Conosciuto inizialmente per il suo lavoro nella filosofia della matematica e in altre aree tecniche della filosofia, Russell si volse decisamente nella Prima guerra mondiale verso la pubblicazione per un pubblico più ampio sia in filosofia che in argomenti politici e sociali. Nella sua autobiografia, rifletteva: "The War of 1914–1918 changed everything for me; I ceased to be academic and took to writing a new kind of books".<sup>48</sup> Divenne famoso o famigerato per la sua opposizione alla Prima guerra mondiale, essendo stato imprigionato per aver scritto un articolo provocatorio contro la coscrizione. Nel 1925 Russell pubblicò ''ABC of Relativity'', uno dei primi tentativi di portare la rivoluzione di Einstein a un pubblico non scientifico.<sup>49</sup> Da parte sua, nel 1922 Einstein, già ben consapevole del lavoro e della reputazione di Russell in matematica e filosofia sociale e politica, scrisse un'ammirata prefazione all'edizione tedesca del ''Political Ideals'' di Russell e molto più tardi un apprezzamento molto entusiasta di ''[[w:Storia della filosofia occidentale (Russell)|A History of Western Philosophy]]''.<sup>50</sup> Il contatto diretto tramite lettera fu stabilito negli anni '30 e alcuni anni dopo Einstein fu coinvolto nel sostegno di Russell quando fu licenziato dal [[w:City College (New York)|City College di New York]] a causa della sua difesa di valori immorali. (L'accusa si basava su un libro pubblicato dieci anni prima intitolato ''Marriage and Morals'', in cui si sosteneva che, con l'avvento della contraccezione, gli atteggiamenti vittoriani nei confronti del sesso erano obsoleti).<sup>51</sup> Nel 1943 Russell arrivò a Princeton e per un periodo incontrò regolarmente Einstein, insieme al matematico [[w:Kurt Gödel|Kurt Gödel]] e al fisico [[w:Wolfgang Pauli|Wolfgang Pauli]]. Successivamente Einstein e Russell ebbero un'associazione molto più pubblica con l'apparizione del ''Russell-Einstein Manifesto'' (1955) contro la bomba H, di cui parleremo in un capitolo successivo. Sebbene ci fossero più differenze su questioni politiche tra Russell ed Einstein di quanto non sembri, queste generalmente svaniscono in secondo piano di fronte alle grandi questioni su cui erano uniti. Russell fu almeno altrettanto instancabile di Einstein nel dare sostegno morale alle cause internazionaliste e andò molto oltre, ponendosi in prima linea nell'attivismo politico, che comprendeva la partecipazione a numerose manifestazioni contro le guerre e le armi belliche. Nel suo ultimo decennio, Russell creò una fondazione per finanziare e promuovere le cause della pace e dei diritti umani. Sicuramente nel mondo anglofono Russell fu probabilmente l'attivista più visibile e radicale sulla scena mondiale, con Einstein che occupava una posizione più passiva ma comunque potente, basata sulla sua immagine di saggio e custode della coscienza del mondo. [[w:Università di Princeton|Princeton]] fu anche il luogo dell'incontro di Einstein con Thomas Mann durante i due anni di mandato di quest'ultimo all'università dal 1938 al 1940, quando erano quasi vicini. Sebbene Einstein trovasse non congeniale lo stile di vita patrizio di Mann, mantennero comunque relazioni collegiali rispettose, condividendo, come fecero, tra le altre cose, un odio per la Germania nazista. Era questo che li aveva messi in contatto per la prima volta nei mesi successivi alla presa del potere di Hitler. Einstein scrisse a Mann elogiando le critiche provocatorie di quest'ultimo al regime nazista, che, scrisse, "was one of the few bright spots in the events which have taken place recently in Germany". La risposta di Mann fu altrettanto calorosa e sincera; entrambi erano ora fuori dalla Germania (Einstein in Belgio e Mann nel sud della Francia) e si stavano preparando alla vita di esuli permanenti. Nel gennaio 1939 Thomas Mann ricevette la Medaglia Einstein (da non confondere con la [[w:Albert Einstein Award|Medaglia Einstein per la Fisica Teorica]], assegnata per la prima volta nel 1951), in occasione della quale Einstein dichiarò che Mann "has the courage, the strength of conviction and the power of words to make him a leader in the fight" contro il degrado dei valori intellettuali e morali rappresentato dal regime nazista. In un tributo a Mann nel giorno del suo settantesimo compleanno, Einstein salutò Mann come l'incarnazione dell'"humanistic ideal", mentre Mann scrisse in termini simili un necrologio di tributo a Einstein che aveva "salvato l'onore dell'umanità".<sup>52</sup> Nessuno dei due tornò mai in Germania a vivere. Sebbene Mann facesse una visita dopo il 1945, spiegò a lungo in un diario tedesco dell'esilio, in risposta a un appello della Germania a venire e aiutare a ricostruire il morale del paese, perché non poteva pensare di tornarci a vivere. Il peso della storia recente della Germania e della sua personale esperienza era semplicemente troppo grande per essere dimenticato.<sup>53</sup> I sentimenti di Einstein per la Germania erano meno complicati e decisamente più negativi di quelli di Mann, argomento di cui parleremo più avanti. Per il momento è sufficiente notare che questi due giganti della cultura e dell'intelletto tedeschi, partiti da punti così diversi, si sono ritrovati, grazie agli sconvolgimenti della guerra e dell'esilio, uniti nella loro pubblica difesa dei valori umanisti liberali. Riguardo a [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], alcuni commentatori hanno tenuto molto al fatto che Wells sembrava anticipare aspetti della teoria della relatività nella proposta contenuta nelle prime pagine di ''[[w:La macchina del tempo (romanzo)|The Time Machine]]'' in cui il tempo fosse da considerare una quarta dimensione. Nella sua forma più estrema e cospirativa, visibile su numerosi siti internet, l'affermazione è che Einstein stesse semplicemente compilando i dettagli di un'idea ordita da Wells.<sup>54</sup> Lo stesso Wells non fece tali affermazioni e teneva il fisico nella massima stima. Tali idee cospirative sulle fonti della teoria della relatività derivavano da due fatti: in primo luogo, che molti critici di Einstein sono stati desiderosi di negargli l'originalità scientifica, anzi di considerarla un plagio incidentalmente rubato da idee di certi fisici come anche da Wells; e, in secondo luogo, che l'immaginazione di Wells lo aveva portato davvero ai confini dell'esperienza umana, dove fu in grado di percepire possibilità che non erano state ancora concepite o testate dagli scienziati. Per questo motivo i nomi Einstein e Wells a volte compaiono insieme. In realtà, i legami erano più tangibili, più diretti e molto meno aperti a fantasie cospiratrici. H. G. Wells attraeva Einstein perché era un compagno guerriero nella lotta per i valori umani su scala globale. Wells era alla guida degli internazionalisti britannici sulla scia della Prima guerra mondiale, presiedendo una commissione che produsse un rapporto su ''The Idea of a League of Nations'' (1919). Tra i membri della commissione c'erano storici, politici e giornalisti di spicco, e collettivamente trasmettevano il messaggio che l'internazionalismo era l'unica soluzione logica e di principio al pasticcio in cui si era cacciato il mondo.<sup>55</sup> Un decennio dopo Wells inviò ad Einstein il suo ultimo libro. Nel ringraziarlo, Einstein disse che ammirava "the enormous energy you devote to the human race, which is so very difficult to help". Espresse anche "the special pleasure I took in your fine essay in the book ''Living Philosophers''", che era stato pubblicato di recente e al quale lo stesso Einstein aveva contribuito.<sup>56</sup> Si presume che Einstein apprezzò calorosamente l'espressione di Wells dei suoi valori etici in quel saggio, che trasmetteva proprio il tipo di spiritualità naturalistica e di disgusto per la religione organizzata caratteristica delle convinzioni di Einstein. Einstein deve anche aver accolto favorevolmente l'affermazione di Wells secondo cui era "natural that I should exalt science" e forse ancor di più la fede politica antinazionalista e pacifista di Wells, che era così vicina a quella di Einstein: {{citazione|If I am opposed to nationalism and war, it is not merely because these things represent an immense waste of energy, but because they sustain a cant of blind discipline and loyalty and a paraphernalia of flags, uniforms, and parades that shelter a host of particularly mischievous, unintelligent bullies and wasters; because they place our lives at the mercy of trained blockheads. Militarism and warfare are childish things, if they are not more horrible than anything childish can be. They must become things of the past. They must die. Naturally my idea of politics is an open conspiracy to hurry these tiresome, wasteful, evil things—nationality and war—out of existence.<sup>57</sup>}} === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === {{clear}} == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|50%|11 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] cotippdv5k8ox5d3ppivapjkvuzv30l 431482 431481 2022-08-12T15:06:35Z Monozigote 19063 testo wikitext text/x-wiki {{Saeculum Mirabilis}} [[File:Coloreinstein1.jpg|540px|thumb|center|Albert Einstein (1921)]] == L'intellettuale pubblico globale == È importante, all'inizio, stabilire che tipo di pensatore fosse Einstein nel campo della politica e dell'etica sociale. Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === [[File:Mahatma-Gandhi, studio, 1931.jpg|240px|right|thumb|[[w:Mahatma Gandhi|Mahatma Gandhi]] a Londra nel 1931]] Se l'elenco di intellettuali di cui sopra non costituiva un gruppo, vi erano tuttavia contatti più o meno estesi tra di loro, generalmente in connessione con una causa o l'altra. Einstein li conosceva o corrispondeva con tutti loro. Possiamo avere un'idea chiara dei valori che apportava alle sue attività politiche guardando i punti in cui si sovrapponeva a queste figure. Data la sua precoce e istintiva spinta al pacifismo, non può sorprendere la sua ammirazione per la filosofia di resistenza non violenta di [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Nel 1931 Einstein scrisse a Gandhi: "your example will inspire and help humanity to put an end to conflict based on violence with international help and cooperation guaranteeing peace to the world", aggiungendo che sperava che potessero incontrarsi faccia a faccia. Gandhi rispose negli stessi termini.<sup>37</sup> Non si incontrarono mai, ma è chiaro che per Einstein Gandhi era la bussola morale suprema. Una foto di Gandhi adornava la parete del suo studio negli Stati Uniti e scrisse una serie di apprezzamenti del leader indiano per le celebrazioni di compleanno e per i pezzi commemorativi dopo la sua morte. Per la celebrazione del settantesimo compleanno di Gandhi, Einstein scrisse: "Mahatma Gandhi’s life’s work is unique in political history, he has devised a wholly new and humane means for the liberation of an oppressed people and has carried it through with great energy and devotion".<sup>38</sup> I rapporti di Einstein con Albert Schweitzer, la cui dedizione disinteressata al compito prescelto come medico missionario in Africa lo trasformò in qualcosa di simile a un santo secolare, non erano dissimili da quelli con Gandhi. C'erano pochi contatti diretti – sebbene con Schweitzer ci fu almeno un incontro – ma una profonda ammirazione per le sue qualità morali. In una dichiarazione destinata a una nuova edizione di un libro dei suoi stessi scritti, Einstein scrisse di Schweitzer: "he is in my opinion the only human being in the western world who has exerted a comparable moral influence to Gandhi over this generation. As with Gandhi the strength of this effect rests overwhelmingly on the practical example he has provided in his life’s work".<sup>39</sup> Non ci sono prove che Einstein abbia letto l'opera chiave di Schweitzer, ''The Philosophy of Civilization'', ma è significativo che Schweitzer, come Einstein, poneva l'etica al centro del suo concetto di società. "A positive aspiration and effort for an ethical–moral configuration of our common life is of overriding importance. Here no science can save us", scrisse Einstein nel 1951. Da parte sua, Schweitzer era convinto che "creative, artistic, intellectual and material attainments can only show their full and true effects when the continued existence and development of civilization have been secured by founding civilization itself on a mental disposition which is truly ethical".<sup>40</sup> È significativo che Schweitzer ed Einstein arrivarono rispettivamente ​​primo e secondo in un sondaggio nazionale statunitense condotto nel dicembre 1950 per selezionare le più grandi personalità non-politiche del mondo.<sup>41</sup> Einstein aveva sperato di portare Schweitzer all'[[w:Institute for Advanced Study|Institute for Advanced Study]] di Princeton come ''visiting scholar'', ma Schweitzer dichiarò di non essere più un uomo libero: "In everything I do I must consider my hospital", scrisse, proseguendo poi con il descrivere in dettaglio le difficoltà pratiche in cui lavorava. Nella sua risposta, Einstein si rammaricò che Schweitzer non potesse venire, ma "was convinced that the activities you undertake in your work are incomparably more important".<sup>42</sup> Un ulteriore punto di contatto morale e intellettuale tra loro era l'odio per le armi nucleari. Schweitzer rese pubbliche le sue paure sulla prospettiva di una corsa agli armamenti nucleari sulla scia del test americano della [[w:bomba all'idrogeno|bomba H]] del 1952, che fu anche l'anno in cui fu insignito del [[w:Premio Nobel per la pace|Premio Nobel per la pace]] per la sua filosofia di "Reverence for Life". La sua conferenza per il Nobel, "The Problem of Peace", tenuta solo due anni dopo, fu un potente argomento per rifiutare la guerra come un male etico, ponendoo Schweitzer in testa ai difensori della pace nell'era nucleare.<sup>43</sup> Einstein propose a Bertrand Russell che Schweitzer dovesse essere invitato a firmare quello che sarebbe stato chiamato il "[[w:Manifesto Russell-Einstein|Russell–Einstein Manifesto]]" del 1955. "I think it would be highly desirable to have Albert Schweitzer join our group", scrisse Einstein a Russell, "since his moral influence is very great and world-wide".<sup>44</sup> Alla fine, si decise di chiedere solo agli scienziati di firmare il manifesto, ma Schweitzer continuò a ritagliarsi un proprio percorso parallelo di protesta antinucleare negli anni a venire, dopo la morte di Einstein nell'aprile del 1955.<sup>45</sup> Einstein non fu affatto l'unico a mettere insieme Gandhi e Schweitzer come esempi morali negli anni del dopoguerra, e non era meno comune aggiungere Einstein per formare un triumvirato. Il biografo e stretto collega e amico di Einstein, [[w:Philipp Frank|Philipp Frank]] registra: {{citazione|When I visited the House of Friends [actually Friends’ House] in London, the headquarters of the Quakers, I saw pictures of three men in the secretary’s office: Gandhi, Albert Schweitzer, and Einstein. I was rather surprised at this combination and asked the secretary what it was that these three persons had in common. Amazed at my ignorance, he informed me: ‘All three are pacifists.<sup>46</sup>}} Romain Rolland era uno scrittore affermato quando arrivò all'attenzione di Einstein. Iniziato come accademico, intorno ai trentacinque anni si dedicò a romanzi e opere teatrali, ma anche alla storia della musica e dell'arte. In gran parte sulla base del suo romanzo in dieci volumi ''[[:fr:w:Jean-Christophe (roman)|Jean-Christophe]]'', nel 1915 ricevette il [[w:Premio Nobel per la letteratura|Premio Nobel per la letteratura]]. Guarda caso, quello fu anche l'anno in cui pubblicò il suo trattato pacifista ''[[:fr:w:Au-dessus de la mêlée (texte)|Au-dessus de la mêlée]]'', che (come il suo ''magnum opus Jean-Christophe'') era ispirato dal desiderio di "remove the fateful misunderstandings between the French and German people".<sup>47</sup> La frase è tratta dalla prima lettera di Einstein a Rolland in cui elogiava l'autore francese proprio per questo risultato. In quello stesso anno Einstein incontrò Rolland in Svizzera, dove si era trasferito, e per diversi anni il loro comune odio per la guerra li tenne in stretto contatto. Le relazioni si raffreddarono all'inizio degli anni '30, quando Einstein cambiò idea sulla campagna pacifista contro la coscrizione militare, un punto che sarà discusso nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. [[File:Bertrand Russell 1957.jpg|240px|thumb|right|[[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]] nel 1957]] Il filosofo britannico Bertrand Russell fu l'unico di questo gruppo in grado di comprendere il lavoro scientifico di Einstein ed era ben consapevole del suo significato sin dall'inizio. Conosciuto inizialmente per il suo lavoro nella filosofia della matematica e in altre aree tecniche della filosofia, Russell si volse decisamente nella Prima guerra mondiale verso la pubblicazione per un pubblico più ampio sia in filosofia che in argomenti politici e sociali. Nella sua autobiografia, rifletteva: "The War of 1914–1918 changed everything for me; I ceased to be academic and took to writing a new kind of books".<sup>48</sup> Divenne famoso o famigerato per la sua opposizione alla Prima guerra mondiale, essendo stato imprigionato per aver scritto un articolo provocatorio contro la coscrizione. Nel 1925 Russell pubblicò ''ABC of Relativity'', uno dei primi tentativi di portare la rivoluzione di Einstein a un pubblico non scientifico.<sup>49</sup> Da parte sua, nel 1922 Einstein, già ben consapevole del lavoro e della reputazione di Russell in matematica e filosofia sociale e politica, scrisse un'ammirata prefazione all'edizione tedesca del ''Political Ideals'' di Russell e molto più tardi un apprezzamento molto entusiasta di ''[[w:Storia della filosofia occidentale (Russell)|A History of Western Philosophy]]''.<sup>50</sup> Il contatto diretto tramite lettera fu stabilito negli anni '30 e alcuni anni dopo Einstein fu coinvolto nel sostegno di Russell quando fu licenziato dal [[w:City College (New York)|City College di New York]] a causa della sua difesa di valori immorali. (L'accusa si basava su un libro pubblicato dieci anni prima intitolato ''Marriage and Morals'', in cui si sosteneva che, con l'avvento della contraccezione, gli atteggiamenti vittoriani nei confronti del sesso erano obsoleti).<sup>51</sup> Nel 1943 Russell arrivò a Princeton e per un periodo incontrò regolarmente Einstein, insieme al matematico [[w:Kurt Gödel|Kurt Gödel]] e al fisico [[w:Wolfgang Pauli|Wolfgang Pauli]]. Successivamente Einstein e Russell ebbero un'associazione molto più pubblica con l'apparizione del ''Russell-Einstein Manifesto'' (1955) contro la bomba H, di cui parleremo in un capitolo successivo. Sebbene ci fossero più differenze su questioni politiche tra Russell ed Einstein di quanto non sembri, queste generalmente svaniscono in secondo piano di fronte alle grandi questioni su cui erano uniti. Russell fu almeno altrettanto instancabile di Einstein nel dare sostegno morale alle cause internazionaliste e andò molto oltre, ponendosi in prima linea nell'attivismo politico, che comprendeva la partecipazione a numerose manifestazioni contro le guerre e le armi belliche. Nel suo ultimo decennio, Russell creò una fondazione per finanziare e promuovere le cause della pace e dei diritti umani. Sicuramente nel mondo anglofono Russell fu probabilmente l'attivista più visibile e radicale sulla scena mondiale, con Einstein che occupava una posizione più passiva ma comunque potente, basata sulla sua immagine di saggio e custode della coscienza del mondo. [[w:Università di Princeton|Princeton]] fu anche il luogo dell'incontro di Einstein con Thomas Mann durante i due anni di mandato di quest'ultimo all'università dal 1938 al 1940, quando erano quasi vicini. Sebbene Einstein trovasse non congeniale lo stile di vita patrizio di Mann, mantennero comunque relazioni collegiali rispettose, condividendo, come fecero, tra le altre cose, un odio per la Germania nazista. Era questo che li aveva messi in contatto per la prima volta nei mesi successivi alla presa del potere di Hitler. Einstein scrisse a Mann elogiando le critiche provocatorie di quest'ultimo al regime nazista, che, scrisse, "was one of the few bright spots in the events which have taken place recently in Germany". La risposta di Mann fu altrettanto calorosa e sincera; entrambi erano ora fuori dalla Germania (Einstein in Belgio e Mann nel sud della Francia) e si stavano preparando alla vita di esuli permanenti. Nel gennaio 1939 Thomas Mann ricevette la Medaglia Einstein (da non confondere con la [[w:Albert Einstein Award|Medaglia Einstein per la Fisica Teorica]], assegnata per la prima volta nel 1951), in occasione della quale Einstein dichiarò che Mann "has the courage, the strength of conviction and the power of words to make him a leader in the fight" contro il degrado dei valori intellettuali e morali rappresentato dal regime nazista. In un tributo a Mann nel giorno del suo settantesimo compleanno, Einstein salutò Mann come l'incarnazione dell'"humanistic ideal", mentre Mann scrisse in termini simili un necrologio di tributo a Einstein che aveva "salvato l'onore dell'umanità".<sup>52</sup> Nessuno dei due tornò mai in Germania a vivere. Sebbene Mann facesse una visita dopo il 1945, spiegò a lungo in un diario tedesco dell'esilio, in risposta a un appello della Germania a venire e aiutare a ricostruire il morale del paese, perché non poteva pensare di tornarci a vivere. Il peso della storia recente della Germania e della sua personale esperienza era semplicemente troppo grande per essere dimenticato.<sup>53</sup> I sentimenti di Einstein per la Germania erano meno complicati e decisamente più negativi di quelli di Mann, argomento di cui parleremo più avanti. Per il momento è sufficiente notare che questi due giganti della cultura e dell'intelletto tedeschi, partiti da punti così diversi, si sono ritrovati, grazie agli sconvolgimenti della guerra e dell'esilio, uniti nella loro pubblica difesa dei valori umanisti liberali. Riguardo a [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], alcuni commentatori hanno tenuto molto al fatto che Wells sembrava anticipare aspetti della teoria della relatività nella proposta contenuta nelle prime pagine di ''[[w:La macchina del tempo (romanzo)|The Time Machine]]'' in cui il tempo fosse da considerare una quarta dimensione. Nella sua forma più estrema e cospirativa, visibile su numerosi siti internet, l'affermazione è che Einstein stesse semplicemente compilando i dettagli di un'idea ordita da Wells.<sup>54</sup> Lo stesso Wells non fece tali affermazioni e teneva il fisico nella massima stima. Tali idee cospirative sulle fonti della teoria della relatività derivavano da due fatti: in primo luogo, che molti critici di Einstein sono stati desiderosi di negargli l'originalità scientifica, anzi di considerarla un plagio incidentalmente rubato da idee di certi fisici come anche da Wells; e, in secondo luogo, che l'immaginazione di Wells lo aveva portato davvero ai confini dell'esperienza umana, dove fu in grado di percepire possibilità che non erano state ancora concepite o testate dagli scienziati. Per questo motivo i nomi Einstein e Wells a volte compaiono insieme. In realtà, i legami erano più tangibili, più diretti e molto meno aperti a fantasie cospiratrici. H. G. Wells attraeva Einstein perché era un compagno guerriero nella lotta per i valori umani su scala globale. Wells era alla guida degli internazionalisti britannici sulla scia della Prima guerra mondiale, presiedendo una commissione che produsse un rapporto su ''The Idea of a League of Nations'' (1919). Tra i membri della commissione c'erano storici, politici e giornalisti di spicco, e collettivamente trasmettevano il messaggio che l'internazionalismo era l'unica soluzione logica e di principio al pasticcio in cui si era cacciato il mondo.<sup>55</sup> Un decennio dopo Wells inviò ad Einstein il suo ultimo libro. Nel ringraziarlo, Einstein disse che ammirava "the enormous energy you devote to the human race, which is so very difficult to help". Espresse anche "the special pleasure I took in your fine essay in the book ''Living Philosophers''", che era stato pubblicato di recente e al quale lo stesso Einstein aveva contribuito.<sup>56</sup> Si presume che Einstein apprezzò calorosamente l'espressione di Wells dei suoi valori etici in quel saggio, che trasmetteva proprio il tipo di spiritualità naturalistica e di disgusto per la religione organizzata caratteristica delle convinzioni di Einstein. Einstein deve anche aver accolto favorevolmente l'affermazione di Wells secondo cui era "natural that I should exalt science" e forse ancor di più la fede politica antinazionalista e pacifista di Wells, che era così vicina a quella di Einstein: {{citazione|If I am opposed to nationalism and war, it is not merely because these things represent an immense waste of energy, but because they sustain a cant of blind discipline and loyalty and a paraphernalia of flags, uniforms, and parades that shelter a host of particularly mischievous, unintelligent bullies and wasters; because they place our lives at the mercy of trained blockheads. Militarism and warfare are childish things, if they are not more horrible than anything childish can be. They must become things of the past. They must die. Naturally my idea of politics is an open conspiracy to hurry these tiresome, wasteful, evil things—nationality and war—out of existence.<sup>57</sup>}} Infine, Einstein apprezzò il valore educativo delle opere di Wells, in particolare il suo ''[[:en:w:The Outline of History|Outline of History]]''. Lo stesso Wells lo definì "the first conscious attempt to tell the story of mankind from a non-nationalist perspective". Einstein dichiarò in un discorso sull'istruzione e la pace nel mondo che il libro di Wells avrebbe infuso nelle nuove generazioni la lezione richiesta che la storia era "the evolution of progress and human civilization, rather than a glorification of the use of force and military successes". Se insegnato nelle scuole, un libro come quello di Wells, secondo Einstein, poteva servire a rafforzare la solidarietà internazionale e combattere lo sciovinismo. Niente poteva trasmettere più chiaramente l'impegno di Einstein e Wells per una versione aggiornata dell'idea illuminista di progresso in quel momento di profonda crisi della storia umana, che sembrava minare qualsiasi fede che il futuro sarebbe stato migliore. Negli anni a venire, entrambi, in particolare Wells, avrebbero trovato difficile mantenere l'ottimismo, ma nel caso di Einstein le abitudini di una vita erano difficili da infrangere. === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|75%|12 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] rpixg728wlz5fhkbewp8aawpken9v04 431483 431482 2022-08-12T15:49:45Z Monozigote 19063 /* Connessioni */ testo wikitext text/x-wiki {{Saeculum Mirabilis}} [[File:Coloreinstein1.jpg|540px|thumb|center|Albert Einstein (1921)]] == L'intellettuale pubblico globale == È importante, all'inizio, stabilire che tipo di pensatore fosse Einstein nel campo della politica e dell'etica sociale. Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === [[File:Mahatma-Gandhi, studio, 1931.jpg|240px|right|thumb|[[w:Mahatma Gandhi|Mahatma Gandhi]] a Londra nel 1931]] Se l'elenco di intellettuali di cui sopra non costituiva un gruppo, vi erano tuttavia contatti più o meno estesi tra di loro, generalmente in connessione con una causa o l'altra. Einstein li conosceva o corrispondeva con tutti loro. Possiamo avere un'idea chiara dei valori che apportava alle sue attività politiche guardando i punti in cui si sovrapponeva a queste figure. Data la sua precoce e istintiva spinta al pacifismo, non può sorprendere la sua ammirazione per la filosofia di resistenza non violenta di [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Nel 1931 Einstein scrisse a Gandhi: "your example will inspire and help humanity to put an end to conflict based on violence with international help and cooperation guaranteeing peace to the world", aggiungendo che sperava che potessero incontrarsi faccia a faccia. Gandhi rispose negli stessi termini.<sup>37</sup> Non si incontrarono mai, ma è chiaro che per Einstein Gandhi era la bussola morale suprema. Una foto di Gandhi adornava la parete del suo studio negli Stati Uniti e scrisse una serie di apprezzamenti del leader indiano per le celebrazioni di compleanno e per i pezzi commemorativi dopo la sua morte. Per la celebrazione del settantesimo compleanno di Gandhi, Einstein scrisse: "Mahatma Gandhi’s life’s work is unique in political history, he has devised a wholly new and humane means for the liberation of an oppressed people and has carried it through with great energy and devotion".<sup>38</sup> I rapporti di Einstein con Albert Schweitzer, la cui dedizione disinteressata al compito prescelto come medico missionario in Africa lo trasformò in qualcosa di simile a un santo secolare, non erano dissimili da quelli con Gandhi. C'erano pochi contatti diretti – sebbene con Schweitzer ci fu almeno un incontro – ma una profonda ammirazione per le sue qualità morali. In una dichiarazione destinata a una nuova edizione di un libro dei suoi stessi scritti, Einstein scrisse di Schweitzer: "he is in my opinion the only human being in the western world who has exerted a comparable moral influence to Gandhi over this generation. As with Gandhi the strength of this effect rests overwhelmingly on the practical example he has provided in his life’s work".<sup>39</sup> Non ci sono prove che Einstein abbia letto l'opera chiave di Schweitzer, ''The Philosophy of Civilization'', ma è significativo che Schweitzer, come Einstein, poneva l'etica al centro del suo concetto di società. "A positive aspiration and effort for an ethical–moral configuration of our common life is of overriding importance. Here no science can save us", scrisse Einstein nel 1951. Da parte sua, Schweitzer era convinto che "creative, artistic, intellectual and material attainments can only show their full and true effects when the continued existence and development of civilization have been secured by founding civilization itself on a mental disposition which is truly ethical".<sup>40</sup> È significativo che Schweitzer ed Einstein arrivarono rispettivamente ​​primo e secondo in un sondaggio nazionale statunitense condotto nel dicembre 1950 per selezionare le più grandi personalità non-politiche del mondo.<sup>41</sup> Einstein aveva sperato di portare Schweitzer all'[[w:Institute for Advanced Study|Institute for Advanced Study]] di Princeton come ''visiting scholar'', ma Schweitzer dichiarò di non essere più un uomo libero: "In everything I do I must consider my hospital", scrisse, proseguendo poi con il descrivere in dettaglio le difficoltà pratiche in cui lavorava. Nella sua risposta, Einstein si rammaricò che Schweitzer non potesse venire, ma "was convinced that the activities you undertake in your work are incomparably more important".<sup>42</sup> Un ulteriore punto di contatto morale e intellettuale tra loro era l'odio per le armi nucleari. Schweitzer rese pubbliche le sue paure sulla prospettiva di una corsa agli armamenti nucleari sulla scia del test americano della [[w:bomba all'idrogeno|bomba H]] del 1952, che fu anche l'anno in cui fu insignito del [[w:Premio Nobel per la pace|Premio Nobel per la pace]] per la sua filosofia di "Reverence for Life". La sua conferenza per il Nobel, "The Problem of Peace", tenuta solo due anni dopo, fu un potente argomento per rifiutare la guerra come un male etico, ponendoo Schweitzer in testa ai difensori della pace nell'era nucleare.<sup>43</sup> Einstein propose a Bertrand Russell che Schweitzer dovesse essere invitato a firmare quello che sarebbe stato chiamato il "[[w:Manifesto Russell-Einstein|Russell–Einstein Manifesto]]" del 1955. "I think it would be highly desirable to have Albert Schweitzer join our group", scrisse Einstein a Russell, "since his moral influence is very great and world-wide".<sup>44</sup> Alla fine, si decise di chiedere solo agli scienziati di firmare il manifesto, ma Schweitzer continuò a ritagliarsi un proprio percorso parallelo di protesta antinucleare negli anni a venire, dopo la morte di Einstein nell'aprile del 1955.<sup>45</sup> Einstein non fu affatto l'unico a mettere insieme Gandhi e Schweitzer come esempi morali negli anni del dopoguerra, e non era meno comune aggiungere Einstein per formare un triumvirato. Il biografo e stretto collega e amico di Einstein, [[w:Philipp Frank|Philipp Frank]] registra: {{citazione|When I visited the House of Friends [actually Friends’ House] in London, the headquarters of the Quakers, I saw pictures of three men in the secretary’s office: Gandhi, Albert Schweitzer, and Einstein. I was rather surprised at this combination and asked the secretary what it was that these three persons had in common. Amazed at my ignorance, he informed me: ‘All three are pacifists.<sup>46</sup>}} Romain Rolland era uno scrittore affermato quando arrivò all'attenzione di Einstein. Iniziato come accademico, intorno ai trentacinque anni si dedicò a romanzi e opere teatrali, ma anche alla storia della musica e dell'arte. In gran parte sulla base del suo romanzo in dieci volumi ''[[:fr:w:Jean-Christophe (roman)|Jean-Christophe]]'', nel 1915 ricevette il [[w:Premio Nobel per la letteratura|Premio Nobel per la letteratura]]. Guarda caso, quello fu anche l'anno in cui pubblicò il suo trattato pacifista ''[[:fr:w:Au-dessus de la mêlée (texte)|Au-dessus de la mêlée]]'', che (come il suo ''magnum opus Jean-Christophe'') era ispirato dal desiderio di "remove the fateful misunderstandings between the French and German people".<sup>47</sup> La frase è tratta dalla prima lettera di Einstein a Rolland in cui elogiava l'autore francese proprio per questo risultato. In quello stesso anno Einstein incontrò Rolland in Svizzera, dove si era trasferito, e per diversi anni il loro comune odio per la guerra li tenne in stretto contatto. Le relazioni si raffreddarono all'inizio degli anni '30, quando Einstein cambiò idea sulla campagna pacifista contro la coscrizione militare, un punto che sarà discusso nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. [[File:Bertrand Russell 1957.jpg|240px|thumb|right|[[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]] nel 1957]] Il filosofo britannico Bertrand Russell fu l'unico di questo gruppo in grado di comprendere il lavoro scientifico di Einstein ed era ben consapevole del suo significato sin dall'inizio. Conosciuto inizialmente per il suo lavoro nella filosofia della matematica e in altre aree tecniche della filosofia, Russell si volse decisamente nella Prima guerra mondiale verso la pubblicazione per un pubblico più ampio sia in filosofia che in argomenti politici e sociali. Nella sua autobiografia, rifletteva: "The War of 1914–1918 changed everything for me; I ceased to be academic and took to writing a new kind of books".<sup>48</sup> Divenne famoso o famigerato per la sua opposizione alla Prima guerra mondiale, essendo stato imprigionato per aver scritto un articolo provocatorio contro la coscrizione. Nel 1925 Russell pubblicò ''ABC of Relativity'', uno dei primi tentativi di portare la rivoluzione di Einstein a un pubblico non scientifico.<sup>49</sup> Da parte sua, nel 1922 Einstein, già ben consapevole del lavoro e della reputazione di Russell in matematica e filosofia sociale e politica, scrisse un'ammirata prefazione all'edizione tedesca del ''Political Ideals'' di Russell e molto più tardi un apprezzamento molto entusiasta di ''[[w:Storia della filosofia occidentale (Russell)|A History of Western Philosophy]]''.<sup>50</sup> Il contatto diretto tramite lettera fu stabilito negli anni '30 e alcuni anni dopo Einstein fu coinvolto nel sostegno di Russell quando fu licenziato dal [[w:City College (New York)|City College di New York]] a causa della sua difesa di valori immorali. (L'accusa si basava su un libro pubblicato dieci anni prima intitolato ''Marriage and Morals'', in cui si sosteneva che, con l'avvento della contraccezione, gli atteggiamenti vittoriani nei confronti del sesso erano obsoleti).<sup>51</sup> Nel 1943 Russell arrivò a Princeton e per un periodo incontrò regolarmente Einstein, insieme al matematico [[w:Kurt Gödel|Kurt Gödel]] e al fisico [[w:Wolfgang Pauli|Wolfgang Pauli]]. Successivamente Einstein e Russell ebbero un'associazione molto più pubblica con l'apparizione del ''Russell-Einstein Manifesto'' (1955) contro la bomba H, di cui parleremo in un capitolo successivo. Sebbene ci fossero più differenze su questioni politiche tra Russell ed Einstein di quanto non sembri, queste generalmente svaniscono in secondo piano di fronte alle grandi questioni su cui erano uniti. Russell fu almeno altrettanto instancabile di Einstein nel dare sostegno morale alle cause internazionaliste e andò molto oltre, ponendosi in prima linea nell'attivismo politico, che comprendeva la partecipazione a numerose manifestazioni contro le guerre e le armi belliche. Nel suo ultimo decennio, Russell creò una fondazione per finanziare e promuovere le cause della pace e dei diritti umani. Sicuramente nel mondo anglofono Russell fu probabilmente l'attivista più visibile e radicale sulla scena mondiale, con Einstein che occupava una posizione più passiva ma comunque potente, basata sulla sua immagine di saggio e custode della coscienza del mondo. [[w:Università di Princeton|Princeton]] fu anche il luogo dell'incontro di Einstein con Thomas Mann durante i due anni di mandato di quest'ultimo all'università dal 1938 al 1940, quando erano quasi vicini. Sebbene Einstein trovasse non congeniale lo stile di vita patrizio di Mann, mantennero comunque relazioni collegiali rispettose, condividendo, come fecero, tra le altre cose, un odio per la Germania nazista. Era questo che li aveva messi in contatto per la prima volta nei mesi successivi alla presa del potere di Hitler. Einstein scrisse a Mann elogiando le critiche provocatorie di quest'ultimo al regime nazista, che, scrisse, "was one of the few bright spots in the events which have taken place recently in Germany". La risposta di Mann fu altrettanto calorosa e sincera; entrambi erano ora fuori dalla Germania (Einstein in Belgio e Mann nel sud della Francia) e si stavano preparando alla vita di esuli permanenti. Nel gennaio 1939 Thomas Mann ricevette la Medaglia Einstein (da non confondere con la [[w:Albert Einstein Award|Medaglia Einstein per la Fisica Teorica]], assegnata per la prima volta nel 1951), in occasione della quale Einstein dichiarò che Mann "has the courage, the strength of conviction and the power of words to make him a leader in the fight" contro il degrado dei valori intellettuali e morali rappresentato dal regime nazista. In un tributo a Mann nel giorno del suo settantesimo compleanno, Einstein salutò Mann come l'incarnazione dell'"humanistic ideal", mentre Mann scrisse in termini simili un necrologio di tributo a Einstein che aveva "salvato l'onore dell'umanità".<sup>52</sup> Nessuno dei due tornò mai in Germania a vivere. Sebbene Mann facesse una visita dopo il 1945, spiegò a lungo in un diario tedesco dell'esilio, in risposta a un appello della Germania a venire e aiutare a ricostruire il morale del paese, perché non poteva pensare di tornarci a vivere. Il peso della storia recente della Germania e della sua personale esperienza era semplicemente troppo grande per essere dimenticato.<sup>53</sup> I sentimenti di Einstein per la Germania erano meno complicati e decisamente più negativi di quelli di Mann, argomento di cui parleremo più avanti. Per il momento è sufficiente notare che questi due giganti della cultura e dell'intelletto tedeschi, partiti da punti così diversi, si sono ritrovati, grazie agli sconvolgimenti della guerra e dell'esilio, uniti nella loro pubblica difesa dei valori umanisti liberali. Riguardo a [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], alcuni commentatori hanno tenuto molto al fatto che Wells sembrava anticipare aspetti della teoria della relatività nella proposta contenuta nelle prime pagine di ''[[w:La macchina del tempo (romanzo)|The Time Machine]]'' in cui il tempo fosse da considerare una quarta dimensione. Nella sua forma più estrema e cospirativa, visibile su numerosi siti internet, l'affermazione è che Einstein stesse semplicemente compilando i dettagli di un'idea ordita da Wells.<sup>54</sup> Lo stesso Wells non fece tali affermazioni e teneva il fisico nella massima stima. Tali idee cospirative sulle fonti della teoria della relatività derivavano da due fatti: in primo luogo, che molti critici di Einstein sono stati desiderosi di negargli l'originalità scientifica, anzi di considerarla un plagio incidentalmente rubato da idee di certi fisici come anche da Wells; e, in secondo luogo, che l'immaginazione di Wells lo aveva portato davvero ai confini dell'esperienza umana, dove fu in grado di percepire possibilità che non erano state ancora concepite o testate dagli scienziati. Per questo motivo i nomi Einstein e Wells a volte compaiono insieme. In realtà, i legami erano più tangibili, più diretti e molto meno aperti a fantasie cospiratrici. H. G. Wells attraeva Einstein perché era un compagno guerriero nella lotta per i valori umani su scala globale. Wells era alla guida degli internazionalisti britannici sulla scia della Prima guerra mondiale, presiedendo una commissione che produsse un rapporto su ''The Idea of a League of Nations'' (1919). Tra i membri della commissione c'erano storici, politici e giornalisti di spicco, e collettivamente trasmettevano il messaggio che l'internazionalismo era l'unica soluzione logica e di principio al pasticcio in cui si era cacciato il mondo.<sup>55</sup> Un decennio dopo Wells inviò ad Einstein il suo ultimo libro. Nel ringraziarlo, Einstein disse che ammirava "the enormous energy you devote to the human race, which is so very difficult to help". Espresse anche "the special pleasure I took in your fine essay in the book ''Living Philosophers''", che era stato pubblicato di recente e al quale lo stesso Einstein aveva contribuito.<sup>56</sup> Si presume che Einstein apprezzò calorosamente l'espressione di Wells dei suoi valori etici in quel saggio, che trasmetteva proprio il tipo di spiritualità naturalistica e di disgusto per la religione organizzata caratteristica delle convinzioni di Einstein. Einstein deve anche aver accolto favorevolmente l'affermazione di Wells secondo cui era "natural that I should exalt science" e forse ancor di più la fede politica antinazionalista e pacifista di Wells, che era così vicina a quella di Einstein: {{citazione|If I am opposed to nationalism and war, it is not merely because these things represent an immense waste of energy, but because they sustain a cant of blind discipline and loyalty and a paraphernalia of flags, uniforms, and parades that shelter a host of particularly mischievous, unintelligent bullies and wasters; because they place our lives at the mercy of trained blockheads. Militarism and warfare are childish things, if they are not more horrible than anything childish can be. They must become things of the past. They must die. Naturally my idea of politics is an open conspiracy to hurry these tiresome, wasteful, evil things—nationality and war—out of existence.<sup>57</sup>}} Infine, Einstein apprezzò il valore educativo delle opere di Wells, in particolare il suo ''[[:en:w:The Outline of History|Outline of History]]''. Lo stesso Wells lo definì "the first conscious attempt to tell the story of mankind from a non-nationalist perspective".<sup>58</sup> Einstein dichiarò in un discorso sull'istruzione e la pace nel mondo che il libro di Wells avrebbe infuso nelle nuove generazioni la lezione richiesta che la storia era "the evolution of progress and human civilization, rather than a glorification of the use of force and military successes". Se insegnato nelle scuole, un libro come quello di Wells, secondo Einstein, poteva servire a rafforzare la solidarietà internazionale e combattere lo sciovinismo.<sup>59</sup> Niente poteva trasmettere più chiaramente l'impegno di Einstein e Wells per una versione aggiornata dell'idea illuminista di progresso in quel momento di profonda crisi della storia umana, che sembrava minare qualsiasi fede che il futuro sarebbe stato migliore. Negli anni a venire, entrambi, in particolare Wells, avrebbero trovato difficile mantenere l'ottimismo, ma nel caso di Einstein le abitudini di una vita erano difficili da infrangere. [[File:George bernard shaw.jpg|240px|thumb|right|[[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]] nel 1915]] [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]] poteva rivaleggiare con Wells per pessimismo sul mondo, in particolare nella sua anzianità, ma l'umorismo sardonico in cui avvolse i suoi giudizi sulla natura e sul comportamento umani permise al suo sobrio realismo di brillare. Questo fu senza dubbio ciò che lo rese caro ad Einstein. Einstein era un suo fan e il sentimento veniva ricambiato da Shaw, che si interessò alla relatività dal momento in cui fu resa pubblica. Il loro primo contatto fu indiretto, tramite un giovane scienziato chiamato [[:en:w:Archibald Henderson (professor)|Archibald Henderson]], che era anche il biografo autorizzato di Shaw. Durante una visita a Shaw a Londra nel 1923, poco prima di andare a Berlino per lavorare sulla relatività, Henderson notò una foto di Einstein appesa al muro. Shaw osservò: "Tell Einstein I said the most convincing proof I can adduce of my admiration for him is that his is the only one of these portraits I paid for". Secondo quanto riferito, Einstein fu deliziato da questo messaggio, osservando con una risata: "That is very characteristic of Bernard Shaw, who has declared that money is the most important thing in the world".<sup>60</sup> La pubblicazione nel 1928 di ''[[:en:w:The Intelligent Woman's Guide to Socialism and Capitalism|The Intelligent Woman’s Guide to Socialism]]'' di Shaw fu accolto con grande entusiasmo da Einstein: "Here speaks the Voltaire of our day", scrisse a un amico, e a un altro: "I am reading with great excitement the book on Socialism by G. B. Shaw, a magnificent fellow with great insight into what makes human beings tick".<sup>61</sup> Due anni dopo, a una cena di raccolta fondi per l'assistenza sociale agli ebrei al [[w:Hotel Savoy|Savoy Hotel]] di Londra, Shaw presentò Einstein in un lungo elogio in cui descriveva il contributo di Einstein come il risultato delle "intuizioni di un artista". Tipicamente, aggiunse che "I, as an artist, claim kinship with that great authority" ed era sicuro che "as an artist, I think my speech will be understood by our guest here tonight". Fece anche riferimento al credo recentemente pubblicato da Einstein "What I Believe", uno di una serie a cui contribuirono anche H. G. Wells e John Dewey. Shaw dichiarò: {{citazione|I must confess that there is not a single creed of an established church on earth at present that I can subscribe to. But to our visitor’s creed I can subscribe, to every single item. I rejoice at the new universe to which he has introduced us. I rejoice in the fact that he has destroyed all the old certainty, all the old absolutism, all the old cut-and-dried conceptions even of time and space because they seemed all so solid that you never could get any further. I want to get further always. I want more and more problems...<sup>62</sup>}} === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|75%|12 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] nr3a2zmio2cqlco4zni57wbfjgsv8o3 431484 431483 2022-08-12T16:35:40Z Monozigote 19063 /* Connessioni */ testo wikitext text/x-wiki {{Saeculum Mirabilis}} [[File:Coloreinstein1.jpg|540px|thumb|center|Albert Einstein (1921)]] == L'intellettuale pubblico globale == È importante, all'inizio, stabilire che tipo di pensatore fosse Einstein nel campo della politica e dell'etica sociale. Non era un filosofo professionista né un teorico sociale, ma un personaggio pubblico con vedute profondamente radicate e le cui opinioni erano ricercate su questioni che spesso avevano scarso collegamento con le sue aree di conoscenza specialistica. Con poche eccezioni degne di nota, le dichiarazioni e gli scritti di Einstein su questioni sociali e politiche raramente superavano le poche pagine. Molte erano ancor più brevi. Questa era per lui un'attività secondaria, anche se di vitale importanza. La [[w: fisica|fisica]] veniva prima. Trascorreva la maggior parte del suo tempo coprendo pagine e pagine con formule e diagrammi matematici scarabocchiati, alcuni dei quali si riversavano sulle bozze di lettere e dichiarazioni che stava preparando per pubblico consumo. Se la maggior parte delle sue energie erano dedicate alla fisica, fu comunque un appassionato promotore dei principi liberali radicali sulla scena mondiale. Come ha giustamente affermato un commentatore, la sua attività politica "was very clearly work, not merely a hobby".<sup>1</sup> L'elenco dei suoi interventi è straordinariamente lungo e mostra che dalla Prima guerra mondiale in poi fu continuamente impegnato in corrispondenze, firma di petizioni e incontri associati a una varietà di cause. L'intensità del suo coinvolgimento variava. Ci fu un'esplosione di attività negli anni immediatamente successivi alla sua elevazione a stato di celebrità sulla scia della Prima guerra mondiale. Questo periodo includeva il suo primo viaggio negli Stati Uniti, il suo coinvolgimento iniziale con il [[w:Sionismo|sionismo]], la partecipazione a varie cause di pace, l'appartenenza all'[[:en:w:International Committee on Intellectual Cooperation|International Committee on Intellectual Cooperation]] della [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]] e le interviste alla stampa tedesca sugli sconvolgimenti che accompagnarono la transizione del potere dalla Germania Imperiale alla [[w:Repubblica di Weimar|Repubblica di Weimar]]. Un altro picco arrivò durante l'agitazione internazionale per il disarmo nel 1931-1932. Einstein scrisse o parlò a nome di singoli oppositori della guerra in paesi così diversi come Bulgaria, Danimarca, Stati Uniti, Germania, Jugoslavia, Polonia, Svizzera, Belgio, Svezia e Italia, oltre a fornire numerosi articoli, discorsi e dichiarazioni da leggere fuori per suo conto alle conferenze quando non poteva partecipare. Ovunque andasse per lavoro scientifico, era chiamato a tenere discorsi da organizzazioni pacifiste locali grandi e piccole, comprese le associazioni studentesche a Oxford e un certo numero di università negli Stati Uniti. Nel maggio 1932, quando un'importante conferenza internazionale sul disarmo a Ginevra si impantanò in controversie sulle quantità consentite e sui tipi di armi, si recò direttamente a Ginevra con altri notabili pacifisti e tenne una conferenza stampa nel tentativo di reindirizzare la conferenza verso i punti fondamentali. Gli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale furono di pari intensità per Einstein, poiché sosteneva che il governo mondiale fosse l'unico mezzo per prevenire una corsa agli armamenti nucleari e un'altra guerra mondiale. In questo periodo, ma soprattutto negli anni 1946-1948, era raramente fuori dagli interessi del pubblico, che ora includeva la televisione. E, naturalmente, la stessa bomba atomica, sebbene non fosse stata creata da Einstein e nemmeno concepita da lui come una possibilità quando aveva ideato la sua formula per l'equivalenza massa-energia, in definitiva fu il risultato di scoperte teoriche che egli aveva fatto. Riusciva a malapena a spezzare il legame nella mente delle persone tra Einstein e l'era atomica, che gli garantiva un'autorità peculiare agli occhi di coloro che cercavano la pace internazionale e il controllo delle armi atomiche. I primi anni '20, 1931–2 e la fine degli anni '40 furono evidentemente momenti salienti della sua attività pubblica, ma sono notevoli nella sua lunga carriera soprattutto per la pura intensità, non per il tipo, di coinvolgimento. La sua attenzione era continua.<sup>2</sup> Alla base delle sue convinzioni c'era un impegno per la promozione di valori umani e ampiamente liberali, che erano spesso espressi in modo radicale e intransigente. Se le idee stesse di per sé non erano originali, il modo in cui le esprimeva dimostrava una sorprendente individualità, che portò a posizioni che eludevano le solite categorie del dibattito politico. Era un socialista dichiarato che abbracciava l'individualismo, un fervente critico del capitalismo che odiava il comunismo sovietico, un uomo di "cosmic religious belief" che non aveva tempo per la religione organizzata, un sionista dichiarato che nutriva profondi scrupoli circa l'instaurazione dello stato politico di Israele e un solitario impegnato in una serie di cause sociali. Ciò a cui tutto questo aggiunge è stato oggetto di molti dibattiti. Un individuo così multiforme attirava l'attenzione, sfavorevole oltre che favorevole, per una serie di ragioni diverse. I legami tra le sue diverse cause erano generalmente impliciti piuttosto che esplicitamente articolati. All'inizio degli anni '50 un giovane fisico indiano inviò ad Einstein il dattiloscritto di un articolo sulla sua "filosofia della vita" (di Einstein). Nel suo paragrafo introduttivo [[:en:w:Jagdish Mehra|Jagdish Mehra]] osservava: "one of the difficulties of such a study is that it is hard to discover, in Einstein’s speeches and writings, any systematic position in social ethics. Thus I prefer to speak of his convictions rather than positions in social philosophy."<sup>3</sup> Einstein evidentemente approvò il ritratto che Mehra fece di lui, poiché rispose: "apart from too unwarranted praise I find your characterization of my convictions and personal traits quite veracious and showing psychological understanding".<sup>4</sup> Sebbene ci siano motivi per sostenere che c'è una maggiore coerenza nel pensiero di Einstein di quanto Mehra riconosca, Mehra coglie il carattere "occasionale" degli interventi di Einstein su questioni sociali e politiche. Einstein era evidentemente più che un polemista, ma qualcosa di meno che un pensatore sistematico in questo campo. Poiché teneva profondamente alle questioni che abbracciava, era continuamente attratto dall'arena pubblica, ma poiché era soprattutto uno scienziato, spesso si risentiva del tempo che prendevano dal suo lavoro scientifico. A volte la sua irritazione si manifestava, almeno in privato. Scrisse a un amico nel 1946: "If you see my name brought up from time to time in connections with political excursions, you shouldn’t think that I spend much time on such matters since it would be sad to waste much energy for the skimpy soil of politics. From time to time, however, a moment arrives when I cannot help myself..."<sup>5</sup> Per quanto gli fosse difficile dire di no alle richieste di unirsi a questa o quella causa, a volte lo faceva, e questi casi sono tanto istruttivi quanto le volte disse di sì. Era disposto a consentire che il suo nome fosse usato pubblicamente ma non a un costo o per conto di qualsiasi causa. Ci sono occasioni, che verranno descritte nei Capitoli successivi, in cui diede un fermo ''no'' alle richieste o ritirò con rabbia il suo sostegno scoprendo che la causa non era come pensava. Ci sono anche volte in cui il suo nome fu invocato contro la sua volontà. Sebbene molto richiesto, era comunque molto discriminante nelle cause che sosteneva e nella forma di supporto che dava. In breve, si preoccupava di gestire la sua immagine oltre che il suo tempo, per quanto poteva. === L'educazione politica di Albert Einstein === Se si deve giudicare dall'attività pubblica, Einstein si mostrò per la prima volta come animale politico nell'autunno del 1914 con la firma di una dichiarazione di opposizione alla Prima guerra mondiale, argomento trattato più avanti in questo Capitolo. Tuttavia, gli atteggiamenti manifestati allora si erano sviluppati ben prima. Una capacità fin dall'infanzia di concentrarsi intensamente su argomenti che lo interessavano e andare per la propria strada indipendentemente dalle aspettative degli insegnanti e degli altri adulti indicava una innata indipendenza d'animo. Scrive un recente biografo: "His conviction that he learned best on his own would repeatedly get him in trouble".<sup>6</sup> Non era che Einstein si impegnasse in una ribellione aperta, ma che fosse apparentemente immune dalla paura dell'autorità. Non era incline a fidarsi di ciò che gli veniva detto dagli insegnanti e spesso mostrava il suo scetticismo in quello che ora sarebbe chiamato linguaggio del corpo: un'aria di distacco, un sorriso consapevole, uno sguardo di disprezzo. Come notò sua sorella in una memoria di suo fratello, per lui era particolarmente sgradevole l'atmosfera militare della scuola in Germania, l'addestramento sistematico alla venerazione dell'autorità, "which was supposed to help pupils get used to military discipline". L'indipendenza della mente di Einstein e l'odio istintivo per i valori militari si comunicavano evidentemente ai suoi insegnanti. In uno scambio di classe molto citato mentre Einstein era ancora a scuola a Monaco, l'insegnante disse che sarebbe stato molto più felice se Einstein avesse lasciato la scuola. Einstein protestò di non aver fatto nulla di male, al che l'insegnante rispose: "your mere presence undermines the respect of the class for me.".<sup>7</sup> [[File:Jost Winteler (1846–1929) um 1880.jpg|240px|right|thumb|[[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]] nel 1880]] Qualcosa di più vicino a una nota politica entra in gioco quando, all'età di 16 anni, Einstein si stabilisce in Svizzera quando la sua famiglia emigrò in Italia in seguito al fallimento dell'attività elettrica del padre. La sua partenza dalla Germania – inizialmente si pensava che sarebbe rimasto a Monaco per finire il liceo – fu in gran parte dovuta al desiderio di evitare il servizio militare.<sup>8</sup> Durante il suo primo anno in Svizzera non avrebbe potuto trovare un alloggio più congeniale di quello che trovò con la famiglia di [[:en:w:Jost Winteler|Jost Winteler]], che era insegnante di greco e latino alla scuola dove Einstein si iscrisse per prepararsi allo studio al [[w:Politecnico federale di Zurigo|Politecnico di Zurigo]]. Winteler era un individuo di mentalità particolarmente liberale che incoraggiava una discussione libera e aperta di idee politiche e attualità attorno alla tavola da pranzo. Era un internazionalista convinto e sprezzante del nazionalismo ristretto, soprattutto di tipo tedesco, di cui aveva avuto esperienza diretta, avendo studiato in Germania negli anni immediatamente successivi alla guerra di unificazione nel 1870-1871. Einstein divenne praticamente parte della famiglia e rimase in stretto contatto, chiamando Jost Winteler e sua moglie "Papà" e "Mamma". Sua sorella [[w:Einstein (famiglia)#Maria "Maja" Einstein (sorella minore di Albert)|Maja]] sposò Paul Winteler. Einstein parlava sempre con affetto e rispetto di Jost Winteler e della scuola. Ricordò più tardi nella vita che la scuola aveva lasciato un'impressione indimenticabile su di lui "through its liberal spirit and the plain seriousness [''schlichten Ernst''] of its teachers who did not look to external authority for support".<sup>9</sup> Fu naturale che successivamente Einstein prendesse la cittadinanza svizzera, una decisione, insiste la sorella, dovuta non a motivi utilitaristici ma "in the light of the ‘inner accord of his political convictions with the Swiss democratic constitution."<sup>10</sup> Un elemento più esplicitamente politico appare nell'intrigante storia del rapporto di Einstein con [[w:Friedrich Adler (politico)|Friedrich Adler]], figlio del leader socialista austriaco [[w:Viktor Adler|Victor Adler]] e anche lui studente di fisica, sebbene all'[[w:Università di Zurigo|Università di Zurigo]] piuttosto che al Politecnico. Sapendo che Einstein era attratto dai principi socialisti, si sforzò di iscrivere Einstein ai socialdemocratici, ma senza successo. Einstein era, decise Adler, sicuramente e correttamente, "a typical emotional socialist" che era contrario alla politica programmatica.<sup>11</sup> Il contrasto con Adler è istruttivo. Adler sentì l'attrazione della fisica e della politica con quasi uguale forza, anche se nel suo caso la politica vinse, almeno per un po'. A un certo punto, Adler era in lizza per succedere a Einstein come professore di fisica all'Università di Zurigo in occasione del trasferimento di quest'ultimo nel 1911 a Praga, ma non passò molto tempo prima che Adler tornasse a Vienna e abbandonasse la fisica per il lavoro politico, portandolo in contatto con figure come [[w:Lev Trockij|Lev Trockij]], che parlava dell'"inimitable revolutionary temperament" del giovane Adler.<sup>12</sup> Il seguito è altrettanto istruttivo. Mentre Einstein faceva una dichiarazione pubblica di opposizione alla Prima guerra mondiale e poi si dedicò a un intenso lavoro sulla [[w:Relatività generale|Teoria Generale della Relatività]] con occasionali incursioni in ulteriori faccende politiche di basso profilo, l'odio di Adler per i guerrafondai emerse nel 1916 col suo assassinio del Primo Ministro Ministro d'Austria, [[w:Karl von Stürgkh|Conte Stürgkh]]. L'intera storia è straordinaria ed è stata ben raccontata da [[:en:w:Peter Galison|Peter Galison]].<sup>13</sup> Ai fini del presente Capitolo è sufficiente riferire che, durante il processo di Adler, Einstein si offrì di comparire come testimone in difesa di Adler e scrisse persino all'imperatore austro-ungarico per chiedere clemenza a favore di Adler, dicendo: "with not a single word will I prettify this act, but with regard to the psychological situation of the perpetrator... it seems to me to have to do with a tragic accident rather than a crime".<sup>14</sup> Alla fine, Einstein non fu chiamato. Adler venne dichiarato colpevole e condannato a morte, ma la sua esecuzione fu sospesa. Con l'imminente crollo dell'impero austro-ungarico alla fine della guerra, il governo uscente concesse un'amnistia ai prigionieri politici e Adler fu liberato. In curioso contrappunto alla storia politica, Adler riprese la fisica mentre era in prigione e redasse un libro in cui attaccava la teoria della relatività di Einstein. Il rapporto con Adler ci dice molto sull'approccio di Einstein alla politica. Oltre alla sua radicata resistenza ai partiti politici istituzionalizzati, mostra la sua tendenza ad avvicinarsi alla politica in termini personali, la sua disponibilità a comprendere, anche se non a giustificare, atti di sfida all'autorità intrapresi per conto di cause nobili e, forse in modo più significativo, una disposizione ad ammirare posizioni più estreme di quelle che abitualmente adottava lui stesso. Nei decenni successivi la gamma di interessi di Einstein si espanse e il suo coinvolgimento si approfondì, ma il suo approccio alla politica mostrò importanti elementi di continuità con il suo io precedente. === L'ascesa dell'intellettuale globale === [[File:John Dewey cph.3a51565.jpg|240px|right|thumb|[[w:John Dewey|John Dewey]] nel 1919]] Albert Einstein era una personalità dall'individualità così sorprendente che è spesso presentato isolatamente dai suoi contemporanei. Le sue parole sono spesso citate in una forma decontestualizzata come "parole di saggezza" di una grande mente.<sup>15</sup> Per essere onesti con i compilatori di tali raccolte, la propensione di Einstein per l'espressione concisa si prestava a tale presentazione. Tuttavia, questo metodo di presentazione non solo smentisce la natura dipendente dal contesto del suo pensiero, ma oscura i suoi legami con i colleghi intellettuali. I suoi scritti facevano parte di una conversazione di portata globale tra una vasta gamma di menti. Per cogliere il significato del contributo di Einstein al dibattito sociale e politico, non è sufficiente descrivere il contenuto delle sue idee e nemmeno collocarle nel contesto di eventi storici, per quanto importanti siano questi. Lo si vede meglio in relazione a un fenomeno che nella sua piena fioritura è un prodotto del Novecento: quello dell'intellettuale pubblico globale. Einstein faceva parte di un gruppo ristretto e altamente selezionato di influenti pensatori, scienziati e scrittori di fama internazionale le cui opinioni erano considerate di altissimo valore e con maggiori probabilità di influenzare l'opinione pubblica all'interno e all'esterno del governo. Nella prima metà del ventesimo secolo l'ala liberale dell'opinione internazionale comprendeva, insieme a Einstein, Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Thomas Mann, John Dewey, Romain Rolland, Mahatma Gandhi, Albert Schweitzer e H.G. Wells. All'interno delle singole nazioni le liste delle persone influenti erano considerevolmente più lunghe ma di importanza locale piuttosto che internazionale. Einstein ''et al.'' erano un'élite all'interno di un'élite, in quanto il loro ''status'' trascendeva i confini nazionali. Non formavano un gruppo o un partito, ma piuttosto una rete indistinta con membri fluttuanti. Altre figure di spicco si sovrapposero a loro, tra cui [[w:Stefan Zweig|Stefan Zweig]], [[w:Heinrich Mann|Heinrich Mann]], [[w:Henri Barbusse|Henri Barbusse]], [[w:Arnold J. Toynbee|Arnold Toynbee]] e altri. Quando l'argomento di una campagna o di un problema era scientifico, negli elenchi figuravano altri scienziati. Si può cavillare sulla parola "liberale" come etichetta – Shaw e Rolland si sono spostarono decisamente all'estremità sinistra dello spettro liberale nei loro anni successivi – ma, per quanto diverse fossero le loro origini e posizioni su una serie di questioni, c'erano somiglianze familiari tra le idee che detenevano e nei ruoli che erano chiamati a svolgere. Negli anni tra le due guerre e oltre, anni pieni di crisi, furono ripetutamente invitati a firmare lettere a favore della pace e della democrazia e contro l'oppressione e la guerra aggressiva. Il 6 dicembre 1937 Einstein ricevette il seguente telegramma dal filosofo americano [[w:John Dewey|John Dewey]] in seguito all'[[w:Seconda guerra sino-giapponese#L'invasione della Cina|attacco giapponese alla Cina]]: {{citazione|Wish you join us making following statement. Same request has been sent Messrs Gandhi Romain Rolland, Bertrand Russell... Consent understood without hearing contrary in five days. In view of wanton destruction of oriental civilization and for the sake of humanity, peace and democracy, we propose peoples of all countries organize voluntary boycott against Japanese goods, refuse to sell and load war materials to Japan and cease cooperation with Japan in ways that help her aggressive policy while giving every possible assistance to China for relief and self-defense until Japan has evacuated all her forces from China and abandoned her policy of conquest.<sup>16</sup>}} Einstein rispose in termini positivi ma il suo consenso a partecipare mostrava una chiara preoccupazione per la sua reputazione. Rispose: "I am happy to join your action, assuming that the three other gentlemen are equally ready to do so", aggiungendo, con parole che trasmettono precisamente la sua concezione del ruolo che lui e altri come lui stavano assumendo, che "the idea of intellectually [''geistig''] oriented men acting jointly to influence public opinion in the direction of reason and justice has been a constant preoccupation of mine".<sup>17</sup> Quando Einstein scrisse queste parole, l'intervento degli intellettuali in politica era già ben consolidato. Fu negli anni '90 dell'Ottocento, sulla soglia dei cambiamenti che crearono la società di massa globalizzata del XX secolo, che i commentatori dell'[[w:Affare Dreyfus|Affare Dreyfus]] in Francia iniziarono a usare la parola "intellettuale" come sostantivo per descrivere una classe di persone. Il termine si diffuse rapidamente in inglese e in altre lingue europee. Sebbene suscettibile di molte interpretazioni, il termine "intellettuale" ha acquisito due chiare associazioni: implica, in primo luogo, idee in azione, l'intervento pubblico da parte di uomini e donne di forti idee per il raggiungimento di fini politici; e, in secondo luogo, la nozione che gli intellettuali di qualsiasi orientamento politico fossero generalmente critici nei confronti dei valori prevalenti, con l'implicazione sussidiaria che gli intellettuali erano spesso marginali e dissidenti. A dire il vero, c'è molto dibattito sulla seconda di queste associazioni. La marginalità e la dissidenza non sono, insiste [[:en:w:Stefan Collini|Stefan Collini]], intrinseche alla nozione di intellettuale, "even if there are good historical reasons why these characteristics are often associated with the use of the term". Senza tentare di risolvere qui questo complesso di questioni, il caso di Einstein e delle altre figure discusse in questo libro suggerisce che una tensione di dissidenza non era incompatibile con il desiderio di svolgere un ruolo positivo e costruttivo nella società. Il punto è la combinazione di una disposizione da parte di questi intellettuali a svolgere un tale ruolo e le condizioni storiche ad esso favorevoli.<sup>18</sup> Come tipo sociale, l'intellettuale emerse come parte di un ambiente cambiato. Molti fattori storici si combinarono per creare una nuova e più numerosa classe di ''opinion leader'' che seppero uscire dalle loro particolari specializzazioni e portare i frutti dell'apprendimento nelle questioni pubbliche. Tra questi fattori c'erano la diffusione dell'istruzione universale, la proliferazione dei nuovi media, in particolare settimanali e mensili economici, e il conseguente dibattito pubblico sui valori sociali fondamentali. Altrettanto importante fu la crescita esponenziale della specializzazione in tutti i campi della conoscenza che creò la necessità di mediatori tra accademici e pubblico. Nessuno di questi fenomeni fu di per sé il prodotto del ventesimo secolo; sono segni della modernità stessa. Parliamo in sostanza della crescita dell'"opinione pubblica" e degli uomini e delle donne che l'hanno coltivata. Le radici di entrambi risiedono nelle rivoluzioni democratiche della fine del Settecento, ma all'inizio del Novecento l'accresciuto ritmo di cambiamento su scala globale rese le dimensioni internazionali del mercato delle idee, pur presenti fin dall'inizio nelle aspirazioni universalistiche delle rivoluzioni americana e francese, sempre più salienti.<sup>19</sup> Altrettanto importante per la comprensione della dimensione internazionale delle loro attività è la crescita, durante la seconda metà del diciannovesimo secolo, di numerosi sforzi per istituzionalizzare i valori liberali su scala globale, dalla sequenza delle [[w:Convenzioni di Ginevra|Convenzioni di Ginevra]] sulla guerra tra il 1864 e il 1949, alle [[w:Convenzioni dell'Aia del 1899 e del 1907|Convenzioni dell'Aia sul disarmo del 1899 e del 1907]], la [[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]], l'[[w:Organizzazione delle Nazioni Unite|Organizzazione delle Nazioni Unite]], la [[w:Dichiarazione universale dei diritti umani|Dichiarazione universale dei diritti umani]] delle Nazioni Unite del 1948 e, al passo con tutti questi e molti altri sforzi, la crescita del [[w:Diritto internazionale|Diritto internazionale]] e dei tribunali associati. Anche laddove questi accordi e organizzazioni erano inefficaci o dove il diritto internazionale veniva regolarmente violato, fornirono una piattaforma sempre più ampia per la campagna di gruppi e individui internazionalisti per perseguire i loro programmi. Gli intellettuali svolsero un ruolo nel rendere responsabili i governi e nel promuovere una cultura del dibattito e dell'attività transnazionali.<sup>20</sup> === L'Internazionalismo Liberale sulla scia della Prima guerra mondiale === Gli intellettuali intervenivano nelle questioni pubbliche molto prima che il termine stesso entrasse in uso, almeno dal tempo dei filosofi greci classici. In tempi moderni, i primi esempi si trovano nella fervente difesa da parte di [[w:Voltaire|Voltaire]] di [[w:Caso Calas|Jean Calas]], un protestante accusato di aver cercato di impedire a suo figlio di convertirsi al cattolicesimo, e nella campagna di [[w:Émile Zola|Émile Zola]] a favore del capitano ebreo Dreyfus, ingiustamente accusato di tradimento. Einstein e la sua generazione sono sulla stessa linea, con l'ulteriore vantaggio delle comunicazioni sempre più globali durante il ventesimo secolo, che consentivano di organizzare con relativa facilità e velocità campagne a favore di una serie di cause, offrendo inoltre la possibilità di istituzionalizzare il ruolo degli intellettuali oltre i confini nazionali. La Prima guerra mondiale fu un punto di svolta. L'eruzione della violenza iniziata nel 1914 portò infine alla soppressione di gran parte della geografia politica mondiale, segnalata in modo più evidente dal crollo degli imperi asburgico e ottomano, che portò al rimodellamento dell'Europa orientale e del Medio Oriente, ma c'erano anche pressioni sui possedimenti imperiali dei vincitori, in particolare alla luce della declamazione di "autodeterminazione" espressa da [[w:Thomas Woodrow Wilson|Woodrow Wilson]] nei suoi "[[w:Quattordici punti|Fourteen Points]]". C'era l'ulteriore complicazione della rivoluzione bolscevica, che offriva la prospettiva di un'ideologia attraente per i nuovi aspiranti alla nazionalità come anche per le classi scontente nelle vecchie nazioni. In questo contesto, i negoziati del [[w:Trattato di Versailles|trattato a Versailles nel 1919-20]] riunirono rappresentanti di ventisette nazioni e centinaia di altre aspiranti nazioni attualmente sotto il dominio coloniale in Asia, Africa e Medio Oriente. Fu teatro probabilmente del più grande e diversificato raduno di rappresentanti di popoli nella storia mondiale.<sup>21</sup> Dare un senso alle nuove forze globali divenne una necessità urgente. Per molti osservatori c'era una chiara conclusione da trarre dai cambiamenti sismici provocati dalla guerra, cioè che le strutture nazionali non erano più adeguate per comprendere ciò che stava accadendo. L'[[w:Internazionalismo|internazionalismo]] era un'inevitabilità. Sulla scia della guerra, furono fondate nuove istituzioni, che in seguito sarebbero state chiamate "[[w:think tank|think tank]]", per portare un'attenzione sistematica ai problemi delle relazioni tra le nazioni, in particolare il [[w:Chatham House|Royal Institute of International Affairs]] di Londra e il [[w:Council on Foreign Relations|Council on Foreign Relations]] a New York, dando vita al nuovo campo accademico delle [[w:relazioni internazionali|relazioni internazionali]]. Studiare il nuovo mondo internazionale era una cosa, ma come gestirlo? Niente sembrava più importante all'indomani della guerra che ristabilire le connessioni tra le nazioni su una nuova base, che eliminasse le rivalità nazionali e premiasse il comportamento cooperativo. Scrive uno storico di spicco di questo movimento: "Internationalism came of age in the 1920s’, at least as aspiration".<sup>22</sup> [[File:Romain Rolland 1915.jpg|240px|thumb|right|[[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] nel 1915]] Politicamente la manifestazione più ovvia dell'internazionalismo fu la Società delle Nazioni ma, per molti intellettuali liberali, essa fu sempre un'istituzione difettosa, perché non fu mai altro che la somma delle singole sovranità di cui era composta. Vale a dire, non metteva mai veramente in discussione il principio di nazionalità. La sovranità nazionale regnava ancora e comunque. Inoltre, paesi chiave come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica non erano membri. Gli intellettuali cercarono collegamenti più fondamentali attraverso i confini culturali e nazionali del tipo che potesse cambiare il modo in cui le persone si percepiscono l'un l'altro e senza i quali semplici istituzioni come la Società delle Nazioni sarebbero state di utilità limitata. Negli anni successivi al Trattato di Versailles, apparvero numerosi schemi di contatto intellettuale transnazionale che cercavano una trasformazione delle relazioni internazionali a un livello più profondo. Uno fu organizzato nel 1919 dallo scrittore francese [[w:Romain Rolland|Romain Rolland]] sotto forma di lettera agli intellettuali di diversi paesi sotto il titolo "Dichiarazione di Indipendenza della Mente". Lo scopo era "to introduce the great intellectuals of diverse nations who have conserved the independence of their thought, posing to them principles of an ''International of the Mind'' which struggles against the disastrous work of intellectuals formed into regiments serving the enemy nationalisms" (corsivo aggiunto).<sup>23</sup> Oltre 200 intellettuali provenienti da venti paesi firmarono la dichiarazione, la maggioranza dall'Europa occidentale e al suo interno quella prevalentemente francese, anche se gli Stati Uniti fornirono una ventina di nomi. Non sorprende che Einstein fosse uno dei firmatari. L'obiettivo di Rolland era quello di cogliere l'attimo internazionalista per fare un cambiamento di mentalità permanente e collettivo. La dichiarazione doveva essere fatta da intellettuali ma al servizio dell'umanità nel suo insieme. Le ambizioni di Rolland andavano ben oltre una dichiarazione generale; immaginava programmi educativi, una casa editrice, un giornale e persino un'enciclopedia dedicata a un'agenda internazionalista che avrebbe avuto l'effetto di trasformare il clima globale dell'opinione pubblica. Alla fine, la risposta non fu all'altezza delle aspettative di Rolland. Ci furono alcuni aspetti negativi pesanti, in particolare da parte di [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]], e anche alcuni di coloro che avevano sostenuto il progetto, come [[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]], avevano delle riserve su alcuni suoi aspetti. Il tono della dichiarazione era alquanto prepotente e idealistico nella sua richiesta che gli intellettuali che avevano sostenuto la guerra rinnegassero esplicitamente le loro convinzioni precedenti. Sebbene l'idea di Rolland continuasse a risuonare nell'atmosfera internazionalista degli anni '20, la sua amata idea di un centro per intellettuali in un paese neutrale non si concretizzò mai.<sup>24</sup> Uno sforzo più modesto e burocratico per riunire gli intellettuali oltre i confini nazionali venne dall'interno della stessa [[w:Società delle Nazioni|Lega delle Nazioni]], il ''[[w:International Committee on Intellectual Cooperation|Committee on Intellectual Cooperation]]'' (CIC). Istituito nel 1922, aveva lo scopo di promuovere collaborazioni e scambi culturali e artistici tra le nazioni della Lega. Einstein fu un membro fondatore del Comitato, anche se il suo incarico non fu del tutto felice, come vedremo nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Per il momento, basti notare che si trattava di un'altra indicazione dell'urgenza di trovare mezzi per abbattere le barriere tra le nazioni, sia per facilitare la crescita della conoscenza sia per ridurre gli attriti tra le nazioni. A guidare questo e tutti gli altri schemi per promuovere l'amicizia e la comprensione internazionali fu la catastrofe della guerra e la convinzione che l'internazionalismo non fosse una questione di idealismo ma di urgente necessità pratica. [[File:H.G. Wells by Beresford.jpg|240px|right|thumb|[[w:H. G. Wells|H. G. Wells]] nel 1920]] A un livello completamente diverso c'era l'ambizioso trattato di [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], ''[[:en:w:The Open Conspiracy|The Open Conspiracy: Blueprint for a World Revolution]]'', pubblicato nel 1928. Lo schema di Wells andava ben oltre le attività degli intellettuali, ma alla sua radice c'era l'idea della scienza come catalizzatrice di un cambiamento radicale nella società mondiale. Era di concezione vaga, ma il trattato era progettato con la caratteristica urgenza di Wells, il titolo ossimorico evidentemente concepito per attirare l'attenzione. In un resoconto retrospettivo del suo schema, scrisse: {{citazione|It seemed to me that all over the world intelligent people were waking up to the indignity and absurdity of being endangered, restrained and impoverished, by a mere uncritical adhesion to traditional governments, traditional ideas of economic life, and traditional forms of behaviour, and that these awaking intelligent people must constitute first a protest and then a creative resistance to the inertia that was stifling and threatening us.}} Il suo progetto consisteva in una "rinascita intellettuale" (''intellectual rebirth'') basata sulla scienza, che avrebbe fornito gli strumenti per una riorganizzazione della società a tutti i livelli, rendendo il mondo un'unica comunità. Evidentemente utopico nella concezione, era tuttavia, come tutte le visioni di Wells, radicato nei principi scientifici, il che significava che in teoria poteva raggiungere una forma concreta. Questo, in ogni caso, era lo spirito con cui veniva offerto. All'inizio degli anni '30 era convinto che gli sviluppi stessero andando per la sua strada, grazie in gran parte, secondo lui, "to the mental stimulation of the [[:en:w:First five-year plan|Russian Five Year Plan]]".<sup>25</sup> Wells inviò il libro a Bertrand Russell, che rispose: "I have read it with the most complete sympathy and I do not know of anything with which I agree more entirely". Tuttavia, dubitava che gli uomini di scienza potessero essere persuasi a unirsi alla Open Conspiracy, dal momento che la maggior parte di loro era troppo preoccupata per la propria carriera, "with the exception", aggiunse, "of Einstein — a not unimportant exception I admit".<sup>26</sup> Non c'è traccia della risposta di Einstein a questo libro, se davvero lo lesse, ma Russell aveva sicuramente ragione nell'intuire che Einstein sarebbe stato attratto dalla portata e dall'audacia intellettuale del libro, nonché dalla sua ambizione di cambiare il mondo. In pratica, tuttavia, Einstein era cauto nel sottoscrivere campagne o organizzazioni basate su idee a malapena realizzabili. Era profondamente ricettivo a ogni sorta di idee e progetti internazionali, ma preferiva fare le proprie scelte e mantenere libertà di movimento. Non era per natura o per scelta un "organization man" ed è meglio visto in relazione al gruppo meno formale di intellettuali già menzionato che costituiva una sorta di coscienza liberale vagante con riferimento a una pletora di cause e questioni pubbliche. === Einstein e gli intellettuali liberali === [[File:Thomas Mann 1929.jpg|240px|thumb|right|[[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1929]] Gli intellettuali liberali avevano stabilito una reputazione nei loro campi e identità chiaramente definite come autori o attivisti, che davano peso alle loro opinioni su argomenti al di fuori dei loro principali campi di attività. I loro scritti venivano ampiamente letti e le loro opinioni sui grandi problemi erano esaminate e riportate con entusiasmo. Ciascuno proiettava una visione fortemente individuale del mondo, pur mostrando significativi punti di sovrapposizione nella risposta alle grandi crisi della prima metà del Novecento. Politicamente, erano internazionalisti convinti, credevano nella libertà e nella democrazia individuale, si battevano a favore della libertà intellettuale, si opponevano a tutte le forme di potere arbitrario e, nello spirito del nuovo liberalismo sociale dell'inizio del XX secolo, credevano che i benefici della società dovessero essere distribuiti il più ampiamente possibile. Erano anche quasi tutti contemporanei. John Dewey e George Bernard Shaw erano nati negli anni Cinquanta dell'Ottocento, il resto negli anni Sessanta o Settanta dell'Ottocento e vissero tutti almeno fino agli anni 1940, molti molto più a lungo.<sup>27</sup> Tutti maturarono durante la "lunga pace" dell'Ottocento ed erano a metà carriera quando scoppiò la Prima guerra mondiale. Per quanto diverse possano essere le loro esperienze e punti di vista individuali su questioni specifiche, quella guerra fu un momento decisivo in tutti i casi. La guerra infranse le comode ipotesi degli ottimisti liberali, in particolare le idee di progresso e di costante modernizzazione. L'individualismo, la tolleranza, il progresso, la razionalità sembrarono tutte vittime della Grande Guerra. Tuttavia, forse perché erano maturi negli anni dell'inizio guerra, questa generazione generalmente reagì mantenendo il proprio liberalismo o addirittura facendo un salto di qualità piuttosto che abbandonarlo. Bertrand Russell nel 1931 scrisse:, "The feeling of security that characterized the nineteenth century perished in the war, but I could not cease to believe in the desirability of the ideals that I previously cherished". Molte delle giovani generazioni divennero ciniche, ma "for my part I have never felt complete despair and have never ceased, therefore, to believe that the road to a better state of affairs is still open to mankind". Per John Dewey, "breakdown of traditional ideas [was] an opportunity to develop a new constructive philosophy". Infatti, il suo primo libro del dopoguerra si intitola ''[https://archive.org/details/reconstructioni02dewegoog Reconstruction in Philosophy]'' (1919).<sup>28</sup> Il punto di partenza di [[w:Thomas Mann|Thomas Mann]] nel 1914 fu molto diverso dagli altri, ma finì nella stessa orbita liberale. Allo scoppio della guerra aveva abbracciato la causa nazionale tedesca di ''Kultur'' contro la nozione di ''civiltà'' francese e in generale occidentale, ma la guerra e le sue conseguenze provocarono una rivoluzione nel suo pensiero che lo trovò ad abbracciare la democrazia all'inizio degli anni '20. L'opposizione al [[w:nazionalsocialismo|nazionalsocialismo]] di [[w:Adolf Hitler|Hitler]] lo costrinse successivamente all'esilio. Einstein, Russell, Shaw e Rolland erano stati fermi oppositori della guerra sin dall'inizio. Wells e Dewey entrambi sostennero le loro nazioni con notevoli apprensioni ed emersero fermamente impegnati nei principi internazionalisti come rimedio alla distruttività di un mondo basato sulla competizione tra le nazioni. [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]], controverso all'epoca e da allora, sostenne la formazione di truppe indiane per lo sforzo bellico alleato, apparentemente in contrasto con il suo impegno per la [[w:nonviolenza|nonviolenza]] ma, come Einstein, non esitava a scendere a compromessi per raggiungere il suo obiettivo di primo ordine, che nel suo caso era l'[[w:Movimento d'indipendenza indiano|indipendenza indiana]]. Il suo profilo internazionale nacque dai valori che portava alla lotta per l'indipendenza indiana: nonviolenza, autodeterminazione, democrazia e l'esempio del sacrificio di sé al servizio di un obiettivo prescelto — valori che trascendevano la causa dell'indipendenza indiana ed erano ampiamente allineati con l'internazionalismo liberale occidentale. [[File:Bundesarchiv Bild 183-D0116-0041-019, Albert Schweitzer.jpg|240px|right|thumb|[[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]] nel 1955]] La Prima guerra mondiale fu decisiva anche per [[w:Albert Schweitzer|Albert Schweitzer]], ma in modo molto diverso. Era in Africa da un anno quando scoppiò la guerra e sperava di tornare in Germania nel 1915. Come cittadino tedesco residente in una colonia francese, tuttavia, si trovò prigioniero nel suo ospedale missionario. In queste circostanze iniziò ad affrontare quella che vedeva come la crisi generale che la guerra aveva rivelato, che non era altro che il "suicide of civilization". Nel primo volume del suo ''The Philosophy of Civilization'' (1923), scrisse: "The situation has not been produced by the war, but is only a manifestation of it". La piena misura del disastro risiedeva nell'assenza di qualsiasi "real reflection upon what civilization is", una lacuna che mirava a colmare. Così per Schweitzer, come per molti contemporanei, la guerra non provocò una risposta politica ma un ripensamento dei fondamentali che nel caso di Schweitzer portò al suo concetto di "reverence for life", che guidò il suo pensiero per il resto della sua vita.<sup>29</sup> Dell'atteggiamento specifico di Schweitzer nei confronti della guerra si apprende molto poco da ''The Philosophy of Civilization'', ma la sua etica come guida della civiltà, se fosse stata istituita, avrebbe effettivamente precluso i motivi e gli impulsi che portarono alla guerra. Il pacifismo era virtualmente assunto nel concetto di riverenza per la vita di Schweitzer. Tra gli altri internazionalisti liberali, non tutti erano pacifisti, tanto meno pacifisti assoluti o incondizionati. Einstein, Russell, Rolland, Gandhi e Shaw meritano ovviamente l'etichetta, anche se in tutti i casi devono essere fatte qualifiche di vario tipo. La traiettoria di Einstein attraverso il pacifismo e oltre è l'argomento del [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. Come notato, Gandhi sosteneva la partecipazione delle truppe indiane alla Prima guerra mondiale, mentre Russell modificava il suo pacifismo nella direzione di quello che chiamò "relative political pacifism" di fronte all'ascesa del nazismo. In effetti, Russell non fu mai un pacifista incondizionato. Era troppo scettico per esserlo. Credeva che certe guerre in passato fossero state giustificate.<sup>30</sup> Rolland mantenne una posizione costantemente pacifista fino al 1936, quando abbandonò il pacifismo assoluto di fronte alla minaccia del fascismo. I pacifisti francesi, sottolineò, non hanno compreso il fatto che Hitler volesse "annientare la Francia".<sup>31</sup> Inoltre, è degno di nota il fatto che nel 1924 Rolland pubblicò un libro su Gandhi che fu determinante per stabilire la reputazione internazionale di quest'ultimo. Inevitabilmente la rottura con il pacifismo comportava una rottura con Gandhi e la sua filosofia della nonviolenza. Shaw rilasciò dichiarazioni a sostegno dell'opposizione incondizionata alla guerra in vari momenti della sua vita ma, come sottolinea il suo biografo, la sua opinione incondizionata "receded to a blurred background when he looked at warfare through the lens of politics".<sup>32</sup> Quali che fossero le loro sfumature di pacifismo, questi cinque personaggi condividevano con altri internazionalisti liberali un impegno nei confronti di organizzazioni internazionali volte a neutralizzare l'aggressione, sebbene anche su questo argomento vi fossero molte sfumature di opinione, a seconda di quanto fossero disposti a spingersi nel vedere ridotta la sovranità delle nazioni individuali. La prospettiva più lunga di questa generazione si mostra anche nelle loro reazioni alla [[w:Rivoluzione d'ottobre|rivoluzione bolscevica]] e allo sviluppo dell'Unione Sovietica, importante quanto la Prima guerra mondiale nel definire il contesto degli affari internazionali per il prossimo mezzo secolo. Con la possibile eccezione di George Bernard Shaw, che arrivò a credere che l'Unione Sovietica fosse l'incarnazione stessa del socialismo, c'era un certo distacco nella loro risposta alla rivoluzione bolscevica. La maggior parte riteneva che l'esperimento sovietico, sebbene brutale, fosse una reazione comprensibile alle grottesche disuguaglianze nella società russa e alle sofferenze della gente comune sotto gli zar. Dewey, Shaw, Wells, Rolland e Russell hanno visitarono l'[[w:Unione Sovietica|Unione Sovietica]] e ne scrissero ampiamente. Com'era prevedibile, le loro reazioni variavano. A un estremo c'era l'osservazione di Russell: "the time I spent in Russia was one of continually increasing nightmare". Eppure anche Russell, che in una retrospettiva dichiarò che "I have always disagreed with Marx", non poté fare a meno di rimproverarsi durante la sua visita nel 1920 di non gradire la Russia (che era il nome che dava sempre al Paese anche dopo che era diventata Unione Sovietica): "It has all the characteristics of vigorous beginnings. It is ugly and brutal, but full of constructive energy and faith in the value of what it is creating".<sup>33</sup> All'altro estremo c'era Shaw, che, sulla base di una visita di nove giorni nel 1931 durante la quale fu costantemente assistito da badanti del governo e trattato come una celebrità, riferì che... "I have been preaching Socialism all my political life and here at last is a country which has established Socialism, made it the basis of its political system, definitely thrown over private property, and turned its back on Capitalism". Il rapporto di Shaw sulla sua visita ebbe un'enorme influenza su scrittori e giornalisti di sinistra, tra cui [[w:Sidney James Webb|Sidney]] e [[w:Martha Beatrice Webb|Beatrice Webb]], la cui massiccia opera ''[[:en:w:Beatrice Webb#Soviet Communism|Soviet Communism: A New Civilization?]]'' (1935) a sua volta influenzò una generazione. Per il resto della sua vita, Shaw fu un costante sostenitore delle politiche di [[w:Iosif Stalin|Stalin]], anche durante le purghe della fine degli anni '30 e la guerra russa contro la [[w:Finlandia|Finlandia]]. Nella sua anzianità, scrive il biografo di Shaw, "Sovietism was now [for him] a fundamental religion untouched by ordinary criticism".<sup>34</sup> L'impegno intellettuale di Romain Rolland con l'Unione Sovietica e il comunismo fu ampio e duraturo, anche se fece solo una breve visita nel 1935. Le sue opinioni furono sempre caratterizzate da ambivalenza. Nonostante le critiche alla leadership bolscevica, Rolland accolse con favore la Rivoluzione come un possibile antidoto alla natura sclerotica delle istituzioni politiche e sociali occidentali. Quali che fossero i suoi dubbi sull'Unione Sovietica, temeva ancora di più le forze di reazione. Verso la metà degli anni '30 era arrivato alla posizione del classico "compagno di viaggio" che nutriva serie critiche private contro il sistema sovietico, ma che non voleva rendere pubbliche per paura di dare munizioni ai nemici dell'Unione Sovietica. H. G. Wells fece due visite nella Russia post-rivoluzionaria (1920 e 1934) durante le quali ottenne interviste con Lenin e Stalin. Nonostante la simpatia per l'entità dei problemi affrontati dai bolscevichi, derivanti, ne era sicuro, dall'eredità zarista che lo portava ad ammettere che qualcosa come il comunismo fosse l'unico rimedio possibile, odiava il fanatismo del sistema sovietico e il marxismo su cui si supponeva fosse basato. Il liberalismo sociale o nuovo di John Dewey lo portò a essere ben disposto alla spinta collettivista nell'Unione Sovietica, ma il suo impegno per la democrazia e i valori e diritti liberali tradizionali, lo fecero presto ritirare dalla realtà della vita sovietica. Ammise francamente di essere contento che l'esperimento fosse stato tentato in Russia piuttosto che nel suo stesso paese. Nessuno di questi individui si unì ai partiti comunisti e furono generalmente attenti a resistere all'identificazione con le politiche sovietiche, tuttavia la loro predisposizione a prendere sul serio l'Unione Sovietica, anche dopo l'avvento della guerra fredda, diede origine ad accuse di simpatizzanti o di eccessiva cordialità, non ultimo nel caso di Einstein.<sup>35</sup> Inutile dire che i riassunti di cui sopra coprono nei particolari una moltitudine di variazioni. Il punto che accomuna tutti questi personaggi è che, ancora una volta con la possibile eccezione di Shaw (sebbene anche con Shaw vi siano dubbi su dove si collocasse esattamente), i loro punti di riferimento politici ed etici erano al di fuori del [[w:marxismo|marxismo]], quale che fosse l'atteggiamento adottato verso l'Unione Sovietica. Lo stesso Einstein rientrò ampiamente in questo stampo. Odiatore del fanatismo e difensore della democrazia e della libertà individuale, era tuttavia incline a dare credito all'esperimento sovietico, che considerava importante non tanto in sé quanto per l'esempio che offriva come critica permanente alle istituzioni fallite dell'Occidente. Nel 1932 scriveva: "I certainly do not approve of much that is taking place in Russia, but I approve even less of the violent methods that are being used to suppress the only serious attempt to create a just and rational economic order".<sup>36</sup> Per Einstein, come per gli altri intellettuali liberali, l'Unione Sovietica fu un punto di riferimento costante o banco di prova per le proprie convinzioni politiche, poiché rappresentò una possibile alternativa al sistema parlamentare occidentale, in particolare dopo l'ascesa del [[w:fascismo|fascismo]] in Italia e del [[w:nazionalsocialismo|nazismo]] in Germania. === Connessioni === [[File:Mahatma-Gandhi, studio, 1931.jpg|240px|right|thumb|[[w:Mahatma Gandhi|Mahatma Gandhi]] a Londra nel 1931]] Se l'elenco di intellettuali di cui sopra non costituiva un gruppo, vi erano tuttavia contatti più o meno estesi tra di loro, generalmente in connessione con una causa o l'altra. Einstein li conosceva o corrispondeva con tutti loro. Possiamo avere un'idea chiara dei valori che apportava alle sue attività politiche guardando i punti in cui si sovrapponeva a queste figure. Data la sua precoce e istintiva spinta al pacifismo, non può sorprendere la sua ammirazione per la filosofia di resistenza non violenta di [[w:Mahatma Gandhi|Gandhi]]. Nel 1931 Einstein scrisse a Gandhi: "your example will inspire and help humanity to put an end to conflict based on violence with international help and cooperation guaranteeing peace to the world", aggiungendo che sperava che potessero incontrarsi faccia a faccia. Gandhi rispose negli stessi termini.<sup>37</sup> Non si incontrarono mai, ma è chiaro che per Einstein Gandhi era la bussola morale suprema. Una foto di Gandhi adornava la parete del suo studio negli Stati Uniti e scrisse una serie di apprezzamenti del leader indiano per le celebrazioni di compleanno e per i pezzi commemorativi dopo la sua morte. Per la celebrazione del settantesimo compleanno di Gandhi, Einstein scrisse: "Mahatma Gandhi’s life’s work is unique in political history, he has devised a wholly new and humane means for the liberation of an oppressed people and has carried it through with great energy and devotion".<sup>38</sup> I rapporti di Einstein con Albert Schweitzer, la cui dedizione disinteressata al compito prescelto come medico missionario in Africa lo trasformò in qualcosa di simile a un santo secolare, non erano dissimili da quelli con Gandhi. C'erano pochi contatti diretti – sebbene con Schweitzer ci fu almeno un incontro – ma una profonda ammirazione per le sue qualità morali. In una dichiarazione destinata a una nuova edizione di un libro dei suoi stessi scritti, Einstein scrisse di Schweitzer: "he is in my opinion the only human being in the western world who has exerted a comparable moral influence to Gandhi over this generation. As with Gandhi the strength of this effect rests overwhelmingly on the practical example he has provided in his life’s work".<sup>39</sup> Non ci sono prove che Einstein abbia letto l'opera chiave di Schweitzer, ''The Philosophy of Civilization'', ma è significativo che Schweitzer, come Einstein, poneva l'etica al centro del suo concetto di società. "A positive aspiration and effort for an ethical–moral configuration of our common life is of overriding importance. Here no science can save us", scrisse Einstein nel 1951. Da parte sua, Schweitzer era convinto che "creative, artistic, intellectual and material attainments can only show their full and true effects when the continued existence and development of civilization have been secured by founding civilization itself on a mental disposition which is truly ethical".<sup>40</sup> È significativo che Schweitzer ed Einstein arrivarono rispettivamente ​​primo e secondo in un sondaggio nazionale statunitense condotto nel dicembre 1950 per selezionare le più grandi personalità non-politiche del mondo.<sup>41</sup> Einstein aveva sperato di portare Schweitzer all'[[w:Institute for Advanced Study|Institute for Advanced Study]] di Princeton come ''visiting scholar'', ma Schweitzer dichiarò di non essere più un uomo libero: "In everything I do I must consider my hospital", scrisse, proseguendo poi con il descrivere in dettaglio le difficoltà pratiche in cui lavorava. Nella sua risposta, Einstein si rammaricò che Schweitzer non potesse venire, ma "was convinced that the activities you undertake in your work are incomparably more important".<sup>42</sup> Un ulteriore punto di contatto morale e intellettuale tra loro era l'odio per le armi nucleari. Schweitzer rese pubbliche le sue paure sulla prospettiva di una corsa agli armamenti nucleari sulla scia del test americano della [[w:bomba all'idrogeno|bomba H]] del 1952, che fu anche l'anno in cui fu insignito del [[w:Premio Nobel per la pace|Premio Nobel per la pace]] per la sua filosofia di "Reverence for Life". La sua conferenza per il Nobel, "The Problem of Peace", tenuta solo due anni dopo, fu un potente argomento per rifiutare la guerra come un male etico, ponendoo Schweitzer in testa ai difensori della pace nell'era nucleare.<sup>43</sup> Einstein propose a Bertrand Russell che Schweitzer dovesse essere invitato a firmare quello che sarebbe stato chiamato il "[[w:Manifesto Russell-Einstein|Russell–Einstein Manifesto]]" del 1955. "I think it would be highly desirable to have Albert Schweitzer join our group", scrisse Einstein a Russell, "since his moral influence is very great and world-wide".<sup>44</sup> Alla fine, si decise di chiedere solo agli scienziati di firmare il manifesto, ma Schweitzer continuò a ritagliarsi un proprio percorso parallelo di protesta antinucleare negli anni a venire, dopo la morte di Einstein nell'aprile del 1955.<sup>45</sup> Einstein non fu affatto l'unico a mettere insieme Gandhi e Schweitzer come esempi morali negli anni del dopoguerra, e non era meno comune aggiungere Einstein per formare un triumvirato. Il biografo e stretto collega e amico di Einstein, [[w:Philipp Frank|Philipp Frank]] registra: {{citazione|When I visited the House of Friends [actually Friends’ House] in London, the headquarters of the Quakers, I saw pictures of three men in the secretary’s office: Gandhi, Albert Schweitzer, and Einstein. I was rather surprised at this combination and asked the secretary what it was that these three persons had in common. Amazed at my ignorance, he informed me: ‘All three are pacifists.<sup>46</sup>}} Romain Rolland era uno scrittore affermato quando arrivò all'attenzione di Einstein. Iniziato come accademico, intorno ai trentacinque anni si dedicò a romanzi e opere teatrali, ma anche alla storia della musica e dell'arte. In gran parte sulla base del suo romanzo in dieci volumi ''[[:fr:w:Jean-Christophe (roman)|Jean-Christophe]]'', nel 1915 ricevette il [[w:Premio Nobel per la letteratura|Premio Nobel per la letteratura]]. Guarda caso, quello fu anche l'anno in cui pubblicò il suo trattato pacifista ''[[:fr:w:Au-dessus de la mêlée (texte)|Au-dessus de la mêlée]]'', che (come il suo ''magnum opus Jean-Christophe'') era ispirato dal desiderio di "remove the fateful misunderstandings between the French and German people".<sup>47</sup> La frase è tratta dalla prima lettera di Einstein a Rolland in cui elogiava l'autore francese proprio per questo risultato. In quello stesso anno Einstein incontrò Rolland in Svizzera, dove si era trasferito, e per diversi anni il loro comune odio per la guerra li tenne in stretto contatto. Le relazioni si raffreddarono all'inizio degli anni '30, quando Einstein cambiò idea sulla campagna pacifista contro la coscrizione militare, un punto che sarà discusso nel [[Saeculum Mirabilis/Capitolo 3|Capitolo 3]]. [[File:Bertrand Russell 1957.jpg|240px|thumb|right|[[w:Bertrand Russell|Bertrand Russell]] nel 1957]] Il filosofo britannico Bertrand Russell fu l'unico di questo gruppo in grado di comprendere il lavoro scientifico di Einstein ed era ben consapevole del suo significato sin dall'inizio. Conosciuto inizialmente per il suo lavoro nella filosofia della matematica e in altre aree tecniche della filosofia, Russell si volse decisamente nella Prima guerra mondiale verso la pubblicazione per un pubblico più ampio sia in filosofia che in argomenti politici e sociali. Nella sua autobiografia, rifletteva: "The War of 1914–1918 changed everything for me; I ceased to be academic and took to writing a new kind of books".<sup>48</sup> Divenne famoso o famigerato per la sua opposizione alla Prima guerra mondiale, essendo stato imprigionato per aver scritto un articolo provocatorio contro la coscrizione. Nel 1925 Russell pubblicò ''ABC of Relativity'', uno dei primi tentativi di portare la rivoluzione di Einstein a un pubblico non scientifico.<sup>49</sup> Da parte sua, nel 1922 Einstein, già ben consapevole del lavoro e della reputazione di Russell in matematica e filosofia sociale e politica, scrisse un'ammirata prefazione all'edizione tedesca del ''Political Ideals'' di Russell e molto più tardi un apprezzamento molto entusiasta di ''[[w:Storia della filosofia occidentale (Russell)|A History of Western Philosophy]]''.<sup>50</sup> Il contatto diretto tramite lettera fu stabilito negli anni '30 e alcuni anni dopo Einstein fu coinvolto nel sostegno di Russell quando fu licenziato dal [[w:City College (New York)|City College di New York]] a causa della sua difesa di valori immorali. (L'accusa si basava su un libro pubblicato dieci anni prima intitolato ''Marriage and Morals'', in cui si sosteneva che, con l'avvento della contraccezione, gli atteggiamenti vittoriani nei confronti del sesso erano obsoleti).<sup>51</sup> Nel 1943 Russell arrivò a Princeton e per un periodo incontrò regolarmente Einstein, insieme al matematico [[w:Kurt Gödel|Kurt Gödel]] e al fisico [[w:Wolfgang Pauli|Wolfgang Pauli]]. Successivamente Einstein e Russell ebbero un'associazione molto più pubblica con l'apparizione del ''Russell-Einstein Manifesto'' (1955) contro la bomba H, di cui parleremo in un capitolo successivo. Sebbene ci fossero più differenze su questioni politiche tra Russell ed Einstein di quanto non sembri, queste generalmente svaniscono in secondo piano di fronte alle grandi questioni su cui erano uniti. Russell fu almeno altrettanto instancabile di Einstein nel dare sostegno morale alle cause internazionaliste e andò molto oltre, ponendosi in prima linea nell'attivismo politico, che comprendeva la partecipazione a numerose manifestazioni contro le guerre e le armi belliche. Nel suo ultimo decennio, Russell creò una fondazione per finanziare e promuovere le cause della pace e dei diritti umani. Sicuramente nel mondo anglofono Russell fu probabilmente l'attivista più visibile e radicale sulla scena mondiale, con Einstein che occupava una posizione più passiva ma comunque potente, basata sulla sua immagine di saggio e custode della coscienza del mondo. [[w:Università di Princeton|Princeton]] fu anche il luogo dell'incontro di Einstein con Thomas Mann durante i due anni di mandato di quest'ultimo all'università dal 1938 al 1940, quando erano quasi vicini. Sebbene Einstein trovasse non congeniale lo stile di vita patrizio di Mann, mantennero comunque relazioni collegiali rispettose, condividendo, come fecero, tra le altre cose, un odio per la Germania nazista. Era questo che li aveva messi in contatto per la prima volta nei mesi successivi alla presa del potere di Hitler. Einstein scrisse a Mann elogiando le critiche provocatorie di quest'ultimo al regime nazista, che, scrisse, "was one of the few bright spots in the events which have taken place recently in Germany". La risposta di Mann fu altrettanto calorosa e sincera; entrambi erano ora fuori dalla Germania (Einstein in Belgio e Mann nel sud della Francia) e si stavano preparando alla vita di esuli permanenti. Nel gennaio 1939 Thomas Mann ricevette la Medaglia Einstein (da non confondere con la [[w:Albert Einstein Award|Medaglia Einstein per la Fisica Teorica]], assegnata per la prima volta nel 1951), in occasione della quale Einstein dichiarò che Mann "has the courage, the strength of conviction and the power of words to make him a leader in the fight" contro il degrado dei valori intellettuali e morali rappresentato dal regime nazista. In un tributo a Mann nel giorno del suo settantesimo compleanno, Einstein salutò Mann come l'incarnazione dell'"humanistic ideal", mentre Mann scrisse in termini simili un necrologio di tributo a Einstein che aveva "salvato l'onore dell'umanità".<sup>52</sup> Nessuno dei due tornò mai in Germania a vivere. Sebbene Mann facesse una visita dopo il 1945, spiegò a lungo in un diario tedesco dell'esilio, in risposta a un appello della Germania a venire e aiutare a ricostruire il morale del paese, perché non poteva pensare di tornarci a vivere. Il peso della storia recente della Germania e della sua personale esperienza era semplicemente troppo grande per essere dimenticato.<sup>53</sup> I sentimenti di Einstein per la Germania erano meno complicati e decisamente più negativi di quelli di Mann, argomento di cui parleremo più avanti. Per il momento è sufficiente notare che questi due giganti della cultura e dell'intelletto tedeschi, partiti da punti così diversi, si sono ritrovati, grazie agli sconvolgimenti della guerra e dell'esilio, uniti nella loro pubblica difesa dei valori umanisti liberali. Riguardo a [[w:H. G. Wells|H. G. Wells]], alcuni commentatori hanno tenuto molto al fatto che Wells sembrava anticipare aspetti della teoria della relatività nella proposta contenuta nelle prime pagine di ''[[w:La macchina del tempo (romanzo)|The Time Machine]]'' in cui il tempo fosse da considerare una quarta dimensione. Nella sua forma più estrema e cospirativa, visibile su numerosi siti internet, l'affermazione è che Einstein stesse semplicemente compilando i dettagli di un'idea ordita da Wells.<sup>54</sup> Lo stesso Wells non fece tali affermazioni e teneva il fisico nella massima stima. Tali idee cospirative sulle fonti della teoria della relatività derivavano da due fatti: in primo luogo, che molti critici di Einstein sono stati desiderosi di negargli l'originalità scientifica, anzi di considerarla un plagio incidentalmente rubato da idee di certi fisici come anche da Wells; e, in secondo luogo, che l'immaginazione di Wells lo aveva portato davvero ai confini dell'esperienza umana, dove fu in grado di percepire possibilità che non erano state ancora concepite o testate dagli scienziati. Per questo motivo i nomi Einstein e Wells a volte compaiono insieme. In realtà, i legami erano più tangibili, più diretti e molto meno aperti a fantasie cospiratrici. H. G. Wells attraeva Einstein perché era un compagno guerriero nella lotta per i valori umani su scala globale. Wells era alla guida degli internazionalisti britannici sulla scia della Prima guerra mondiale, presiedendo una commissione che produsse un rapporto su ''The Idea of a League of Nations'' (1919). Tra i membri della commissione c'erano storici, politici e giornalisti di spicco, e collettivamente trasmettevano il messaggio che l'internazionalismo era l'unica soluzione logica e di principio al pasticcio in cui si era cacciato il mondo.<sup>55</sup> Un decennio dopo Wells inviò ad Einstein il suo ultimo libro. Nel ringraziarlo, Einstein disse che ammirava "the enormous energy you devote to the human race, which is so very difficult to help". Espresse anche "the special pleasure I took in your fine essay in the book ''Living Philosophers''", che era stato pubblicato di recente e al quale lo stesso Einstein aveva contribuito.<sup>56</sup> Si presume che Einstein apprezzò calorosamente l'espressione di Wells dei suoi valori etici in quel saggio, che trasmetteva proprio il tipo di spiritualità naturalistica e di disgusto per la religione organizzata caratteristica delle convinzioni di Einstein. Einstein deve anche aver accolto favorevolmente l'affermazione di Wells secondo cui era "natural that I should exalt science" e forse ancor di più la fede politica antinazionalista e pacifista di Wells, che era così vicina a quella di Einstein: {{citazione|If I am opposed to nationalism and war, it is not merely because these things represent an immense waste of energy, but because they sustain a cant of blind discipline and loyalty and a paraphernalia of flags, uniforms, and parades that shelter a host of particularly mischievous, unintelligent bullies and wasters; because they place our lives at the mercy of trained blockheads. Militarism and warfare are childish things, if they are not more horrible than anything childish can be. They must become things of the past. They must die. Naturally my idea of politics is an open conspiracy to hurry these tiresome, wasteful, evil things—nationality and war—out of existence.<sup>57</sup>}} Infine, Einstein apprezzò il valore educativo delle opere di Wells, in particolare il suo ''[[:en:w:The Outline of History|Outline of History]]''. Lo stesso Wells lo definì "the first conscious attempt to tell the story of mankind from a non-nationalist perspective".<sup>58</sup> Einstein dichiarò in un discorso sull'istruzione e la pace nel mondo che il libro di Wells avrebbe infuso nelle nuove generazioni la lezione richiesta che la storia era "the evolution of progress and human civilization, rather than a glorification of the use of force and military successes". Se insegnato nelle scuole, un libro come quello di Wells, secondo Einstein, poteva servire a rafforzare la solidarietà internazionale e combattere lo sciovinismo.<sup>59</sup> Niente poteva trasmettere più chiaramente l'impegno di Einstein e Wells per una versione aggiornata dell'idea illuminista di progresso in quel momento di profonda crisi della storia umana, che sembrava minare qualsiasi fede che il futuro sarebbe stato migliore. Negli anni a venire, entrambi, in particolare Wells, avrebbero trovato difficile mantenere l'ottimismo, ma nel caso di Einstein le abitudini di una vita erano difficili da infrangere. [[File:George bernard shaw.jpg|240px|thumb|right|[[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]] nel 1915]] [[w:George Bernard Shaw|George Bernard Shaw]] poteva rivaleggiare con Wells per pessimismo sul mondo, in particolare nella sua anzianità, ma l'umorismo sardonico in cui avvolse i suoi giudizi sulla natura e sul comportamento umani permise al suo sobrio realismo di brillare. Questo fu senza dubbio ciò che lo rese caro ad Einstein. Einstein era un suo fan e il sentimento veniva ricambiato da Shaw, che si interessò alla relatività dal momento in cui fu resa pubblica. Il loro primo contatto fu indiretto, tramite un giovane scienziato chiamato [[:en:w:Archibald Henderson (professor)|Archibald Henderson]], che era anche il biografo autorizzato di Shaw. Durante una visita a Shaw a Londra nel 1923, poco prima di andare a Berlino per lavorare sulla relatività, Henderson notò una foto di Einstein appesa al muro. Shaw osservò: "Tell Einstein I said the most convincing proof I can adduce of my admiration for him is that his is the only one of these portraits I paid for". Secondo quanto riferito, Einstein fu deliziato da questo messaggio, osservando con una risata: "That is very characteristic of Bernard Shaw, who has declared that money is the most important thing in the world".<sup>60</sup> La pubblicazione nel 1928 di ''[[:en:w:The Intelligent Woman's Guide to Socialism and Capitalism|The Intelligent Woman’s Guide to Socialism]]'' di Shaw fu accolto con grande entusiasmo da Einstein: "Here speaks the Voltaire of our day", scrisse a un amico, e a un altro: "I am reading with great excitement the book on Socialism by G. B. Shaw, a magnificent fellow with great insight into what makes human beings tick".<sup>61</sup> Due anni dopo, a una cena di raccolta fondi per l'assistenza sociale agli ebrei al [[w:Hotel Savoy|Savoy Hotel]] di Londra, Shaw presentò Einstein in un lungo elogio in cui descriveva il contributo di Einstein come il risultato delle "intuizioni di un artista". Tipicamente, aggiunse che "I, as an artist, claim kinship with that great authority" ed era sicuro che "as an artist, I think my speech will be understood by our guest here tonight". Fece anche riferimento al credo recentemente pubblicato da Einstein "What I Believe", uno di una serie a cui contribuirono anche H. G. Wells e John Dewey. Shaw dichiarò: {{citazione|I must confess that there is not a single creed of an established church on earth at present that I can subscribe to. But to our visitor’s creed I can subscribe, to every single item. I rejoice at the new universe to which he has introduced us. I rejoice in the fact that he has destroyed all the old certainty, all the old absolutism, all the old cut-and-dried conceptions even of time and space because they seemed all so solid that you never could get any further. I want to get further always. I want more and more problems...<sup>62</sup>}} Il discorso di Shaw fornisce un quadro chiaro, non solo dei poteri retorici di Shaw, ma del tipo di eccitazione che le idee di Einstein erano in grado di suscitare anche tra coloro la cui comprensione della fisica era limitata. L'evidenza è che Shaw aveva ragione a rivendicare una sorta di parentela artistica con Einstein, il cui apprezzamento per la letteratura, in particolare la letteratura dell'arguzia, era altamente sviluppato. Einstein scrisse (in inglese) a Shaw poche settimane prima della morte di Shaw nel 1950: "I am enjoying reading again your dramatic works, that I feel the strong wish to thank you for the beautiful hours you are giving me. I am thanking you also in the name of my invalid sister to whom I am reading every evening for an hour".<sup>63</sup> Vale la pena sottolineare che Einstein da giovane aveva letto con entusiasmo il ''[[w:Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo|Tristram Shandy]]'' di [[w:Laurence Sterne|Lawrence Sterne]]. Lui e il suo caro amico [[w:Michele Besso|Michele Besso]] in lettere si rivolgevano occasionalmente a vicenda con i nomi dei personaggi del libro, in particolare "Uncle Toby".<sup>64</sup> [[File:Photo Michele Besso.jpg|120px|left|thumb|[[w:Michele Besso|Michele Besso]], caro amico di Einstein]] Le connessioni di Einstein con questi contemporanei notabili illustrano la gamma dei suoi interessi intellettuali al di fuori della scienza, ma anche il lato umano dei suoi impegni politici. La gamma e la diversità delle personalità coinvolte riflette la poliedricità dello stesso Einstein. La sensibilità quasi religiosa di Einstein era fortemente attratta da figure come Gandhi e Schweitzer, ma Einstein l'iconoclasta era ugualmente estasiato dall'irriverenza di Shaw. Ricettivo com'era nei confronti di figure affermate e celebrità le cui idee trovava attraenti, era ugualmente generoso con figure meno note. L'Archivio Einstein è pieno di lettere scritte ad autori e attivisti le cui idee lo hanno coinvolto.<sup>65</sup> Con contemporanei di statura pubblica simile alla sua, tuttavia, era particolarmente consapevole di ciò che si poteva ottenere con un'azione concertata. Considerata collettivamente, la prospettiva più lungimirante di questa generazione sugli orrori del ventesimo secolo concesse loro un certo distacco, anche quando furono personalmente colpiti dai suoi sconvolgimenti. Coloro che subirono l'esilio furono in grado di riprendersi e andare avanti come prima, con solo lievi interruzioni delle loro produzioni creative, a prescindere dai costi per il loro io interiore. Tutti erano sufficientemente consolidati nelle loro professioni da consentir loro l'accesso ai media e conferire alle loro parole una certa autorità qualunque fosse l'argomento in questione. Per un pubblico affamato di risposte a domande sconcertanti e media desiderosi di riportarle, svolsero ruoli da saggi; le loro opinioni occupavano un reame privilegiato e persino santificato, al di sopra e al di là delle battaglie quotidiane della politica. Naturalmente, anche le loro opinioni erano intrise di politica; si schierarono, ignorarono le prove ostili alle cause prescelte, si fecero molti nemici oltre che amici. Tuttavia, la loro autorità fu accresciuta dal senso che le loro capacità di pronunciarsi su grandi temi dell'epoca derivavano dal loro ''status'' di pensatori e scrittori, non dalle ristrette motivazioni dei politici di professione. === La Prima Campagna di Einstein === === Lo scienziato come celebrità globale === == Note == ''[[Saeculum Mirabilis/Note#Capitolo 1|(Note e riferimenti a fine libro)]]'' {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} {{Avanzamento|75%|12 agosto 2022}} [[Categoria: Saeculum Mirabilis|Capitolo 1]] c7ovng4wv75ksb85qfs1lgnmrb39d8a Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Sicilia/Provincia di Agrigento/Canicattì/Canicattì - Chiesa di San Pancrazio di Antiochia (Chiesa Madre) 0 51932 431471 431463 2022-08-12T12:41:38Z Meluzzo0 47394 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' F.lli Ruffatti padova * '''Anno:''' * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 17 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' Mobile indipendente, nei pressi del corpo d'organo * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>2</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento nel transetto destro {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decima V || 2' |- |Ripieno || 5 File |- |Voce umana || 8' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - ''Espressivo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Gamba || 8' |- |Flauto || 4' |- |Ottava || 4' |- |Silvestre || 2' |- |Pienino || 2' |- |Coro viole || 8' |- |<span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">Corno d'orchestra</span> || <span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">8'</span> |- |<span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">Oboe</span> || <span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">8'</span> |- |<span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">Voci corali</span> || <span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">8'</span> |- |Tremolo |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''Pedale''' ---- |- |Principale || 32' |- |Contrabbasso || 16' |- |Principale || 16' |- |Subbasso || 16' |- |Quinta || 10.2/3' |- |Basso || 8' |- |Bordone || 8' |- |Cello || 8' |- |Quinta || 5.1/3' |- |<span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">Bombarda</span> || <span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">16'</span> |- |<span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">Trombone</span> || <span style="color:#8b0000; cursor:nohelp;">8'</span> |- |} |} [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Canicattì - Chiesa di San Pancrazio di Antiochia (Chiesa Madre)]] p8o7a5e0c9rz0798zrryezcvd0c8gd8 431474 431471 2022-08-12T12:55:44Z Meluzzo0 47394 wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' F.lli Ruffatti padova * '''Anno:''' * '''Restauri/modifiche:''' no * '''Registri:''' 17 * '''Canne:''' ? * '''Trasmissione:''' elettrica * '''Consolle:''' Mobile indipendente, nei pressi del corpo d'organo * '''Tastiere:''' 2 di 61 note (''Do<small>1</small>''-''Do<small>6</small>'') * '''Pedaliera:''' concavo-radiale di 32 note (''Do<small>1</small>''-''Sol<small>2</small>'') * '''Collocazione:''' in corpo unico, a pavimento nel transetto destro {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - ''Grand'Organo''''' ---- |- |Principale || 8' |- |Flauto || 8' |- |Dulciana || 8' |- |Ottava || 4' |- |Decima V || 2' |- |Ripieno || 5 File |- |Voce umana || 8' |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - 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Chiesa di Santa Maria del Cerro|Chiesa di Santa Maria del Cerro]] [[Categoria:Disposizioni foniche di organi a canne|Cassano Magnago]] bg0ivdw0tqqkk35xm9trisvqeq8x0i9 Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Lombardia/Provincia di Varese/Cassano Magnago/Cassano Magnago - Chiesa di Santa Maria del Cerro 0 51937 431472 2022-08-12T12:49:23Z PietroC2001 47397 Nuova pagina: * '''Costruttore:''' Girolamo Carrera * '''Anno:''' 1834 * '''Restauri/modifiche:''' Vedani (1903, modifiche), Mascioni (1992, restauro) * '''Registri:''' 39 * '''Canne:''' 1812 * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parte anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in un corpo unico su cantoria in controfacciata * '''Accessori:'''... wikitext text/x-wiki * '''Costruttore:''' Girolamo Carrera * '''Anno:''' 1834 * '''Restauri/modifiche:''' Vedani (1903, modifiche), Mascioni (1992, restauro) * '''Registri:''' 39 * '''Canne:''' 1812 * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parte anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in un corpo unico su cantoria in controfacciata * '''Accessori:''' Pedale per ripieno–tutti, Combinazione libera per grande organo, Combinazione libera per eco, espressione eco, Pedaletto distacco unione pedale, Pedaletto unione tastiere, Pedaletto richiamo tromba-fagotto, Pedaletto terza mano eco, Rollante {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - Eco espressivo''' ---- |- |Principale || Bassi |- |Principale || Soprani |- |Ottava || Bassi |- |Ottava || Soprani |- |Quintadecima |- |Decimanona |- |Vigesimaseconda |- |Flutta || Soprani |- |Flagioletto || Soprani |- |Ottavino || Bassi |- |Corno Inglese || Soprani |- |Fagotto || Bassi |- |Flauto in 8va || Soprani |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - Grand'Organo ''Concerto''''' ---- |- |Voce Umana |- |Violone || Bassi |- |Violetta || Soprani |- |Fagotto || Bassi |- |Tromba || Soprani |- |Tromba da caccia || Soprani |- |Clarone || Bassi |- |Principale Cornetto || Soprani |- |Flutta |- |Flauto in ottava || Bassi |- |Flauto in ottava || Soprani |- |Cornetto I |- |Cornetto II |- |Ottavino || Soprani |- |Bombarda || nei pedali |- |Bassi Armonici || nei pedali |- |Terza mano |- |} | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''I - Grand'Organo ''Ripieno''''' ---- |- |Principale di 16 || Bassi |- |Principale di 16 || Soprani |- |Principale || Bassi |- |Principale || Soprani |- |Principale II |- |Ottava || Bassi |- |Ottava || Soprani |- |Quintadecima || Bassi |- |Quintadecima || Soprani |- |Decimanona |- |Vigesima seconda |- |Vigesimasesta |- |Vigesimanona |- |Due di ripieno |- |Due di ripieno |- |Due di ripieno |- |Contrabbasso e rinforzi || al pedale |- |} 6u3j00915y1upo84rg6dbvh0vndejmw 431478 431472 2022-08-12T13:10:45Z Hippias 18281 +sommario +cat wikitext text/x-wiki {{Disposizioni foniche di organi a canne}} * '''Costruttore:''' Girolamo Carrera * '''Anno:''' 1834 * '''Restauri/modifiche:''' Vedani (1903, modifiche), Mascioni (1992, restauro) * '''Registri:''' 39 * '''Canne:''' 1812 * '''Trasmissione:''' meccanica * '''Consolle:''' a finestra, al centro della parte anteriore della cassa * '''Tastiere:''' 2 * '''Pedaliera:''' dritta di 27 note (''Do<small>1</small>''-''Re<small>3</small>'') * '''Collocazione:''' in un corpo unico su cantoria in controfacciata * '''Accessori:''' Pedale per ripieno–tutti, Combinazione libera per grande organo, Combinazione libera per eco, espressione eco, Pedaletto distacco unione pedale, Pedaletto unione tastiere, Pedaletto richiamo tromba-fagotto, Pedaletto terza mano eco, Rollante {| border="0" cellspacing="0" cellpadding="20" style="border-collapse:collapse;" | style="vertical-align:top" | {| border="0" | colspan=2 | '''II - 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height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;"> '''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/> [[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]] </div> {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} [[Categoria:Filosofia del Cosmo| ]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Psicologia]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 150]] [[Categoria:Dewey 184]] [[Categoria:Dewey 188]] {{alfabetico|F}} {{Avanzamento|25%|12 agosto 2022}} [[File:Zoom out Campo ultra profundo.gif|640px|center|Zoom out Hubble Ultra Deep Field 3D]] ipvj91qbug5qyejly05hatfjn88mk0z 431501 431500 2022-08-12T20:55:41Z Monozigote 19063 wikitext text/x-wiki <div style="text-align:center"><span style="font-size: 1.8em;">'''FILOSOFIA DEL COSMO'''</span> <span style="font-size: 1.2em;">''UNIVERSO E MENTE INFINITA''</span> <br/> ''[[Serie delle interpretazioni|Nr. 17 della Serie delle interpretazioni]]'' <br/> <span style="font-size: 1.25em;">''Autore:'' '''[[Utente:Monozigote|Monozigote]] 2022'''</span> <br/> [[File:4U 0142+61 paint.jpg|center|650px|Artist’s concept of a fallback disk around pulsar 4U 0142+61]] </div> ==Indice== [[File:OrionTwinkle.gif|right|345px|Orion]] [[File:Earth's Location in the Universe VERTICAL (JPEG).jpg|35px|left|Earth's Location in the Universe]] '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Copertina|Copertina}}''' : ● — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Prefazione|Prefazione}} : 1. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 1|Pensiero infinito}} : 2. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 2|Menti umane, artificiali, divine}} : 3. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 3|Tempo e immortalità}} : 4. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 4|Panteismo e determinismo}} : 5. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 5|Esistenza divina necessaria}} : 6. — {{Modulo|Filosofia del Cosmo/Capitolo 6|La prova}} '''{{Modulo|Filosofia del Cosmo/Bibliografia|Bibliografia}}''' <div class="usermessage" style="background-color:yellow; height:65px; text-align:center; font-size: 0.9em; color:brown; line-height: 20px;"> '''N.B.:''' Citazioni estese da fonti secondarie in {{Lingue|el|en|fr|la}} sono lasciate nell'originale.<br/> [[Image:PD-icon.svg|25px|Public domain]] Sotto lo pseudonimo [[Utente:Monozigote|Monozigote]] rilascia in '''[[w:dominio pubblico|dominio pubblico]]''' tutti i suoi scritti su [[w:Wikibooks|Wikibooks]] [[File:Wikibooks-logo-it.svg|35px|Wikibooks]] </div> {{Vedi anche|Serie delle interpretazioni|Serie dei sentimenti|Serie letteratura moderna}} [[Categoria:Filosofia del Cosmo| ]] [[Categoria:Serie delle interpretazioni]] [[Categoria:Filosofia]] [[Categoria:Psicologia]] [[Categoria:Sociologia]] [[Categoria:Dewey 120]] [[Categoria:Dewey 150]] [[Categoria:Dewey 184]] [[Categoria:Dewey 188]] {{alfabetico|F}} {{Avanzamento|25%|12 agosto 2022}} bb2swswe3gplrc2gmcu6pb8t03ea0kd Discussione:Filosofia del Cosmo 1 51940 431502 2022-08-12T20:56:14Z Monozigote 19063 Avviso unicode wikitext text/x-wiki {{Avviso unicode}} 3qn4onr9fztlhee42jx07xrrjnwxd37 Filosofia del Cosmo/Copertina 0 51941 431503 2022-08-12T21:05:16Z Monozigote 19063 nuova copertina wikitext text/x-wiki {{copertina |titolo=Filosofia del Cosmo |sottotitolo=Universo e Mente Infinita |categoria=Filosofia del Cosmo |autore=Monozigote |immagine=Zoom out Campo ultra profundo.gif |px=500 |alt=Zoom out Hubble Ultra Deep Field 3D }} se0t4n9p7deydoc9qtks8mbwr4grnms Categoria:Filosofia del Cosmo 14 51942 431504 2022-08-12T21:06:50Z Monozigote 19063 nuova ctg wikitext text/x-wiki Questa categoria raccoglie le pagine del libro ''[[Filosofia del Cosmo]]'' [[Categoria:Categorie dei libri]] o5o2gy2isp00819kl5txi7cosyd1of6 Template:Filosofia del Cosmo 10 51943 431506 2022-08-12T21:16:26Z Monozigote 19063 nuovo SommarioV wikitext text/x-wiki {{Sommario V |titolo= Filosofia del Cosmo |immagine= Bryan Brandenburg Big Bang Big Bagel Theory Howard Boom.jpg |immaginepx= |contenuto=<div style="text-align:center; 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